La seconda parte del ragionamento investe il ruolo della domanda nel meccanismo di richiesta e generazione di prodotti opachi. Se l’offerente confeziona una ABS (Asset Backed Securities) che contiene cose che hanno valori diversi ma la cui somma permette di ottenere rating più elevati delle singole parti, che cosa spinge il consumatore piccolo e grande ad acquistarlo? Il rendimento.

Domanda Innocente

Il forte calo dei rendimenti da inizio millennio ha messo in crisi tutti gli investitori abituati a tassi più alti e in assenza della percezione di livelli di inflazione scesi in linea con i rendimenti. Bisogna in questo caso fare due distinzioni: consumatore individuale e collettivo.

Il consumatore individuale ha lamentato la perdita di prodotti privi di rischio che rendessero oltre il 10%, tipicamente i titoli di stato italiani a breve termine come i BOT ma non solo. Il piccolo risparmiatore si è rivolto alla propria banca chiedendo di poter godere ancora di tassi nominali simili a quelli del passato, magari millantando di aver ottenuto da altri soggetti prodotti con quelle caratteristiche, sotto la velata possibilità di non essere più cliente e di rivolgersi altrove. La reazione della direzione commerciale delle banche è stata una spasmodica ricerca di rendimenti non più presenti sul mercato per non perdere fette importanti di clientela. Le banche di investimento hanno risposto a questa pressione, senza tante considerazioni sulla sostenibilità della richiesta a fronte di flussi commissionali molto interessanti.

Il consumatore collettivo, tipicamente assicurazioni e fondi pensione, hanno dovuto ugualmente ricercare prodotti che andassero a coprire il tasso tecnico o l’IRR (Internal Rate of Return, tasso di interesse interno) in quanto emesso in periodi di tassi più elevati e quindi superiore ai nuovi e più bassi rendimenti di mercato. Infatti, se stipulo una polizza vita nel 1998 con tasso tecnico minimo del 4% e sul mercato i tassi negli anni successivi scendono a livelli inferiori, la differenza che l’assicurazione mi deve contrattualmente riconoscere viene pagata con gli utili della società, abbassando il rendimento del patrimonio e mettendo in difficoltà l’intero settore. Anche in questo caso la direzione commerciale e finanziaria di banche, assicurazioni e fondi pensione hanno trovato nelle banche di investimento la controparte che ha risolto il problema attraverso la generazione dei prodotti oggi definiti tossici.

Proviamo a ipotizzare uno schema: i prezzi salgono molto (i tassi scendono molto) > la domanda non scende ma si blocca, diventando completamente inelastica, non trovando più sul mercato prodotti con rendimenti interessanti > parte la pressione per prodotti che offrano rendimenti nominali superiori a quelli di mercato > si crea un eccesso di domanda a fronte di prezzi che hanno raggiunto valori massimi > l’offerta si adegua all’eccesso di domanda creando prodotti che incorporino i rendimenti domandati inserendo componenti di qualità scadente per offrire un prezzo più basso > domanda e offerta crescono insieme al crescere dei prezzi fino ad intasare il mercato di prodotti di scarsa qualità > la liquidità viene completamente assorbita fino a quando il mercato grippa.

L’analogia con il mercato immobiliare è immediata: nelle bolle si compra il rendimento (ovvero il basso costo del mutuo) senza più far caso alle caratteristiche e al valore dell’immobile, provocandone l’ulteriore crescita.

A questo punto ci troviamo ad avere almeno in parte ritrovato un legame tra domanda ed offerta che l’attuale dibattito sulle cause della crisi sembra avere dimenticato. Il ragionamento si presta ad innumerevoli critiche, ad esempio non valorizza sufficientemente le diverse responsabilità dei consumatori e dei produttori. Ma se un mondo di tassi (e inflazione) bassi è così complicato e fonte di distorsioni le responsabilità devono perlomeno essere ben distribuite e condivise per poter arrivare a soluzioni normative che siano efficaci ed evitino la panacea inflattiva.