L’acquisto di titoli del Tesoro da parte della banca centrale statunitense per circa 600 miliardi di dollari (che diventano 900 con l’investimento delle cedole ricavate dalle obbligazioni con in pancia i mutui ipotecari, con scadenza dai due anni e mezzo ai dieci anni da qui a giugno 2011) ha prodotto dei risultati il primo giorno dopo l’annuncio: 1) le azioni sono salite fino a raggiungere i massimi di aprile 2010; 2) il dollaro è sceso fino a raggiungere il minimo di gennaio 2010; 3) le materie prime come il petrolio sono salite fino ai massimi di aprile 2010; 4) i prezzi delle obbligazioni che non rientrano negli acquisti, come i titoli a trent’anni, non sono saliti e restano sotto i massimi.


Se l’intendimento è quello di schiacciare i rendimenti delle obbligazioni del Tesoro, allora: 1) le azioni salgono perché spinte dai rendimenti troppo bassi delle obbligazioni del Tesoro; 2) i capitali escono dagli Stati Uniti perché i rendimenti sono inferiori a quelli esteri e quindi il dollaro si indebolisce; 3) immaginando che fra qualche tempo il barile di petrolio in dollari comprerà meno beni non espressi in dollari, i produttori di petrolio estraggono meno petrolio per farne salire il prezzo allo scopo di mantenerne costante il potere d’acquisto. (Non casualmente l’ascesa dei corsi di oggi è guidata dai titoli legati alle materie prime.)


Tutto quanto ha senso per gli statunitensi (è da vedere per gli altri) se poi la loro economia riprende, spinta dal minor costo del capitale per le imprese e le famiglie. Altrimenti, se ciò non accade, ossia se non si ha alla fine una forte ripresa, la banca centrale statunitense avrà contribuito a produrre delle «bolle» e una pressione sui costi: 1) dei prezzi delle obbligazioni talmente alti da annullare l’effetto della cedola, perciò per avere un rendimento prima o poi i prezzi debbono cadere; 2) le azioni salgono, ma poi, se gli utili non salgono molto, si avranno dei prezzi lontani dai valori; 3) per gli statunitensi (ma non per gli europei) le materie prime costeranno di più.


Se pensa che alla fine si avrà una forte ripresa, allora l’investitore privato lascia perdere le obbligazioni statunitensi e compra azioni. Se non lo pensa, allora l’investitore privato lascia perdere lo stesso le obbligazioni statunitensi e non compra azioni. Ognuno dia la propria probabilità alla possibilità di una forte ripresa trainata dall’acquisto di titoli del Tesoro.