Il Governatore della Banca Centrale francese ha affermato che la Gran Bretagna ha un debito pubblico peggiore di quello francese. Ha aggiunto che non si capisce il motivo per cui le agenzie di rating dovrebbero declassare quello francese e tenere in gran considerazione quello britannico (1). Sono dichiarazioni inusuali. I governatori sono raramente polemici. Chi sono mai le agenzie di rating, e perché hanno (se lo hanno) tutto questo potere (2)?
Immaginate di essere una società che emette giudizi sul merito di credito (le agenzie di rating, appunto), dove il merito massimo è A, e quello minimo, alias il fallimento, è D (“d” come default = fallimento). Per esempio, siete la mitica Germania è il vostro voto è A. Per esempio, siete la peccaminosa Grecia e il vostro voto irrefrenabilmente scivola verso D. Insomma, niente di speciale. Si può arguire che le agenzie di rating abbiano influenza perché dicono cose che i mercati finanziari non hanno capito. Non è vero. Se, infatti, si dispongono i giudizi delle agenzie di rating sull'asse verticale e i premi per assicurarsi contro l'insolvenza (i famosi Credit Default Swap) su quello verticale si hanno le stesse informazioni (3).
Dunque le agenzie non dicono niente che non si sappia già. Sono dei barometri e i barometri registrano il tempo, non lo fanno. Eppure contano molto. I rating sono importanti non per la sapienza incorporata, ma perché i portafogli delle banche, delle assicurazioni, dei fondi pensioni e comuni, spesso (spesso, non sempre) debbono seguire il livello di rating che si sono date nelle regole e nei contratti. E dunque un cattivo giudizio può portare alla vendita dei titoli declassati. Titoli che spesso sono venduti solo quando sono declassati e non prima, anche se si sapeva che stavano perdendo parte della propria qualità.
Sono le agenzie di rating super partes? Si pensava che lo fossero, perché i loro ricavi possono essere solo il frutto della reputazione acquisita. Se avessero detto delle sciocchezze, allora nessuno le avrebbe prese sul serio. Il punto – si è scoperto poi – non è tanto la reputazione, quanto il peso sistemico che hanno assunto. Se eccessivo, certe cose possono decidere di non dirle, oppure decidere di dirle indipendentemente dal merito di credito. E così i loro giudizi acquistano grande importanza. Queste decisioni delicate sono però tipiche delle gestione del potere “da che mondo è mondo” (4). Altrimenti detto, se le agenzie di rating importanti, invece che anglosassoni, fossero anche cinesi o dell'Europa Continentale, si avrebbero gli stessi problemi.
Si deduce che, se ognuno avesse la propria agenzia di rating che gli desse ragione, non avremmo le agenzie di rating e neppure avremmo le polemiche. Resterebbe però aperto il problema della valutazione del merito di credito. Si potrebbe pensare che il mercato potrebbe calcolarlo, come già si fa nel caso dei credit default swap. Ma i credit default swap non sembrano essere la soluzione, perché non comprimono il rischio in caso di insolvenza (5).
E dunque? Siamo di fronte a un problema davvero intricato, non affrontabile con il piglio della tifoseria.
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http://it.wikipedia.org/wiki/Credit_default_swap: “Il mercato dei derivati creditizi è al momento molto esteso, in molti casi l'ammontare dei derivati creditizi in circolazione e riferiti ad un singolo ente è ampiamente superiore alle obbligazioni in circolazione. Ad esempio, la società X potrebbe avere 1 miliardo di dollari di debito in circolazione e 10 miliardi di dollari di contratti CDS in circolazione. Qualora la società X risultasse insolvente, e si riuscisse a recuperare solo 40 centesimi per dollaro, la perdita per gli investitori che detengono le obbligazioni ammonterebbe a 600 milioni di dollari. La perdita per coloro che hanno venduto CDS ammonterebbe invece a 6 miliardi di dollari. Invece di disperdere il rischio, i derivati creditizi di fatto amplificano le perdite nel caso di insolvenza”.
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