Sono usciti i risultati trimestrali delle grandi banche statunitensi. Possiamo dire che le attività legate al credito ordinario non vanno bene, mentre quelle legate alla finanza vanno bene (1). Dunque, se una banca ha le proprie attività legate al credito ordinario, mostra risultati modesti; se ha entrambe le attività, mostra risultati medi (2); se invece ha solo attività nella finanza, allora va bene. Anche in quest’ultimo caso, resta dubbio che si possa continuare a ottenere risultati degni di nota, perché quelli ottenuti sono legati a un rimbalzo dei prezzi delle azioni, delle materie prime e delle obbligazioni (di peggior qualità) nell’ordine del 50% (3). Questo è l’aspetto analitico.


Si ha anche l’aspetto legato al rilancio dei media e alla polemica politica. Il club delle banche «troppo grandi per fallire» sta vivendo il suo momento di splendore. Finita la paura, finita la retorica dell’Apocalisse, finito il versamento di soldi da parte dell’Amministrazione americana ai big di Wall Street, il club festeggia i profitti e annusa la fine della crisi. Il Dow Jones ritocca i 10 mila punti, la soglia simbolica della fine della crisi (4), e così le lacrime, gli sguardi sconsolati, gli scatoloni con dentro le poche cose raccattate in fretta dopo il licenziamento in tronco rimangono un ricordo. Il club ha un problema: far digerire, con un’abile campagna di comunicazione, la pioggia di bonus che sta per cadere sui manager. Lo zar dei bonus, Neil Barofsky, che Barack Obama ha nominato per tenere d’occhio il rapporto fra i soldi investiti (o gettati?) nei bailout e i compensi dei banchieri «salvati», ha dichiarato (5) con tono impotente: «Questa storia dei bonus è un vero casino [a mess]».
 
I grandi banchieri, invece, rilasciano interviste al limite dell’insulto – per i contribuenti  americani, s’intende. La tesi di Lloyd Blankfein, amministratore delegato di Goldman Sachs, espressa in un’intervista al «Wall Street  Journal» (6), è più o meno questa: «Non siamo stati trattati meglio di altri durante la crisi, abbiamo imparato la lezione e quest’anno daremo i bonus». Non c’è una cosa, nemmeno una, in questa dichiarazione di Blankfein, che sia vagamente aderente alla realtà. Goldman ha ottenuto più fondi governativi rispetto a quelli ufficiali perché ha beneficiato del grande bailout in favore del colosso assicurativo AIG. Nessuno ha quindi imparato nulla dalla crisi, perché nessuna regola di trasparenza è stata introdotta, né alcun controllo: si tratta semplicemente – come dice Charlie Gasparino, commentatore della Cnbc (7) – di una conseguenza dei tanti soldi versati dalle casse del Tesoro: «Con tutti quei soldi sarebbe stato ben grave non registrare profitti». Quanto ai bonus, Blankfein dimentica di dire che la sua banca si stava preparando già prima dell’estate – ha assunto un esperto di pubbliche relazioni impiegato ad hoc sulla questione «Come glielo diciamo agli americani che distribuiamo bonus milionari?».
 
È un segno dei tempi che proprio mentre scoppiava sotto gli occhi di tutti l’euforia per la pax economica ritrovata, con Wall Street di nuovo (o apparentemente?) ai suoi antichi fasti, sia morto improvvisamente Bruce Wasserstein, uomo di Lazard (8). Uno di quei banchieri che ancora pensavano che non tutto fosse concesso.


(1) http://www.ft.com/cms/s/0/5a2b6f72-b97c-11de-abac-00144feab49a.html

(2) http://www.zerohedge.com/article/guest-post-jp-morgan-2009-q3-results-%E2%80%93-miracle-or-mirage

(3) http://ftalphaville.ft.com/blog/2009/10/16/78246/goldman-round-up/

(4) http://www.ft.com/cms/s/3/6b032d9c-ba5a-11de-9dd7-00144feab49a.html

(5) http://features.csmonitor.com/economyrebuild/2009/10/14/obama-pay-czar-lacks-clout-to-stop-198-million-in-aig-bonuses/

(6) http://online.wsj.com/article/SB10001424052748703746604574460971679111660.html

(7) http://blogs.wsj.com/washwire/2009/10/14/bonus-outrage-thats-so-last-march/

(8) http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2009/10/14/AR2009101403697.html