Esistono diversi approcci nella costruzione dei portafogli azionari, ognuno interessante e funzionale a far emergere aspetti e caratteristiche delle aziende quotate in termini di valutazioni assolute e relative. L’obiettivo comune consiste nella ricerca di luoghi sia di sottovalutazione – destinati ad essere inseriti nei portafogli – sia di sopravvalutazione – destinati ad essere eliminati dai portafogli. I due approcci più diffusi sono cosiddetti “top-down” e “bottom-up”.
Il primo prevede di valutare le condizioni macroeconomiche di un paese o di un area economica (top) per poi arrivare alla selezione delle diverse realtà quotate (down). Il secondo è un processo inverso che parte dalle singole aziende (bottom) da cui ricavare uno scenario di mercato (up). Altre metodologie sono prevalentemente inserite all’interno di queste due.
Ne esiste una terza, molto meno diffusa e apprezzata, che si pone in una zona intermedia ed è rappresentata dall’analisi dei diversi settori che compongono, ad esempio, l’indice delle seicento maggiori società quotate della zona euro. L’analisi settoriale si basa sull’idea che la modalità di generare utili è un elemento che differenzia significativamente il percorso di valutazione delle società. Un esempio per tutti è dato dalla macro distinzione tra società finanziarie e non finanziarie, così come all’interno di queste ultime altre distinzioni sono altrettanto significative. Basti pensare alle diverse caratteristiche tra le società che erogano pubblici servizi e le società farmaceutiche; queste ultime sono trainate da livelli di spesa per la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci che non hanno eguali tra gli altri settori industriali.
A questa metodologia abbiamo provato ad aggiungere elementi che misurino il grado di nervosismo che gli investitori esprimo in termini di volatilità e di variazione dei prezzi, utilizzando anche questa tipologia di informazioni per cercare di avere una maggiore sensibilità alla qualità degli utili aziendali. Il risultato finale è rappresentato dall’incrocio di due variabili fondamentali ampiamente utilizzate, il ROE (Return on Equity, rapporto tra utili e patrimonio netto) e il PBV (Price to Book Value, rapporto tra prezzo e patrimonio netto).
In assenza di correzione per il nervosismo (volatilità e variazione dei prezzi) la dispersione tra i settori appare elevata, con distanze anche significative che fanno pensare erroneamente a forti sottovalutazioni o sopravalutazioni. Se invece si tiene conto della volatilità e dei movimenti dei prezzi la dispersione si annulla quasi totalmente mostrando una sostanziale linearità nelle valutazioni dei settori. Semplificando, acquistare un settore che con un ROE e un PBV stimati rispettivamente del 21% e di 3,5 rispetto ad un altro che mostri valori rispettivamente di 3% e 0,5 è quasi indifferente. Questa fotografia racconta che verosimilmente gli investitori realizzano l’arbitraggio tra i settori quotati, considerando le diverse caratteristiche di redditività solvibilità e rischio, più di quanto potrebbe sembrare a prima vista.
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