Alexis Tsipras è il candidato presidente della Sinistra Europea alle prossime elezioni europee in programma il prossimo maggio. Il 39enne greco è salito alla ribalta in patria due anni fa, grazie all’exploit di Syriza, il partito di cui è il leader. Syriza, che rappresenta la sinistra radicale, raggiunse infatti percentuali ragguardevoli, arrivando a sfiorare il 27% dei consensi. Tsipras, da qualche mese, ha deciso di lanciarsi sulla ribalta europea, promuovendo a tal fine un movimento e adottando un manifesto che contesta in modo radicale le politiche condotte fin qua dall’Unione Europea per affrontare la crisi economica.
1. Anche in Italia, è nata una lista legata al politico greco, chiamata in modo eloquente “L’Altra Europa con Tsipras”. Questa lista ha raccolto in poche settimane alcune decine di migliaia di adesioni, fra le quali quelle di personaggi piuttosto noti, provenienti dal mondo politico, giornalistico e intellettuale, come Luciano Gallino, Curzio Maltese, Moni Ovadia, Adriano Prosperi, Marco Revelli e Barbara Spinelli. E nel solco della migliore tradizione di sinistra non sono mancate le prime defezioni: negli scorsi giorni, infatti, sia lo scrittore Andrea Camilleri che il politologo Paolo Flores d’Arcais, fra i primi ad aderire a “L’Altra Europa”, hanno abbandonato il comitato dei garanti della lista, in quanto in disaccordo con la candidatura di personalità politicamente vicine a SEL.
Per quanto sia improbabile che la Sinistra Europea trionfi alle elezioni, nondimeno i sondaggisti prevedono una buona performance. È pertanto utile osservare con attenzione questa lista e le sue istanze.
Il manifesto di Tsipras consta di 10 punti programmatici, imperniati essenzialmente intorno a tre grandi tematiche:
- rifiuto dell’austerity, del Fiscal Compact e delle regole che impongono il pareggio di bilancio.
- predisposizione di meccanismi (quali gli eurobond e una banca pubblica europea) che permettano un’estesa condivisione del debito pubblico dei paesi dell’Eurozona.
- adozione di una politica monetaria espansiva con la trasformazione della Bce in prestatrice di ultima istanza, e questo per consentire prestiti a basso tasso di interesse alle piccole e medie imprese sostenendo così i livelli occupazionali, la ricerca tecnologica e la realizzazione di opere pubbliche.
2. Non è impossibile convenire con Tsipras sul carattere problematico di molte decisioni prese dall’Unione nel recente passato. Assai più arduo è intendersi sul motivo della critica e sulla natura delle soluzioni proposte.
In primo luogo le politiche condotte dalle istituzioni europee a partire dalla crisi scoppiata nel 2010 hanno perlopiù seguito la direzione indicata da Tsipras. Si pensi ai fondi-salva Stati, (Efsf e Esm), che hanno fornito ingenti prestiti alle nazioni maggiormente in difficoltà (Grecia, Irlanda e Portogallo), spalmando i costi dei salvataggi su tutti i paesi membri. A ben vedere, una “Unione dei trasferimenti”, per usare un termine di Philipp Bagus, è già in essere da diversi anni, con effetti estremamente negativi in termini di moral hazard: le nazioni meno virtuose, infatti, non sono incentivate ad affrontare e risolvere i propri problemi. Inoltre, anche i Fondi strutturali, e in particolar modo il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), rappresentano una sorta di trasferimento infra-europeo, in quando sono destinati alle aree maggiormente depresse dal punto di vista economico e sociale.
Per quanto riguarda la Bce, essa ha proceduto a massicce iniezioni di liquidità a tassi ridotti e ha progressivamente abbassato i tassi di interesse fino al minimo storico, rappresentato dall’attuale 0,25%, e questo nonostante la dura opposizione della Bundesbank. La criticità riguardante questo tipo di operazioni, semmai, riguarda la creazione di una bolla finanziaria, la quale, quando esploderà, rischia di compromettere ulteriormente l’economia europea.
Quanto alla famigerata austerity, rimane da chiarire la sua natura: più che una specifica politica economica, essa rappresenta un fine, consistente nell’evitare i disavanzi pubblici. Agli esecutivi dei paesi europei può essere mosso, a proposito dell’austerità, un appunto di non poco conto: quello di aver tentato di perseguire un obiettivo condivisibile con mezzi assolutamente inadeguati e soprattutto controproducenti.
Invece di procedere con tagli incisivi alla spesa pubblica e aprire i mercati tramite liberalizzazioni e privatizzazioni, si è agito pressoché dappertutto tramite la leva fiscale e un forte inasprimento delle imposte. Queste misure hanno danneggiato i settori produttivi, caricandoli di ulteriori fardelli, e, come è facilmente intuibile, non sono neppure riuscite nell’obiettivo di abbattere il deficit e il debito.
Alla luce di ciò, l’alternativa proposta da Tsipras, che rifiuta l’imposizione di vincoli di bilancio, rappresenterebbe una sorta via libera permanente a politiche economiche basate sulla spesa pubblica, le quali, molto prima che violare qualche parametro, impattano negativamente sulla competitività di un paese.
In secondo luogo, è sorprendente che nelle proposte di Tsipras non si ravvisi nemmeno un accenno all’irresponsabilità della classe politica: e l’assenza è tanto più rimarchevole, quando si presta attenzione al fatto che il suo paese di origine, la Grecia, deve gran parte della sua disastrosa situazione a politici disonesti, che sono giunti perfino a truccare le cifre ufficiali dei conti pubblici. Sicuramente sarebbe di grande aiuto, anche ai fini di una maggior chiarezza nel dibattito pubblico, una forte critica di questi operati, che danneggiano i cittadini. Chi si candida a guidare le istituzioni europee non dovrebbe esimersi dallo stigmatizzare l’annosa questione, riguardante quasi tutta l’Eurozona, della spesa pubblica: eccessiva in rapporto al PIL e troppo spesso decisa su pressione dei gruppi di interessi che appoggiano le maggioranze politiche.
3. L’Europa sognata da Tsipras e dai suoi sostenitori potrebbe essere sintetizzata con l’espressione utilizzata dall’economista Ludwig von Mises: un’ “inesauribile cornucopia”, in grado di fornire senza apparenti limiti risorse per effettuare investimenti in energia, trasporti, lavori pubblici, patrimonio culturale e ambientale, formazione e ricerca. Emerge una totale e deliberata trascuratezza verso i processi di creazione di valore e di ricchezza, verso la funzione imprenditoriale che alloca i beni cercando di soddisfare la domanda dei consumatori e nei confronti delle distorsioni arrecate dalla tassazione necessaria a finanziare questa serie di interventi.
In conclusione, bisogna ammettere che alcune delle criticità evidenziate da Tsipras sono reali e innegabili: il debito pubblico continua ad aumentare in numerosi paesi, il tasso di disoccupazione dell’Eurozona registrato nel 2013 è il più alto di sempre, superiore al 12%, con punte drammatiche fra la popolazione giovanile, mentre da circa un lustro il reddito reale di milioni di europei è costantemente diminuito. Riconosciuto questo, tuttavia, le perplessità su Tsipras non si diradano: non è infatti sufficiente mettere in luce alcune problematiche per accreditarsi come una forza politica credibile. Poiché la via maestra per uscire dalla crisi consiste nel ridimensionare la spesa pubblica divenuta ormai insostenibile a livello sia nazionale che europeo, avanzare proposte di diverso tenore è controproducente: in questo modo si rischia soltanto di “soffiare sul fuoco” esacerbando le tensioni sociali che si vogliono lenire.
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