La Grecia non ha un settore manifatturiero di rilievo – esporta le materie prime energetiche che ha importato, ma la raffinazione ha un valore aggiunto modesto. La Grecia ha il turismo, ed ha, infine, un'industria di trasporti marittimi di notevole peso. Un'industria che però ha un importo limitato sul suo PIL: i marinai non greci sono, infatti, numerosi e i profitti esteri degli armatori non sono tassati in Grecia. Per queste ragioni la Grecia non potrebbe avere una ripresa trainata dalla svalutazione della moneta, come avvenne in Italia dopo la crisi della lira nel 1992.

Insomma, assente un vero settore esportatore, la dracma non spingerebbe il PIL alla crescita, mentre si alzerebbe l'onere del debito, che è espresso in euro. Se la dracma non è una soluzione, la crescita può tornare a manifestarsi solo attraverso una minor compressione del bilancio pubblico, un ritorno della fiducia dei privati, con una qualche ricombinazione degli obblighi debitori.

Il governo greco e la Trojka hanno lungamente discusso il primo punto. I greci, ma anche il Fondo Monetario, sanno che devono avere un surplus primario – le spese dello stato inferiori alle entrate che riducono l'ammontare del debito – ma sanno anche che un surplus primario eccessivo frena la ripresa. Su questo punto si ha una qualche convergenza nel negoziato. La compressione delle spese passa attraverso la riforma del sistema delle pensioni. Queste – anche secondo il governo greco – vanno riformate, ma una riforma troppo veloce potrebbe avere delle ripercussioni negative sui consumi. Su questo punto si ha una qualche convergenza nel negoziato.

Non è perciò il bilancio pubblico la vexata quaestio, ma la combinazione di questo con il debito. Il debito è quasi tutto nelle mani della Trojka – circa l'ottanta per cento – e questo debito costa ai greci solo il due per cento – come il debito pubblico tedesco, e la metà di quello italiano. Perché mai è un problema? Esso scade quasi tutto nel futuro, ma le sue scadenze immediate sono pesanti per una economia povera ed in crisi come quella greca.

Il debito pubblico detenuto dalla Trojka - per andare sotto controllo - può essere rinnovato alla scadenza ma in cambio di riforme visibili, oppure di molto ridotto al valore facciale (hair-cut), come avvenuto con i privati nel 2012, ossia un'obbligazione con valore facciale di cento è rimborsata a molto meno, oppure ulteriormente allungato. La prima soluzione è quella in corso di negoziato. La seconda farebbe immediatamente emergere la perdita dei creditori, e perciò non è vendibile: come – direbbero gli elettori - hai prestato i soldi ai greci e questi, alla fine, ti tagliano il valore del tuo credito? La terza – allungare le scadenze, con la sospensione del pagamento degli interessi per un periodo iniziale – è - da un punto di vista finanziario - molto simile alla seconda soluzione – il valore attuale del credito, infatti, si riduce – ma non emerge contabilmente.

Perciò la seconda soluzione non è accettabile dai rigoristi, la prima è in corso di negoziazione, la terza potrebbe emergere se il negoziato non arrivasse a buon punto. Oppure ancora, esclusa la seconda soluzione, si possono sempre combinare la prima e la terza. La Grecia si riforma, i partner europei la rifinanziano subito, mentre per il debito futuro si ha l'allungamento con la sospensione temporanea degli interessi.

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