Il tema del ruolo della finanza è oggi particolarmente sentito in virtù della potenza con cui si è imposto negli ultimi anni e per la sensazione dominante di una invasione di campo rispetto alle gerarchie tra le strutture che regolano e guidano le società moderne. La principale accusa rivolta ai mercati finanziari è quella di aver sbalzato la politica dalla sua posizione principe nelle guida delle democrazie moderne riguardo alle decisioni che sono di interesse collettivo. In sostanza, i "mercati finanziari", entità astratta come la "gente", si muoverebbero per difendere interessi particolari (quelli del mondo della finanza, appunto) in aperto conflitto con i più alti interessi rappresentati dalla politica.
Una visione più distaccata può servire ad inquadrare il problema mentre è di ben maggiore complessità la ricerca di una efficace soluzione. Già cercare provare a conciliare le posizioni tra due mondi apparentemente in conflitto rappresenta il tentativo di far emergere il valore della visione politica (l’arte della mediazione) come elemento che deve ritrovare il suo spazio e ricostruire le basi del ruolo fondamentale che ricopre. I mercati sono il luogo dove si scambiamo beni e servizi a prezzi che vengono definiti dall’incontro delle domanda e dell’offerta. Anche l’agone politico può essere visto sotto questo a spetto (dovrebbe vincere la migliore offerta politica al giusto prezzo).
La finanza virtuosa deve essere garantita dalla politica che ne definisce le regole e i vincoli. Nel tempo i modelli si modificano in funzione dei cambiamenti nel modo di relazionarsi tra investitori e risparmiatori. Basti pensare come l’ingresso di Internet nella vita quotidiana ha modificato il modo di produrre e consumare finanza, probabilmente con vantaggio complessivo. L’anomalia in cui ci troviamo non dipende, quindi, dalle nuove tecnologie. Vale a dire che la difficoltà che oggi si incontra a ridefinire il concetto di free risk (senza rischio) è forse l’origine del problema dell’invadenza dei meccanismi finanziari.
Quando nel passato gli episodi di fallimento di Stati sovrani si sono verificati sono stati fenomeni circoscritti a singoli Stati e, se andiamo molto indietro nel passato, determinati da eventi principalmente bellici. La novità di oggi consiste nella numerosità e concentrazione di soggetti istituzionali primari la cui “libertà dal rischio” è messa in discussione. Quindi, la colpa dei mercati è di mettere in discussione la Sovranità sul Rischio da parte degli Stati Moderni. E’ proprio così? E se sì, come è potuto accadere?
In realtà, i mercati finanziari possono essere un’opportunità per chi deve finanziarsi per ragioni pubbliche o private. Lo sanno bene le numerose amministrazioni locali che negli anni passati si sono rivolte ai “mercati” per trovare risorse per poter realizzare progetti magari legati a promesse elettorali troppo impegnative. Facendo questo hanno ritenuto legittimo e conveniente il ruolo della finanza e hanno cominciato a ragionare da azienda ma dal lato dell’approvvigionamento finanziario, meno dal lato della fornitura di servizi ai cittadini (la generalizzazione è sbagliata ma speriamo funzionale al ragionamento). L’abbandono del progetto delle Olimpiadi di Roma dispiace a chiunque ma forse la Grecia avrebbe qualche problema in meno se avesse fatto la stessa cosa. La difficoltà maggiore, rispetto alle aziende private, nel contenere la crescita dei costi delle amministrazioni pubbliche consiste nella condivisione tra deleganti e delegati della necessità di comportamenti virtuosi che sono alla base del primato della politica (l’interesse collettivo) rispetto al fornitore privato di beni e servizi (l’interesse individuale).
Arriviamo al dunque con un esempio. Non posso andare in un altro comune a fare la carta d’identità ma devo farla dove sono residente. Fare carte di identità è un servizio (peraltro obbligatorio) che le amministrazioni devono fornire ai cittadini. Proprio l’obbligatorietà (che ha volte è all’origine della sensazione di vessazione che si prova in certe situazioni di grave inefficienza) può indurre a pensare che il costo non sia un elemento che riguardi il servizio pubblico. Anche se l’amministrazione, in questo caso un qualunque comune, non percepisce il costo questo è sicuramente percepito dal cittadino. Se il cittadino si impoverisce anche l’amministrazione pubblica arriva a percepire il costo attraverso le minori entrate fiscali. In ogni caso, quanto costa produrre una carta di identità è facilmente definibile in termini economici (ore lavoro, costo della carta, dell’inchiostro, ammortamento delle macchine, ecc. ).
Allora, se la carta di identità costa nel comune X due euro e nel comune Y un euro, essendo la C.I. identica, il comune X ha costi doppi del comune Y. Se entrambi fanno pagare ai cittadini un euro, il comune X deve o indebitarsi o alzare le tasse o far pagare due euro ai residenti, rendendoli più poveri dei cittadini del comune Y. Non essendoci un libero mercato delle carte di identità (per ovvie ragioni) la risposta è evidente: il comune X deve trovare degli amministratori più virtuosi che abbassino il costo. Il problema nasce quando questo non accade ovvero quando l’obbligatorietà legale o sostanziale di un servizio rischia di bloccare i meccanismi virtuosi.
Se il comune X non può (patto di stabilità) o non vuole (ragioni elettorali) alzare il costo, dovrà indebitarsi. Arrivano i mercati finanziari. Finanziano il comune X chiedendo un tasso di interesse che è un costo che il comune virtuoso Y non sostiene. Ovvero, i mercati finanziari mettono in competizione servizi che faticano, per ragioni senz’altro complesse, a mantenere standard di qualità e di costi se non ottimali perlomeno sostenibili. In un’economia sufficientemente flessibile e dinamica le situazioni di inefficienza vengono gestite e digerite all’interno del sistema. Diverso è l’impatto quando i fenomeni di inefficienza tendono ad espandersi oltre livelli accettabili di costo per la collettività, mettendo in crisi l’intera filiera economica.
Spostando questo fenomeno a livello generale, vediamo che l’espansione dei debiti pubblici a livello mondiale provoca l’esplosione del meccanismo di competizione finanziaria tra Stati che, se le semplificazioni del ragionamento sono accettabili, mette a confronto le amministrazioni pubbliche nella loro veste di aziende fornitrici di servizi ai consumatori-produttori di democrazia, i cittadini. Da questo punto di vista, la finanza deve rappresentare l’opportunità per i governi delle democrazie moderne di innescare meccanismi virtuosi di gestione della cosa pubblica che diventino il passaggio obbligato per il recupero del primato della politica.
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