Ci sono diversi appuntamenti elettorali in giro per il mondo nei prossimi dodici mesi. Sembrano essere inspiegabilmente accomunati da un particolare e nuovo clima di risentimento e frustrazione che trova una definizione più compiuta nella cosiddetta Politica della Rabbia (Politics of Rage). Il perché e il percome si sia sviluppata una situazione così singolare rispetto al passato è di difficile interpretazione anche se alcuni aspetti sembrano più evidenti di altri.
La rabbia è un sentimento estremo che comporta un dispendio di risorse elevato e che può essere sostenuto per un periodo di tempo prolungato solo se le motivazioni superano costantemente il più desiderabile sentimento di quiete. L’analisi effettuata (Barclays, The Politics of Rage, ottobre 2016) prova a individuare alcune delle possibili motivazioni della rabbia così come si è sviluppata dal 1988 al 2016 nei maggiori paesi del globo.
Per fare questo si utilizza un principio semplice ed intuitivo: si misura lo spostamento verso le posizioni politiche estreme in termini di abbandono delle posizioni politiche non estreme rappresentate dai voti verso il centro destra/sinistra moderati. Questo dato lo si confronta con un indice complesso, appunto l’Indice del Rischio di Politica della Rabbia (IRPR), formato dalla combinazione di numerose variabili (vedi sotto).
Il risultato ottenuto racconta del collasso a livello globale dei voti verso il centro moderato, circa 12 punti percentuali, avvenuto durante il periodo considerato. Punte estreme si sono registrate in Austria e Grecia dove alla forte crescita dell’IRPR è corrisposto un deflusso inarrestabile di voti moderati. I paesi dove i voti moderati sono cresciuti o rimasti invariati sono pochi: Giappone, Italia e i paesi esportatori di materie prime. Il caso del Giappone è comprensibile in quanto è il paese che registra il valore più basso dell’IRPR. Nel caso dell’Italia la tenuta complessiva dei voti moderati è avvenuta nonostante un valore tra i più elevati dell’IRPR.
La caduta del consenso verso i partiti centristi ha cominciato a manifestarsi a partire dall’inizio del terzo millennio. Una misurazione effettuata considerando la crescita dei voti estremi rispetto ai picchi di consenso del voto moderato segnala l’acuirsi del fenomeno dal 2000 in avanti. Ma la disaffezione ha subito una ulteriore decisa accelerazione con la crisi finanziaria che è coincisa con la crescente insofferenza dell’elettorato.
La ricerca delle possibili cause di questa tendenza, che ha registrato come più recente ed emblematico episodio il voto per la Brexit, segnala alcuni aspetti rilevanti individuati analizzando i differenti programma politici dei rappresentanti della politica della rabbia:
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La globalizzazione, particolarmente negli aspetti dell’immigrazione e della competizione commerciale, sono fonti importanti che alimentano la politica della rabbia ma non rappresentano l’elemento economicamente più rilevante.
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La fonte principale della rabbia è il senso di disaffezione, intesa come percezione di scarsa rappresentatività politica ed economica, determinata dalla perdita di peso politico dei governi nazionali rispetto all’importanza che hanno assunto, in termini di sovranità, le organizzazioni intergovernative e sovranazionali.
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La disaffezione è inoltre alimentata dalla percezione di una crescente distanza tra il “cittadino comune” e le “elites” di governo, istituzionali ed economiche.
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La crescita delle diseguaglianze sociali non sembra essere un elemento cruciale del programma politico della rabbia.
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