Si ha una produzione crescente di ragionamenti intorno alla relazione fra gli Stati Uniti e la Cina. I primi sono la “potenza che sovrasta”, la seconda è la “potenza revisionista”. Questo era l'oggetto della nota scorsa (1). A ciò si aggiunge la produzione crescente di ragionamenti intorno alla crisi dell'”Ordine Liberale”, che è l'oggetto di questa nota. Ognuno dei paragrafi è chiuso richiamando l'articolo maggiore di Foreign Affairs sull'argomento.
1 - Due sono le sfide all'ordine liberale: il radicalismo islamico, e le ex potenze della guerra fredda. Il primo può essere pericoloso se un attore non statale fosse in grado di usare delle armi di distruzione di massa, ma non è una sfida alla modernità. Le seconde sono, invece, davvero pericolose, perché la Cina e – in misura molto minore - la Russia, agiscono come Paesi di “capitalismo autoritario” e non come Paesi comunisti. Essi possono diventare, data la maggiore dinamicità del capitalismo autoritario rispetto all'economia pianificata del passato, un Secondo Mondo avanzato economicamente e politicamente illiberale. I capitalismi autoritari del passato – la Germania e il Giappone - sono stati un'alternativa all'ordine liberale fino al 1945, ma da allora – a causa del loro annichilimento militare – non lo sono più. Si noti che nonostante le loro caratteristiche illiberali essi non erano indietro nella produzione manifatturiera e nello sviluppo tecnologico rispetto ai Paesi liberali. Il loro limite era nella media dimensione, da intendere come spazio e popolazione. Il passaggio della Germania e del Giappone all'ordine liberale è stata il penultimo grande mutamento nei rapporti di forza nel mondo, l'ultimo è la perdita da parte dell'Unione Sovietica di metà dei propri territori e delle proprie influenze militari.
https://www.foreignaffairs.com/articles/china/2007-07-01/return-authoritarian-great-powers
2 - Gli Stati illiberali – soprattutto quelli che dipendono dalle materie prime, che sono i più fragili economicamente, tradiscono un sentimento di grande vulnerabilità nei confronti di quelli liberali. Come percezione del loro modesto fascino culturale, certamente. Ma, soprattutto, perché i Paesi liberali sono il luogo sicuro dove le loro élite - solitamente “predatrici” - occultano i beni che hanno cumulato. Sarà un caso, ma il dittatore e/o l'autocrate preferisce Londra o la Svizzera come rifugio per i propri beni e la propria famiglia, e non certo un altro stato gestito con le caratteristiche del suo (2). Da qui le ricche donazioni e le assunzioni di professionisti e consulenti come lobbisti. Fosse solo questo, perché si ha anche il tentativo di influenzare il corso politico dei Paesi liberali. Indebolendo l'Unione Europea, per esempio, la Russia conta di avere una maggiore influenza con i Paesi dell'ex Patto di Varsavia, che le facevano da “cuscinetto” in caso di guerra (3).
https://www.foreignaffairs.com/articles/china/2017-09-15/era-authoritarian-influence
3 - Alle due sfide – di natura esterna - all'ordine liberale – il radicalismo islamico e le due ex potenze comuniste - se ne aggiungono altre due di natura interna. Il benessere ha da tempo spinto le società liberali verso i beni “post materiali”. Una volta che i “beni materiali” - quali l'alimentazione, la salute, l'abitazione, l'educazione, e la pensione – siano – in misura più o meno completa – soddisfatti, ecco che si passa a quelli detti “post materiali”. I legami di solidarietà – dalla famiglia patriarcale al mutuo soccorso - erano il paracadute delle società povere. Una volta che il paracadute diventata lo “stato sociale”, che è per sua natura impersonale, i legami tradizionali possono sciogliersi e può emergere la libera scelta individuale (4). Da qui il desiderio di affermare l'eguaglianza di genere, di “razza”, di inclinazioni sessuali. Una parte della popolazione - legata ai valori tradizionali - si spaventa e vuole reagire alla ”decadenza”. A ciò si aggiunga l'emigrazione che in alcuni Paesi – quelli senza ex-colonie da gestire come è il caso della Francia e del Regno Unito, ossia la Svezia, la Svizzera, e la Germania – è giunta in pochi decenni a pesare circa un quarto della popolazione residente (5).
https://www.foreignaffairs.com/articles/2018-04-16/age-insecurity
4 - Gli avvenimenti nei Paesi dell'Europa dell'Est sono una complicazione ulteriore alla combinazione di spinte esterne – le potenze autocratiche - ed interne – il dilagare della modernità come individualismo, cui si aggiungono i flussi migratori. I Paesi dell'Est hanno potuto crescere molto grazie agli investimenti dell'Ovest ai trasferimenti dell'Unione. Dunque non è l'economia come tale all'origine del loro malessere. Malessere che si estrinseca nel limitare - in Polonia e in Ungheria - il sistema di poteri e contro poteri e di preservazione dei diritti delle minoranze che sono alla base dell'ordine liberale. All'origine del malessere – questa è un'ipotesi – abbiamo l'insicurezza dovuta alla vulnerabilità di Paesi anche quando non sono piccoli davanti a quelli ben più potenti. L'inno nazionale polacco, sarà un caso, inizia con un verso: “la Polonia non è ancora morta”.
https://www.foreignaffairs.com/articles/2018-04-16/end-democratic-century
5 - La democrazia – o meglio la democrazia incapsulata nell'ordine liberale, che aveva, dal secondo dopoguerra, al centro l'impero benevolo degli Stati Uniti - è fiorita negli ultimi decenni in un numero sempre maggiore di Paesi per una condivisione dei suoi valori, oppure, o soprattutto, per il traino del suo successo economico e della vittoria nella guerra fredda? E che cosa accadrebbe se la dinamica corrente – i Paesi autocratici si affermano in campo politico e crescono in quello economico - si rivellasse duratura o abbastanza duratura? I Paesi illiberali avrebbero un peso sempre maggiore nell'economia mondiale, e quelli liberali – ricchi in termini assoluti, ma meno ricchi di prima in rapporto ai Paesi emergenti - tornerebbero dove erano, ossia intorno alle due rive del Nord Atlantico, in Giappone, e nell'emisfero australe, fino alla fine degli anni Ottanta. In altre parole, avremmo un ciclo, partito con la vittoria nelle due guerre mondiali (calde), allargatosi con la vittoria nella terza (fredda), che è tornato al punto di prima per l'emergere degli sconfitti e dei loro imitatori nella succitata terza guerra (fredda). I vincitori e i vinti delle prime due guerre (calde), invece, continuano a stare dalla stessa parte.
https://www.foreignaffairs.com/articles/hungary/2018-04-16/eastern-europes-illiberal-revolution
Link:
2 - http://www.centroeinaudi.it/agenda-liberale/articoli/4380-panama-papers.html
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