In Italia i partiti che avevano in mente la spesa pubblica come la ricetta per il rilancio hanno preso insieme lo stesso numero di voti che ha preso chi pensa che, invece, convenga rilanciare l’economia con le riforme e poi con la spesa (1).

Il PD ha vinto, perché ha preso molti voti dai “moderati” di area Mario Monti e, in minor misura, i voti “moderati” di area PdL. Poiché è difficile immaginare che gli oltre 1,5 milioni di voti di area “moderata” siano diventati improvvisamente di “sinistra”, ecco che la vittoria del PD è da accreditare alla linea di Renzi – in continuità con quella di Monti e Letta – che piace appunto ai “moderati”: prima il rilancio – spending review, riforme del mercato dei prodotti e del lavoro, cuneo fiscale – e poi il bilancio pubblico da espandere con progetti mirati.

In questo clima più sereno possiamo provare ad affrontare due argomenti controversi: 1) è vero che la Germania ha avuto dei gran vantaggi dalla crisi a danno degli altri Paesi dell'euro-area? 2) sono le politiche di austerità compatibili con quelle di espansione?

1 – Vantaggi reali e vantaggi immaginari

Si cita la magnitudine dell’avanzo germanico – circa il 7% del PIL. Un numero di questo tenore è da Paese manifatturiero emergente – nel caso la Cina – oppure da Paese petrolifero – che non riesce a consumare il reddito generato dalle esportazioni energetiche. Il surplus commerciale tedesco nei confronti dell’euro-area è però solo il 2% del suo PIL. Il rimanente 5% è verso il Resto del Mondo. Nel 1999 – ai tempi dell’introduzione dell’euro – l’avanzo tedesco era circa il 3% del suo PIL, e nel 2007 – quindi prima della crisi – era pari al 5%. Ora è intorno al 2%. Un numero elevato, ma non enorme come, invece, appare dalle polemiche in corso.

Nella seconda e terza colonna si ha il saldo commerciale, nella quarta la variazione dei saldi, nella quinta e nella sesta si ha la variazione percentuale delle esportazioni e delle importazioni. Il segno più indica il surplus della Germania (2).

 

2007

2013

Var surplus

Var Export%

Var Import%

Francia

28,8

36,1

7,3

9,50%

2,20%

Italia

19,8

5,8

-14

-17,40%

6,30%

Spagna

26,9

5,8

-21,1

-34,20%

15,00%

Portogallo

4,3

1,2

-3,1

-24,00%

26,10%

Grecia

5,8

3

-2,8

-40,10%

14,60%

Olanda

1

-18,2

-19,2

12,90%

44,10%

Belgio

15,9

5,9

-10

-13,60%

6,30%

Austria

20,7

19,3

-1,4

6,30%

14,80%

Il calcolo sul costo del denaro per le imprese lo si può condurre così (3). I crediti durano tre anni in media. Si prende il rendimento del titolo di stato triennale tedesco e si vede la differenza – lo spread – con il costo del denaro per le imprese. Fra il 2003 e il 2011 lo spread del costo del denaro per le imprese italiane e tedesche rispetto al rendimento del titolo di stato triennale tedesco era molto simile, intorno al 2%, ovvero 200 punti base. Le imprese italiane non sono perciò state penalizzate, perché la differenza del costo del denaro era quasi identico. Da allora, quindi dal 2011 fino ad oggi, lo spread italiano è salito al 4% e quello tedesco al 3%. Ossia, ora si ha uno spread di 100 punti base. Un numero elevato, ma non enorme come, invece, appare dalle polemiche in corso.

Il debito pubblico scade in molti anni, il nostro in sette. Se il rendimento sale, sale il costo del debito per la parte del debito che va in scadenza e per quello di nuova emissione. Quindi sale “al margine”, come è avvenuto durante la crisi del 2011-2012. Il nostro costo del debito è oggi del 4% circa, ma quest'anno è stato sottoscritto al 2%. Quindi è sceso al “margine”. In Germania il debito dall'introduzione dell'euro fino alla crisi veniva sottoscritto con dei rendimenti non troppo inferiori a quelli italiani. Poi è stato sottoscritto con dei rendimenti di molto inferiori. Il risultato è che il costo del debito tedesco è intorno al 2%. Quindi il costo medio del debito tedesco è simile al costo marginale del debito italiano. Abbiamo un numero elevato, ma non enorme come, invece, appare dalle polemiche in corso.

2 - Austerità ed espansione possono maritarsi?

L’austerità fiscale è compatibile con il rilancio fiscale? Sembra una contraddizione, ma non lo è. I bilanci statali statunitensi – quindi della California, dell’Ohio, eccetera – non possono andare in deficit, se non per spese definite come quelle per le infrastrutture, e quindi gli Stati possono emettere solo dei “project bonds”. Se gli Stati non possono andare in deficit, possono però alzare le spese solo se alzano le imposte. L’unico bilancio che può andare in deficit è quello federale. Il vincolo esiste per impedire che gli Stati si diano alla “pazza gioia” nelle spese contando che il Governo Centrale, alla fine, li salverà dai debiti cumulati.

I bilanci statali dei paesi dell’area-euro possono, invece, andare in deficit, sebbene entro i vincoli più o meno disattesi di Maastricht (il deficit del 3% del PIL, il tetto del debito del 60% sul PIL). La Germania (con i Paesi detti “virtuosi”) non garantisce il debito degli altri Stati – ossia non c’è nulla che assomigli all’euro-bond. Quando gli Stati europei si indebitano troppo, senza dar mostra di poter ripagare il debito cumulato – quando diventano “cicale” – ci si attende che i mercati finanziari li “puniscano”, ossia chiedano un “premio per il rischio”. Perciò nell’euro-area non si ha un sistema di trasferimenti di tipo federale, ossia “automatico”, come quello statunitense. Sistema che si può avere solo se nessuno è “cicala” tranne il governo centrale.

Il deficit centrale forse lo si potrà avere in futuro, se tutti gli Stati membri avranno un bilancio in pareggio, con esenzioni definite per l’emissione di obbligazioni “di scopo” come avviene negli Stati Uniti. Quando finalmente i bilanci degli Stati saranno in pareggio, ossia quando non si emetteranno più obbligazioni “nazionali”, allora si potrà avere un deficit comune in Europa, deficit finanziato dagli Euro-bond.

Questa sembra la strada che si vuole intraprendere dopo le elezioni: le obbligazioni “di scopo” oggi, le obbligazioni “in comune” domani. Altrimenti detto, i project bond sono emessi a fronte di investimenti specifici. Non si ha un’emissione di obbligazioni volta semplicemente a finanziare la spesa corrente. Perché mai è “giusto” non avere l’euro-bond prima? I Paesi relativamente ben governati, non accetteranno mai di farsi “mungere” da un sistema volto a finanziare i Paesi relativamente mal governati. Ai Paesi relativamente mal governati conviene seguire la politica “austera” per avere un’amministrazione migliore.

(1) http://www.linkiesta.it/voto-europeo-spesa-pubblica

(2) http://www.lavoce.info/euroscettici-e-surplus-tedesco/

(3) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/ricerche/3854-pmi-spread.html