Qualche giorno fa un manipolo di economisti appartenenti ad aree politiche alquanto eterogenee, ma uniti dal comune intento di lottare contro l'austerità e contro il Fiscal Compact, ha presentato presso la cancelleria della Corte di Cassazione quattro quesiti referendari volti ad abrogare alcune norme della legge n. 243/2012 di attuazione della riforma costituzionale che ha introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione.
1.La legge de qua è formalmente una legge ordinaria, ma ha una natura particolare. La sua approvazione è infatti necessitata dall'art. 81 co. 6 Cost. e il suo contenuto è definito dalla legge costituzionale n. 1/2012. Si tratta cioè di una legge costituzionalmente obbligatoria e a contenuto costituzionalmente vincolato. Essa ha peraltro forza passiva rinforzata, dal momento che la sua approvazione deve avvenire con maggioranza assoluta di ciascuna Camera. Occorre quindi cercare di rispondere all'interrogativo se una tale legge sia assoggettabile a referendum abrogativo.
L'art. 75 co. 2 Cost. prevede innanzitutto che non possano essere sottoposte a referendum le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto e di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali. Dal momento che gli stessi referendari appaiono consci dell'inammissibilità di quesiti vertenti sulla legge di autorizzazione alla ratifica del Fiscal Compact, essi intendono sottoporre a referendum abrogativo soltanto quelle disposizioni «che non riguardino le parti della legge [rinforzata, nda] che costituiscono applicazione necessaria di disposizioni costituzionali, oppure quelle norme che si riferiscono a quanto disposto dall’ordinamento dell’Unione europea o comunque risultante da obblighi già assunti con trattati internazionali, ovvero non ne costituiscono l’applicazione necessitata ovvero la cui abrogazione non comporta l’inadempimento di quanto disposto o imposto dall’Unione europea o derivante da obblighi già assunti mediante trattato internazionale». In altre parole, i promotori, pur definendo il referendum come una consultazione contro il Fiscal Compact e contro il cd. pareggio di bilancio, ammettono nella stessa nota giuridica di presentazione dei quesiti che questi ultimi verteranno su norme non costituzionalmente necessarie, né tali per cui la loro abrogazione possa determinare una violazione degli obblighi europei ed internazionali da parte dell'Italia. In altre parole, come già fu nel caso del referendum contro la cd. “privatizzazione” dell'acqua, i cittadini saranno indotti a recarsi alle urne nella convinzione che il referendum verta sul Fiscal Compact e sul pareggio di bilancio, mentre in realtà i quattro quesiti, se dichiarati ammissibili, avranno ad oggetto disposizioni la cui eventuale abrogazione non modificherà di una virgola il contenuto degli obblighi internazionali dell'Italia, né sarà in grado di alterare il dettato costituzionale. Il referendum abrogativo avrà insomma al massimo un valore latamente consultivo in ordine al tasso di gradimento dei cittadini italiani sulle norme del Fiscal Compact.
Resta tuttavia da chiarire se i quattro quesiti siano o meno ammissibili, ossia se riguardino davvero disposizioni di applicazione non necessaria e a contenuto non vincolato in base al dettato della legge costituzionale n. 1/2012 e, più nello specifico, di applicazione non necessaria ai fini del rispetto degli obblighi europei e internazionali. Preliminarmente, occorre menzionare la tesi di chi, in dottrina, ha sostenuto che un referendum abrogativo di una legge rinforzata non sarebbe comunque ammissibile, atteso che le norme che oppongono una particolare resistenza passiva sono fonti sovraordinate a quelle primarie, a metà tra queste ultime e quelle costituzionali, e che possono quindi essere abrogate soltanto da una legge che presenti le medesime caratteristiche, non da un referendum, istituto riservato all'abrogazione della legge ordinaria (cfr. G. FERRARI, Le leggi rinforzate nell'ordinamento italiano, in Studi sulla Costituzione, vol. II, Giuffrè, Milano, 1958).
Anche volendo seguire la tesi dei promotori, in base alla quale, ai fini dell'ammissibilità, sarebbe sufficiente vagliare la natura non obbligatoria e il contenuto non vincolato delle disposizioni oggetto dei quesiti, sembrano potersi avanzare dubbi sull'ammissibilità di almeno alcuni dei quesiti.
2.In particolare, con il primo quesito si intendono abrogare il comma 3 e il comma 5 dell'art. 3 della legge rinforzata nella parte in cui prevedono che il principio costituzionale di equilibrio dei bilanci si considera rispettato quando, in sede di programmazione finanziaria e di bilancio, si assicuri “almeno” il conseguimento dell’obiettivo a medio termine (OMT) (ovvero il rispetto del percorso di avvicinamento all’OMT), così come quando, in sede di verifica effettuata nel primo dell’esercizio successivo a quello di riferimento, sia accertato che, in una delle due alternative previste, il saldo strutturale risulti “almeno pari” all’OMT. Secondo i referendari, obiettivi finanziari più impegnativi rispetto a quelli stabiliti in sede europea o internazionale non costituirebbero contenuto vincolato e sarebbero perciò suscettibili di abrogazione. L'art. 3 co. 1 lett. b) del Fiscal Compact non stabilisce esplicitamente che il saldo strutturale debba essere “almeno pari” all'OMT, ma stabilisce che il saldo strutturale sia pari all'OMT con il “limite inferiore” del disavanzo strutturale fissato allo 0,5% del rapporto deficit/PIL. Ciò significa che gli Stati possono e non devono conseguire obiettivi più ambiziosi, ma neanche debbono per forza raggiungere il “limite inferiore”. La legge rinforzata n. 243/2012, conformemente al trattato, reca la possibilità di conseguire obiettivi di consolidamento più ambiziosi rispetto a quelli stabiliti in sede europea. L'abrogazione dell'avverbio “almeno”, quantunque possa sembrare ammissibile, non produce comunque l'effetto (auspicato?) di vietare il conseguimento di disavanzi strutturali più contenuti – divieto che parrebbe invece in contrasto con gli obblighi internazionali – ma sarebbe del tutto ininfluente quanto ad efficacia pratica. Il pareggio di bilancio è accertato una volta raggiunto l'OMT e, a maggior ragione, qualora si raggiunga un obiettivo migliore ovvero anche l'attivo del saldo strutturale. In sintesi, il primo quesito può forse considerarsi ammissibile, ma l'eventuale effetto abrogativo sarà sostanzialmente ininfluente.
3.Per quanto riguarda il secondo quesito, i promotori intendono abrogare la norma di cui all'art. 4 co. 4 della legge rinforzata, in base alla quale, al di fuori di casi straordinari dovuti a gravi crisi finanziarie o calamità naturali, non è consentito il ricorso all'indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie. Tale limitazione degli strumenti di politica economica non avrebbe né copertura internazionale, né tantomeno europea o internazionale. In effetti, come notato dallo stesso servizio studi della Camera dei Deputati, ai fini dell'indebitamento strutturale netto, così come inteso nel testo costituzionale e in sede europea, e a differenza del saldo di fabbisogno, non è compreso il saldo delle partite finanziarie, costituito da operazioni quali i prestiti concessi all'esterno della P.A., l'acquisizione di quote in società pubbliche e i depositi bancari. Prevedere nella legge di attuazione della riforma costituzionale e non direttamente nella riforma stessa un divieto di ricorso all'indebitamento strutturale non dota quest'ultimo di una particolare resistenza all'abrogazione. Si tratta infatti di una norma il cui contenuto non è vincolato dalla legge costituzionale e parrebbe quindi di per sé abrogabile mediante referendum. In tal caso, il ricorso all'indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie sarà autorizzato, anche se soltanto nei limiti dell'art. 81 co. 2 Cost., ossia al fine di considerare gli effetti del ciclo economico.
4.Quanto al terzo quesito, esso riguarda la norma dell'art. 8 co. 1 della legge rinforzata in base alla quale, nel caso in cui il Governo verifichi la sussistenza di uno scostamento negativo del saldo strutturale, con riferimento al risultato dell'esercizio precedente ovvero, in termini cumulati, ai risultati dei due esercizi precedenti, pari o superiore allo scostamento considerato significativo dall'ordinamento dell'Unione europea e dagli accordi internazionali in materia e qualora stimi che tale scostamento si rifletta sui risultati previsti per gli anni compresi nel periodo di programmazione, indica misure tali da assicurare, almeno a decorrere dall'esercizio finanziario successivo a quello in cui è stato accertato lo scostamento, il conseguimento dell'obiettivo programmatico strutturale. I promotori intendono abrogare la norma nella parte in cui fa riferimento allo scostamento considerato significativo dagli accordi internazionali, dal momento che “si va al di là di quanto previsto dagli impegni assunti in sede europea – che non rinviano ad ulteriori accordi internazionali -, e al di là di quanto risulta dal Fiscal Compact, ove non si determina in alcun modo la “significatività” degli scostamenti, così implicitamente rinviando alla normativa di diritto europeo (v. art. 3, comma 1, lett. e)”. In altre parole, il meccanismo automatico di correzione si dovrebbe attivare soltanto quando si constatino deviazioni significative dall'obiettivo di medio termine (OMT). Scostamenti superiori a quelli considerati significativi non dovrebbero essere suscettibili di attivare alcun meccanismo di correzione. In realtà, se si legge più attentamente la norma dell'articolo 8, si noterà che la legge rinforzata assegna al Governo il compito di adottare misure correttive, solo qualora stimi che tale scostamento si rifletta sui risultati previsti per gli anni compresi nel periodo di programmazione. In altre parole, il meccanismo previsto dalla legge rinforzata è tutt'altro che automatico, ma rientra nella piena discrezionalità del Governo. Anche abrogando il termine “superiore”, considerato come un 'eccesso di zelo' dai promotori, non si potrà vietare al Governo di valutare secondo la propria discrezionalità se un determinato scostamento, pari o superiore all'obiettivo di medio termine, si possa riflettere sui risultati compresi nel periodo di programmazione. In altre parole, l'abrogabilità del lemma “superiore”, anche se ritenuto ammissibile, non sortirà alcun effetto pratico, rientrando nella piena discrezionalità del Governo valutare se uno scostamento sia o meno significativo e come e quando porvi rimedio.
5. Il quarto quesito intende abrogare la norma di cui all'art. 3 co. 2 della legge rinforzata, secondo la quale “l'equilibrio dei bilanci corrisponde all'obiettivo a medio termine” stabilito in sede europea. Secondo i promotori, non vi sarebbe un'esatta ed assoluta coincidenza tra l'equilibrio previsto in Costituzione e il saldo strutturale di bilancio stabilito in sede europea quale obiettivo a medio termine. Dei quattro quesiti quest'ultimo sembra davvero il meno comprensibile. In caso di abrogazione, spiegano i promotori, sarebbe abrogata la regola che prescrive un automatismo tra equilibrio e obiettivo di medio termine. Quello dell'art. 3 co. 2 non è tuttavia un automatismo, ma una interpretazione conforme del diritto unionale e del Fiscal Compact, i quali stabiliscono che la regola generale perchè l'equilibrio possa dirsi rispettato è il conseguimento dell'obiettivo a medio termine come stabilito in sede europea, il cui limite inferiore è un disavanzo strutturale dello 0,5% (1% secondo il Patto di Stabilità e Crescita). Per l'Italia l'OMT corrisponde ad un bilancio in pareggio in termini strutturali, ossia corretto per il ciclo. Non sembra quindi potersi considerare ammissibile il quesito de quo, dal momento che verterebbe su una norma a contenuto costituzionalmente vincolato. D'altro canto, va precisato che anche abrogando questo comma, la normativa di risulta non potrebbe presentare un quadro normativo radicalmente cambiato. L'Italia dovrebbe comunque conseguire un pareggio in termini strutturali corretto per il ciclo ovvero rispettare l'obiettivo di medio termine stabilito in sede europea. Anche se dichiarato ammissibile, la consultazione su tale quesito sarebbe perlopiù ininfluente.
In conclusione, difficilmente tutti i quesiti referendari supereranno l'ostacolo del giudizio di ammissibilità. Anche se dovessero superarlo, e se si fa eccezione per il secondo quesito, avrebbero effetti molto limitati o addirittura nulli sulla disciplina di attuazione della riforma costituzionale. Il referendum sembra quindi prestarsi perlopiù ad un'operazione di manipolazione politica antieuropea che non ad un reale cambiamento della cornice giuridica in materia.
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