Nel 2009 si avevano due grandi temi mediatici, il global warming (1) e i green shoots (2), ossia i germogli di ripresa che sbocciavano in un pianeta diventato più caldo per colpa dell’umanità. Nel 2010 fa ancora freddo, mentre i mercati finanziari flettono. Lo scorso anno i mercati hanno davvero creduto che quella in corso fosse solo una forte recessione, che finiva velocemente grazie alle politiche fiscali e monetarie che avrebbero tosto rilanciato l’economia? I Mercati non esistono, si potrebbe dire parafrasando la signora Thatcher, così come non esistono gli Italiani, ma esistono Mario, Giuseppe e Pasquale. Esistono, infatti, operatori diversi con previsioni e logiche diverse.


I fondi comuni non hanno raccolto in campo azionario né in Europa né negli Stati Uniti. Hanno, invece, raccolto nel campo delle obbligazioni. La borsa è salita con volumi modesti (3). Le obbligazioni emesse dai Tesori sono state comprate anche dalle banche centrali e dalle banche di credito ordinario. Dunque, nonostante la grande crescita corrente e attesa del debito pubblico i rendimenti sono rimasti stabili (4).
 
Alcuni hanno pensato che il debito pubblico potesse essere emesso con dei costi contenuti. Intanto che arrivava la ripresa. E che, se la ripresa non arrivava, era comunque necessario emettere del debito per evitare che le cose peggiorassero. Insomma, fare come il Giappone degli ultimi vent’anni. Altri hanno pensato – a partire da marzo – che conveniva scommettere sui mercati al rialzo, perché le condizioni erano favorevoli (5). Poi si sarebbe visto.

Lo scorso anno c’era modo di guadagnare molto comprando le azioni e le obbligazioni private. Lo scorso anno si poteva guadagnare – dopo marzo – prendendo delle posizioni «lunghe». La gran parte degli operatori non ha venduto le azioni e ha comprato le obbligazioni pubbliche e private. Quest’anno, al contrario, comincia a prendere corpo il comportamento opposto: si prendono le posizioni «corte». Ossia, ci si fa prestare i titoli e quindi li si vende, contando di ricomprarli a un prezzo inferiore per poi renderli a chi li aveva prestati. Oppure si vende e si aspetta di vedere che cosa fare con i prezzi che diventano minori.
 
Il comportamento opposto lo si può spiegare perché lo spazio di rivalutazione delle azioni e delle obbligazioni private si è ridotto. Per salire ancora, i prezzi avrebbero bisogno di segni inequivocabili di forte ripresa, su cui i più sono ormai diventati scettici (6). Comincia così a emergere lo spirito ribassista.

Per ora sono soprattutto «attaccati» i debiti pubblici dei paesi minori e le banche legate a questi ultimi (7). Ma gli squilibri si hanno anche nei paesi maggiori.

Dunque nel 2010 le occasioni di guadagno si avranno «al ribasso», e poi forse «al rialzo», come nel 2009. Si capisce che dopo un forte ribasso sorgono le occasioni di guadagno al rialzo. Il tutto con qualcosa che nel 2009 non si è avuto: le tensioni politiche. Basti pensare a quello che potrebbe accadere ai paesi che debbono sanare i conti mentre i disoccupati aumentano. Non è una condizione che occorre solo in Grecia o in Portogallo. Negli Stati Uniti è facile che i Repubblicani conducano una campagna contro il debito pubblico di Obama, mentre l’occupazione non sale.


(1) http://www.centroeinaudi.it/notizie/shadenfreude.html

(2) http://www.centroeinaudi.it/ricerche/il-complotto-degli-illuminati.html

(3) http://www.centroeinaudi.it/commenti/lirresistibile-ascesa-della-borsa.html

(4) http://www.centroeinaudi.it/commenti/tecniche-di-investimento-passate-e-future.html

(5) http://www.centroeinaudi.it/commenti/le-statistiche-come-rospi-e-galline.html

(6) http://www.centroeinaudi.it/ricerche/scenario-2010.html

(7) http://www.centroeinaudi.it/notizie/contagio.html