Nella vendita dei prodotti finanziari si sostiene che un portafoglio diversificato, fra le azioni di diverse imprese, fra le azioni di diversi paesi, fra azioni ed obbligazioni, è meno rischioso di uno non diversificato. Cadono le banche, ma salgono le imprese petrolifere, come è accaduto fino a luglio di quest’anno; le azioni di alcuni paesi sono cadute più di quelle di altri, come accaduto quest’anno con le azioni cinesi rispetto alle azioni statunitensi; se cadono le azioni, le obbligazioni tengono ed il portafoglio registra una minor riduzione di valore, come è accaduto quest’anno.

Saggiamo una delle asserzioni, ossia che le azioni di più paesi sono meno variabili delle azioni di un paese. Se le azioni variano allo stesso modo, la correlazione è pari a

Se si muovono in direzioni opposte la correlazione è pari a 0. Un numero intermedio tendente a 1 dice che la correlazione è marcata, tendente a 0 poco marcata. Le azioni dei diversi paesi, come si vede dai calcoli fatti da Quinn e Voth, sono sempre più correlate, ossia, nel corso del tempo, tendono ad andare sempre più allo stesso modo.
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Come noto, quando tutto cade o sale molto, le azioni tendono ad andare ancora di più allo stesso modo. Il grafico separa la correlazione “così come si presenta”, la linea con i quadrati scuri, dalla correlazione “senza gli effetti del panico e dell’euforia”, la linea con i quadrati vuoti. Si vede bene che essa sale lo stesso. (Durante la crisi del 2008 la correlazione senza correzione è arrivata a 0,9). Potremmo generalizzare dicendo che la globalizzazione, o la mobilità dei capitali, tende a generare un’unica borsa mondiale, abbastanza indistinta.

La conclusione è che ha molto senso diversificare fra paesi. Accade che alcuni paesi vadano meglio o peggio di altri, ma la differenza non è così marcata da giustificare l’asserzione della riduzione del rischio. Invece, la differenza di andamento fra azioni e obbligazioni è marcata, e quindi giustifica l’idea della diversificazione.