Al contrario di quel che pensano i nemici del “liberismo sfrenato”, le bolle azionarie non si formano per un eccesso di speculazione, bensì per un difetto di funzionamento dei mercati.
1. Narrazioni e velocità dell’ascesa
Intanto, che cosa è una bolla? Un livello dei prezzi che non ha giustificazione negli andamenti delle imprese quotate, che è come dire che si hanno dei prezzi troppo alti in rapporto agli utili che si potranno realizzare in un arco temporale credibile. Se i prezzi delle bolle sono irrazionali, perché si formano? Per la combinazione di una storia vera, una narrazione, che giustifica l'ingresso in borsa, con l'idea che, se tutti investono, si riuscirà a vendere le azioni a dei prezzi ben maggiori a chi arriva per ultimo.
La bolla della tecnologia – o del Nasdaq - del 2000 si basava su una storia vera: a distanza di un decennio siamo, infatti, tutti connessi in rete – sia gli individui sia le imprese. Anche la bolla cinese si basa su una storia vera: un paese con oltre un miliardo di persone in corso di veloce industrializzazione non può avere una borsa più piccola di quella giapponese, un paese i cui abitanti sono meno di un decimo dei cinesi. Il punto della bolla non è perciò la storia, o la narrazione, che è vera, bensì l'eccessiva velocità con cui i prezzi crescono rispetto al concreto materializzarsi del futuro. Se i prezzi del Nasdaq fossero cresciuti lentamente nessuno avrebbe avuto niente da ridire, e lo stesso vale per la Cina.
2. Il meccanismo dell’ascesa
Si ha – soprattutto durante le bolle - chi compra le azioni investendo solo i propri denari, poniamo 200 euro, e si ha chi se li fa in parte prestare, poniamo che mette 100 euro suoi e 100 prestati dalla banca. Se i prezzi salgono fino a 400 euro, il primo guadagna 200 euro, il secondo ben 300. Se però i prezzi scendono a 100 euro, il primo perde 100 euro, il secondo anche, ma i soldi che gli restano sono della banca: ragion per cui, se i prezzi non risalgono, perde tutto. Negli Stati Uniti - al tempo della bolla - quelli che compravano a prestito erano circa il due per cento della capitalizzazione di borsa, in Cina siamo arrivati al quindici per cento. La borsa cinese, se in caduta, può perciò produrre degli effetti devastanti sulla ricchezza delle famiglie che si sono indebitate per comprare azioni e, per estensione, sui crediti delle banche.
La fragilità della bolla è duplice: a) i prezzi crescono troppo in fretta, b) in troppi investono indebitandosi. Perciò, quando i prezzi cadono, e questo accade sempre, in troppi perdono. Da qui la tentazione di frenare le vendite. Tentazione che segue due strade: l'intervento dello stato sul costo del denaro per ridar fiato agli indebitati, con in aggiunta il blocco delle vendite scoperte, secondo alcuni il luogo di elezione degli speculatori.
3. La vendita allo scoperto
Come funziona la vendita scoperta? Prendo a prestito i titoli e li vendo, perciò, se i prezzi cadono, li ricompro a prezzo inferiore e quindi li rendo al prezzo iniziale, guadagnando sulla differenza. Le vendite scoperte hanno successo, se non arrivano troppi acquirenti. Altrimenti detto, quando c'è un vuoto di domanda, lo scopertista è re, ma non prima. Vediamo la ragione.
Una premessa. Un mercato si definisce “completo” se sono possibili tutte le operazioni. Quelle a pronti, come comprare le uova, quelle a termine, come accendere un contratto future, quelle condizionate, come incassare l’assicurazione quando si manifesta l’evento definito dal contratto. Fra le operazioni attuabili, se si vuole un mercato completo, vi sono quelle che scommettono che le cose possano prendere una piega negativa.
Se penso che la società X abbia un prezzo assurdo, vendo la sua azione “allo scoperto”, ossia mi faccio prestare il titolo di X e lo vendo. Quando è caduto il prezzo, lo ricompro e rendo il titolo. Se i prezzi sono assurdi ed allo stesso tempo sono possibili le vendite scoperte, i prezzi assurdi non dovrebbero manifestarsi. Se la crescita dei prezzi delle azioni tecnologiche fino al 2000 era assurda, così come quelli delle azioni cinesi oggi, perché mai non sono entrati in pista i venditori allo scoperto?
Supponiamo che la azione della società X abbia un prezzo di 10 euro. Abbiamo chi pensa che sia una grande impresa e chi pensa che sia un bidone. Chi pensa che sia una grande impresa compra, ma la società fallisce, e quindi perde 10 euro. Se invece ha ragione e sale fino a 100 euro, guadagna ben 90 euro. Chi pensa che la società X sia un bidone vende allo scoperto. Se ha ragione e la società fallisce, guadagna 10 euro. Se invece si sbaglia, e la società sale fino a 100 euro, perde ben 90 euro. I risultati sono diseguali. Chi compra e basta, chi è “lungo”, può perdere al massimo quel che investe, 10 euro, ma può guadagnare molto, 90 euro. Chi vende allo scoperto, chi è “corto”, può perdere molto più di quello che investe, 90 euro, ma può guadagnare, se ha ragione, 10 euro. Lo spettro dei risultati non è proprio un incentivo a vendere allo scoperto.
Per questa ragione i venditori allo scoperto non sono importanti quando i mercati salgono, e quindi non possono diventarne “i pompieri”. Solo quando i mercati stanno precipitando la probabilità di guadagnare vendendo allo scoperto aumenta molto. I venditori scoperti allora si fanno coraggio, diventano molti e quindi importanti. In conclusione, i mercati non sono completi, perché, salvo quando precipitano, le vendite scoperte sono troppo rischiose. I mercati non hanno quindi un meccanismo tutto interno che impedisca la crescita irragionevole dei prezzi. Però, quando i prezzi precipitano, precipitano “a piombo”.
4. Applicazione del ragionamento
L'ascesa della borsa diventa nell'immaginario collettivo l'estrinsecazione del futuro roseo, mentre la caduta è il frutto degli avidi speculatori scopertisti. Ma non è così. Ci fossero più speculatori scoperti, che non arrivino solo alla fine della festa, quando c'è il vuoto di domanda, non ci sarebbero le bolle.
In un mercato in bolla, da un certo punto in poi, gli scettici venderanno le loro azioni agli ottimisti. Successivamente, gli investitori dormienti, vedendo i prezzi salire molto, entreranno nel mercato. Si hanno così sia gli ottimisti della prima ondata, sia gli ottimisti – gli ex dormienti - della seconda ondata. Gli scettici, quelli che hanno venduto per primi, una volta che abbiano venduto i loro titoli, non possono fare nulla, se non aspettare e vedere come va a finire. Se, invece, ci fossero molte vendite allo scoperto, ecco che gli scettici sarebbero sempre presenti nel mercato. Essi frenerebbero con le loro vendite la crescita dei prezzi, e quindi la bolla. La bolla, invece, continua in assenza di vendite scoperte, fino a quando, non arrivando la terza ondata di ottimisti, ossia arrivando il vuoto di domanda, tutto cade.
E qui tornano gli scopertisti. Se il meccanismo non fosse questo, non avremmo un andamento simile delle bolle: un'ascesa veloce che dura molto, ed una caduta repentina in poco tempo. La costanza della forma delle bolle trova una spiegazione nel meccanismo descritto.
Il mercato sempre ottimista, e quindi in ascesa perpetua, è come un sistema politico in cui hanno voce solo quelli che sono a favore del governo. L'opposizione al mercato sempre in salita è perciò quella del partito degli scopertisti, che però agiscono in ritardo.
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