Il duello è a distanza, perché la forma va salvaguardata, ma si stanno scontrando, nel variegato team economico dell’Amministrazione Obama, due anime, due filosofie. Mentre ognuno cerca di trarre il meglio (1) dalla riforma di Wall Street, che ormai è cosa fatta, i venti europei si fanno sentire anche a Washington. Da un lato c’è il giovane Tim Geithner, segretario al Tesoro; dall’altro l’ottantenne Paul Volcker, ex governatore della Federal Reserve oggi a capo dell’Economic Recovery Advisory Board.
Tra i due non ci sono mai stati rapporti idilliaci, appartengono a due mondi diversi: Geithner è cresciuto all’ombra di Larry Summer e Robin Rubin in un rapporto quasi simbiotico con le banche e Wall Street; Volcker rappresenta la vecchia scuola economica legata alla Fed di fine anni Settanta, tra Jimmy Carter e Ronald Reagan, prima dell’avvento della Fede a immagine e somiglianza di Alan Greenspan.
A disunire i due questa volta si è messa la Grecia, l’ultimo flagello abbattutosi sulle diverse dottrine economiche (per non parlare di quelle politiche legate all’identità dell’Unione europea). Geithner ha detto in un’intervista a Bloomberg (2) che il contagio del default greco verso l’America è molto improbabile. Il ministro del Tesoro crede nella capacità europea di governare la situazione – il pacchetto di aiuti di un trilione di dollari “è un enorme passo in avanti” – ma soprattutto è convinto che gli Stati Uniti siano ormai fuori da quella debolezza in cui la crisi greca avrebbe potuto infilarsi: “La nostra economia sta diventando più forte. Stiamo assistendo a molta forza, miglioramenti e fiducia”. La ripresa è più sostenuta rispetto alle previsioni anche più recenti, la Fed ha rivisto al rialzo le prospettive di crescita: nel 2010 il pil americano dovrebbe espandersi tra il 3,2 e il 3,7 per cento. Il peggio è passato insomma, e le turbolenze europee non possono che risultare marginali.
Paul Volcker non è altrettanto ottimista. Prima di tutto è convinto che, sotto il peso della crisi greca, l’euro possa soccombere (3) e questo naturalmente non sarebbe senza conseguenze per gli Stati Uniti. I quali dovrebbero guardarsi bene dalla loro politica di “debito incontrollato” (4), in un momento in cui la crisi europea mostra come il futuro delle valute, la possibilità di bilanciare un’economia e la coesione politica sia altamente a rischio. Il debito pubblico fuori controllo, come oramai è anche quello americano, nonostante le continue rassicurazioni, è una variabile ancora più deleteria perché aggiunge alla debolezza contingente una debolezza strutturale a lungo periodo. Certo “non siamo nella stessa barca dei greci”, ha detto Volker, ma se l’euro crolla, il precario equilibrio valutario del periodo post choc finanziario – euro forte, dollaro debole, yuan tendente verso una rivalutazione – viene a cadere: la competitività americana e cinese decresce verso l'euro, perchè hanno il cambio fisso fra loro e fluttuante verso l'euro, e quindi convincere i cinesi a rivalutare il yuan in rapporto al dollaro è sempre meno probabile.
(1) http://www.thedailybeast.com/blogs-and-stories/2010-05-21/obamas-iffy-financial-regulation-victory/?om_rid=DUIwrf&om_mid=_BL9nn7B8JZW-Gn&
(2) http://www.businessweek.com/news/2010-05-15/geithner-sees-europe-managing-crisis-without-fallout-for-u-s-.html
(3) http://www.businessweek.com/news/2010-05-14/volcker-sees-euro-disintegration-risk-from-greece-update1-.html
(4) http://www.marketwatch.com/story/volker-says-europe-crisis-shows-risks-for-us-2010-05-19?reflink=MW_news_stmp
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