Venerdì scorso avevamo scritto: «Un terremoto distrugge una parte del capitale fisico di un paese. Questo va ricostituito e dunque si ha lavoro per il settore delle costruzioni. Gli effetti sul Pil sono inizialmente negativi, poi le cose si stabilizzano. Un terremoto si ripercuote negativamente sulle imprese di assicurazione e riassicurazione, ma, se non è un evento di dimensioni epiche, le riserve di queste ultime sono sufficienti. Un terremoto aumenta la spesa pubblica per la ricostruzione, intanto che le zone colpite pagano meno imposte per effetto della caduta della loro attività. Aumentano quindi il deficit pubblico e il debito. Infine, un paese esportatore di capitali potrebbe trattenerne una parte per la ricostruzione e quindi il suo cambio potrebbe salire. In Giappone dovremmo perciò avere una borsa con il settore delle costruzioni forte e quello delle assicurazioni debole, un leggero rialzo dei rendimenti del debito pubblico, un cambio dello yen più forte. Come si dice in questi casi, tutto il resto essendo eguale».

Lunedì il mercato finanziario giapponese è andato come avevamo scritto il venerdì precedente. Da lunedì pomeriggio – ora occidentale – le cose si sono complicate sul fronte nucleare. Sembra che non sarà così facile portare sotto controllo il guasto di alcune centrali. E questo nuovo fatto alimenta due scenari: 1) quello in cui tutto rientra, dopo un allarme iniziale; 2) quello in cui le cose rientrano, ma con estrema difficoltà, e in cui nasce un sentimento anti-nuclearista in tutto il mondo. Una avvisaglia è la chiusura di due impianti nucleari vecchi decisa proprio lunedì pomeriggio da Angela Merkel. Nel secondo caso, il debito pubblico che il Giappone deve emettere è di gran lunga maggiore rispetto allo scenario base e, soprattutto, l’alternativa nucleare all’uso di materie prime energetiche scompare o quasi. I paesi europei e il Giappone – a differenza degli Stati Uniti e dei paesi emergenti – usano l’energia in modo molto efficiente, e per come sono costruiti i motori delle loro vetture e per l’utilizzo di quella nucleare. In questo caso, si avrebbe una crescente domanda di materie prime energetiche, e quindi una pressione sul prezzo del gas maggiore di quella che altrimenti si sarebbe avuta. Insomma, lo scenario peggiore sul Giappone porta alla fine a un prezzo delle materie prime più alto, con tutte le ripercussioni che seguono.