Il tweet più ritwittato della storia, per ora, è il selfie scattato nella notte degli Oscar e postato da Ellen DeGeneres (1), è stato visto da 37 milioni di persone in giro per il mondo, dicono i dati di Twitter, e lo spettaccolo della consegna degli Oscar ha toccato i picchi massimi di audience. In primo piano, nella versione larga della foto, c’è un grande telefono bianco, un Samsung Galaxy Note 3, e il Wall Street Journal per primo ha insinuato che tanta visibilità non fosse una coincidenza (2). Non la era: era un product placement concordato da Samsung con l’Abc, l’emittente che trasmette la serata degli Oscar, e faceva parte di un accordo pubblicitario del valore di 20 milioni di dollari.

Maurice Levy, ceo di Publicis, il colosso mondiale della pubblicità, ha fissato il valore di quel tweet attorno agli 800-1000 milioni di dollari, e ha detto che è stato il suo team a organizzare il selfie “improvvisato”. Levy ha anche detto di essere dietro a un altro famoso e controverso selfie, quello di Barack Obama con David “Big Papi” Ortiz, giocatore dei Boston Red Sox (3): il presidente americano ha fatto sapere di non essere a conoscenza della sponsorizzazione, altrimenti mai avrebbe partecipato allo spot, mentre Big Papi non ha mai voluto dire se è stato pagato per quello scatto.

Questo è il lato pop di Samsung, che sa intercettare le manie del momento e sa trasformarle in ricavi, ma ce n’è anche un altro, di lato, ben meno glamour. L’ha raccontato Cam Simpson su Bloomberg Businessweek (4): è la storia dei dipendenti della Samsung, in Corea del sud, che s’ammalano e muoiono di leucemia e di altre forme cancerogene rare.

Sono appena usciti due film in Corea del sud che raccontano quel che accade alla Samsung: “Another Promise”, uscito a febbraio racconta la storia di Hwang e di sua figlia, che è andata a lavorare alla fabbrica di semiconduttori della Samsung nel 2003 a 18 anni, ed è morta a 22. (nel film l’azienda non ha il suo nome, si chiama Jinsung). Hwang è il taxista cinquantenne che ha voluto denunciare quel che stava accadendo alla Samsung quando ha visto sua figlia ammalarsi assieme a molte delle ragazze che lavoravano con lei. Ed è il protagonista di un documentario, “Empire of Shame”,uscito a marzo, che è stato girato in tre anni e che racconta l’utilizzo di sostanze cancerogene nelle fabbriche di prodotti elettronici – sono stati scoperti almeno 58 casi di leucemia, ma Samsung non ha mai discusso i singoli casi e ha soltanto spiegato che dal 2011 a oggi ha speso 88 milioni di dollari per la manutenzione e il miglioramento dei suoi impianti.

I sudcoreani hanno una specie di reverenza per Samsung. Nel 1961, ricorda il giornalista di Bloomberg Businessweek, il pil pro capite era di 92 dollari, meno di quello del Sudan o della Sierra Leone. Oggi la Corea del sud è la quindicesima economia del pianeta, e circa il 24 per cento del suo PIL dipende da Samsung Group, che è un gruppo che fa tantissime cose, come le assicurazioni o le navi, e ovviamente Samsung Electronics. La fortuna della Corea del sud passa anche attraverso quest’azienda, ed è per questo che ci sono sentimenti contrastanti sulla questione: combattere per evitare l’utilizzo di sostanze mortali o accettare le morti come danno collaterale? I medici non hanno stabilito una connessione diretta tra gli impianti e le malattie, ma in tutta la Corea del sud la percentuale dei malati di leucemia è del 3 per cento, praticamente solo da Samsung.

 

(1) https://twitter.com/TheEllenShow/status/440322224407314432)

(2) http://online.wsj.com/news/articles/SB10001424052702304585004579417533278962674

(3) https://twitter.com/davidortiz/status/451032513679749120/photo/1

(4) http://www.businessweek.com/articles/2014-04-10/deaths-at-samsung-alter-south-koreas-corporate-is-king-mindset