L’ultimo dato sulla disoccupazione in Germania, 6,6%, segnala più di ogni altro indicatore lo stato di salute dell’economia tedesca. Addirittura sembra che la Germania cominci ad avere delle difficoltà nel trovare competenze in diverse aree. Ma andiamo con ordine. Un interessante presentazione di Bruegel (*) offre una panoramica sulla correlazione tra tasso di disoccupazione e flussi migratori netti dei paesi europei. Non solo l’evidenza ma anche il buon senso sembrano suggerire una relazione inversa tra i due indicatori: la direzione dei flussi migratori si muove dai paesi con alta disoccupazione verso i paesi con alta occupazione.

L’Italia è anche in questo abbastanza anomala. Il tasso di disoccupazione è più o meno il doppio di quello tedesco ma il flusso migratorio netto è positivo nella stessa dimensione della Germania. In un certo senso è come se l’Italia avesse la stessa appetibilità della solidissima Germania almeno dal punto di vista delle aspettative occupazionali. Ma questo è il dato puntuale del 2012.

Osservando l’andamento dinamico nel quinquennio 2007-2012 si ristabilisce un maggiore equilibrio logico dove la Germania è l’unico paese a registrare una variazione positiva dei flussi migratori netti (gli immigrati superano gli emigrati) associata al calo del tasso di disoccupazione. Quasi tutti gli altri paesi europei hanno registrato variazioni negative dei flussi migratori netti (gli emigrati superano gli immigrati) ma soprattutto nessun altro paese – se escludiamo le variazioni infinitesimali di Austria e Malta - oltre la Germania ha registrato una calo della disoccupazione. Tutt’altro.

A questo primo pezzo dobbiamo aggiungere la parte sui flussi migratori tra i paesi europei, escludendo aree extra europee. Oltre alla Germania, prima calamita di flussi occupazionali, dobbiamo aggiungere il Regno Unito, secondo polo di attrazione, e il Benelux, terza area di destinazione. Circa 2/3 degli italiani che si spostano all’interno dell’Europa per motivi occupazionali vanno in Germania mentre la parte restante si divide tra le altre due zone, Regno Unito e Benelux.

A questo quadro sostanzialmente definito in termini quantitativi possiamo aggiungere altri elementi di analisi qualitativa (JP Morgan, “Euro area population, participation and slack”, 21 novembre 2014) che chiariscono ulteriormente le caratteristiche delle dinamiche occupazionali dell’euro zona. In breve, un indice del tasso di sotto utilizzo della forza lavoro mostra come la Germania sia il paese che ha maggiori difficoltà di reperimento di risorse umane ovvero, per vederla al contrario, ha un tasso di utilizzo della forza lavoro elevatissimo. Viceversa, nella zona euro nel suo complesso (Germania compresa) il tasso di sottoutilizzo è cresciuto di oltre il 5% annuo dal 2008 ad oggi.

La particolarità tedesca è generata da tre fenomeni concomitanti: a) una caduta più rapida della popolazione in età lavorativa; b) un tasso di partecipazione degli individui sopra i 55 anni già relativamente elevato; c) un mercato del lavoro sostanzialmente saturo. In queste condizioni ed in assenza di ancor più significativi flussi migratori netti il mercato del lavoro tedesco potrebbe surriscaldarsi e la carenza di offerta potrebbe ostacolare la capacita di crescita dell’economia. Che siano questi i rischi temuti dalla Bundesbank?

(*) http://www.bruegel.org/nc/blog/detail/article/1489-labour-forced-mobility-migration-in-europe/

 

Eurodisoccupazione
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