Negli Stati Uniti sono sempre più discusse le tesi di Simon Johnson, secondo cui si è formata un’oligarchia finanziaria che il Fondo Monetario chiederebbe, se avesse a che fare con un piccolo paese, di abbattere per rilanciare lo sviluppo. Al solito, trovate i link per gli approfondimenti.

Le banche stanno giocando a chicken game con il governo (1), Il gioco – parte della moderna teoria dei giochi –  è semplice. Come in Gioventù bruciata, ci sono due auto che si lanciano verso un dirupo. Se entrambe sterzano, fanno la figura dei polli. Se un giocatore sterza e l’altro continua ancora un pochino, il primo fa la figura del pollo e l’altro guadagna il rispetto degli altri. Se entrambi vanno fino in fondo, moriranno. Il risultato è che a entrambi conviene adottare la strategia opposta rispetto a quella dell’altro giocatore. Il gioco del pollo è un gioco di «non coordinamento».
 
Tornando all’economia americana, le banche – che hanno ricevuto i  soldi del governo – ora fanno la voce grossa su alcuni dossier che stanno a cuore all’amministrazione Obama. Per esempio, su Chrysler (2) le banche hanno chiesto di modificare a loro favore i termini del prestito che sta alla  base della sopravvivenza dell’azienda automobilistica. D’altro canto, però, non collaborano sul fronte dei mutui, che dovrebbero essere agevolati, né su quello delle carte di credito, che dovrebbero funzionare a tassi non troppo elevati. Si è venuto a creare un  paradosso per cui ora gli istituti di credito aiutati dal governo, al posto della gratitudine, sfoggiano un’ostacolante disinvoltura.
 
Si tratta davvero di un paradosso? Secondo Simon Johnson (3), economista del Mit ed ex del Fondo Monetario Internazionale, la risposta è no. In un articolo pubblicato dall’«Atlantic» (4), Johnson racconta The quiet coup, il golpe silenzioso che i banchieri – o meglio, come li chiama, gli oligarchi – hanno portato a termine a Washington. I legami tra finanza e politica non sono cosa recente, pure se con l’amministrazione di Barack Obama si sono restaurate «sinergie» di potere coltivate con  successo durante gli anni Novanta (5). È un legame di lunga data, un «corridoio» – com’è definito nell’articolo – che Johnson fa risalire ai tempi di Ronald Reagan e che spiega come mai la crisi finanziaria sia stata sottostimata con leggerezza eccessiva, cioè con un’irresponsabilità tipica delle repubbliche delle banane. Se l’America non fosse l’America, ma uno dei paesi emergenti come quelli dell’Est europeo, per esempio, la ricetta sarebbe facile – il Fondo Monetario l’ha applicata in passato, dice Johnson: nazionalizzare le banche nei guai e spezzettarle.
 
L’amministrazione Obama, tuttavia, non ha voluto seguire questa strada perché le banche mai avrebbero accettato un’ingerenza nella governance degli istituti: il corridoio è una cosa, una stanza condivisa è un’altra. Ecco che, come ha  spiegato James Kwak, partner di Johnson nel sito «The Baseline Scenario», gli istituiti di credito hanno intrappolato Washington nella «filosofia del governo debole» (6). Uscire dal gioco del pollo è difficile, e più passa il tempo più le banche consolidano il rapporto di forza. Torna alla memoria quanto scritto da Mancur Olson (7): i gruppi ristretti e ben organizzati possono influenzare le decisioni pubbliche, che per loro sono un gran guadagno e per la collettività una piccola perdita. Questa storia delle banche potrebbe portare ad affermare che per loro le decisioni pubbliche sono sempre un gran guadagno, ma per la collettività una gran perdita.


(1) http://www.baselinescenario.com/2009/04/01/the-new-masters-of-the-universe/
 

(2) http://www.dealbook.blogs.nytimes.com/2009/04/22/us-raises-offer-to-restructure-chryslers-debt/

(3) http://www.prospect.org/cs/articles?article=the_unlikely_revolutionary

(4) http://www.theatlantic.com/doc/200905/imf-advice
 
(5) http://www.tnr.com/politics/story.html?id=f3a9b9ea-9cf4-4c53-af89-a88ee420a744

(6) 
http://www.baselinescenario.com/2009/04/22/the-missed- opportunity/

(7) Ascesa e declino delle nazioni. Crescita economica, stagflazione e rigidità sociale, Il Mulino, Bologna 1984