Abbiamo ricevuto questa e-mail: «Sono un promotore e osservo una relazione inversa tra la borsa statunitense e il cambio del dollaro contro l'euro; come mai?».


Da circa due anni la relazione fra la borsa statunitense e il dollaro è strettissima: quando la prima sale, il secondo scende; quando la prima scende, il secondo sale. Come mai si ha una relazione così stretta? Il grafico mostra l’andamento (1): un andamento quasi perfettamente riflesso nel comportamento inverso dell’altro. Esponiamo la nostra ipotesi: gli acquisti in borsa sono – in una misura significativa – finanziati vendendo dollari.

Sul mercato finanziario si possono prendere due posizioni, che in gergo sono chiamate «lunga» e «corta». Lunga significa comprare un’attività per poi aspettare che il suo prezzo salga. Corta significa vendere un’attività che si prende a prestito – pagando un interesse – per poi aspettare che il suo prezzo scenda. Il vantaggio della posizione corta (o «scoperta») è che così ci si finanzia: si compra un’attività presa a prestito e la si vende, insomma si compra a prestito. Vendendo, si ottengono evidentemente dei denari che possono essere usati per comprare altre attività.
 
Si immagini un fondo comune che vuole comprare. I suoi promotori devono convincere migliaia di persone a sottoscrivere. Una volta ottenuti – con molta lentezza – i denari, ecco che il fondo comune può investire. Si immagini ora chi riesce a farsi dare a prestito un’attività finanziaria che vende per poi comprare subito. Insomma, nel primo caso per trovare i soldi occorrono mesi, nel secondo pochi giorni. Ora si immagini la vendita di dollari (quello dei cambi è un mercato molto liquido) il cui ricavato porti all’acquisto di azioni delle grandi imprese (quello azionario è anch'esso un mercato molto liquido). Si avrà così un nesso fra il dollaro debole e la borsa forte.

Immaginiamo ora che in borsa si inizi a perdere, dunque si pensi che possa erodersi il valore del portafoglio. A quel punto si vende la borsa e con il controvalore si comprano subito i dollari che vengono resi a chi li aveva prestati. Si chiude così l’operazione. La borsa scende e il dollaro sale. Questo – come mostra il grafico – potrebbe essere stato l’andamento dall’estate del 2008  fino a marzo del 2009 (2).

Immaginiamo poi che la borsa continui a salire, dunque si pensi che il portafoglio possa crescere ancora. A quel punto si vendono altri dollari e con il ricavato si comprano azioni. L’operazione resta aperta. La borsa sale e il dollaro scende. Questo – come mostra il grafico - è stato l’andamento a partire da marzo del 2009, da quando la banca centrale ha schiacciato i tassi e comprato attività finanziarie: un andamento che va per la maggiore da quando costa poco farsi prestare il denaro, contando che, nel caso di una nuova crisi, la banca centrale interverrà ancora.
 
Accade dunque che la borsa salga senza una gran giustificazione negli andamenti sottostanti delle imprese e quindi dell’economia, e accade che il dollaro cada senza che sia successo nulla di davvero grave. Le due attività finanziarie salgono e scendono in modo «autoreferenziale», ossia staccato dagli andamenti dei «fondamentali». I movimenti finanziari nei periodi lunghi non sono staccati dai «fondamentali» (3), ma lo possono essere nei sottoperiodi.
 
Segue in linea logica che, se si registrasse una correzione prolungata della borsa statunitense, si avrebbero acquisti cospicui di dollari. A quel punto, però, si sarà creato un nuovo contesto di mercato. Il movimento della borsa cedente e del dollaro in salita sarà accentuato da chi andrà – per seguire la tendenza – corto di borsa e lungo di dollari. Lo schema di finanziamento sarà ribaltato: la borsa cedente finanzierà il dollaro in ascesa. I titoli dei giornali suoneranno così: «I mercati sono scettici sulla ripresa e gli investitori si rifugiano fra le braccia del biglietto verde».
 

 

(1) http://www.centroeinaudi.it/images/lettera_economica/la%20relazione%20inversa%20fra%20il%20dollaro%20e%20la%20borsa.jpg

(2) Qui agivano anche altre variabili: http://www.centroeinaudi.it/commenti/la-forza-del-dollaro.html

(3) http://www.centroeinaudi.it/commenti/la-diarchia-e-il-vigore.html

Nota aggiunta: il 23 settembre è stata pubblicata questa nota che corrobora la nostra ipotesi:

http://www.ritholtz.com/blog/2009/09/the-dollars-role-in-rising-risk-appetites/