Tutti celebrano la ripresa dei corsi azionari. Pochi ricordano che, nel caso degli Stati Uniti, la borsa è tornata solo al livello che aveva già raggiunto nel febbraio del 1998 (1). Pochi, ancora, ricordano che mentre si celebrano gli utili – di tanto superiori alle attese – le entrate fiscali, sempre negli Stati Uniti, sono flesse in misura marcata (2). Per andare oltre i fatti di cronaca, ci si può dedicare al vetusto esercizio di osservare le cose in prospettiva.


Al solito, e purtroppo, i dati sono relativi agli Stati Uniti soltanto. Se si prende la borsa dagli inizi del XIX secolo a oggi si ha un certo andamento; lo stesso per le obbligazioni a lungo termine. Si divide la crescita delle azioni per la crescita delle obbligazioni, in modo che, se la curva sale, la borsa va meglio; e viceversa.

Concentriamoci solo sugli ultimi decenni; i numeri terminano a marzo 2009, ma da allora sono di poco diversi. Si vede dal grafico che le obbligazioni hanno fatto meglio delle azioni dal 1929 al 1949, poi hanno dato gli stessi risultati dal 1969 al 2009. Si arguisce che le azioni hanno fatto meglio delle obbligazioni solo dal 1949 al 1969, ma hanno fatto talmente meglio che il guadagno del secondo dopoguerra è tutto concentrato in quel lasso temporale. Ecco il grafico:

http://1.bp.blogspot.com/_qFiyjwMlP0Y/SdGd7e-ENoI/AAAAAAAAAqU/RYjHTP5Yqb8/s1600-h/bonds-stocks1802.gif 

Dunque le azioni non sono state un buon investimento nel lungo termine, a meno che per lungo termine non si intenda «molti, ma molti decenni». Infatti, dal 1949 a oggi, ossia su sessant’anni, le azioni hanno sì fatto molto meglio, tuttavia il guadagno si è concentrato nel periodo 1949-1969. Da allora, le azioni hanno reso come le obbligazioni.

Tempo fa uscivano dei libri intitolati Stocks for the long run – ossia, «alla lunga si guadagna sempre». «Alla lunga» è un lasso temporale accettabile, se si parla di un paio di decenni, forse tre, quando si accumula un fondo pensione oppure se si investe nelle gestioni patrimoniali. A giudicare dai numeri mostrati sugli ultimi quarant’anni, e dal ritorno della borsa nel 2009 – peraltro aiutata da qualche «spinta» (3) – solo al livello del 1998, viene il dubbio che il titolo giusto sia Stocks for the short run.

Chi investe attendendo immobile gli eventi – un portafoglio con quote semi-fisse di azioni e obbligazioni – negli ultimi quarant’anni non ha ottenuto gran che. Possiamo dare un’etichetta a chi investe in questo modo: «erbivoro». Chi, invece, si è mosso continuamente, può aver ottenuto di più, rischiando molto. Perciò lo possiamo definire «carnivoro» (4). Nei prossimi anni sarà interessante vedere come si evolverà l’industria dei fondi pensione: continuerà a essere «erbivora» oppure diverrà più «carnivora». Per ora sembra volere restare – almeno quella inglese, la più antica – «erbivora», ma – ecco la novità – a «dieta stretta»: ossia, con meno azioni (5).

 

(1) http://3.bp.blogspot.com/_pMscxxELHEg/Snd25NNt3-I/AAAAAAAAF_Q/05NYCxsDhPM/s1600-h/SP500Aug3.jpg

(2) http://www.google.com/hostednews/ap/article/ALeqM5ibGXhJv-N7Qg6nh-nQpPOgJRTgugD99RMD200

(3) http://www.zerohedge.com/sites/default/files/PCM-A_G%20U%20T%20_of_Market_Manipulation.pdf

(4) http://www.ft.com/cms/s/0/680b46b0-18a7-11de-bec8-0000779fd2ac.html

(5) http://www.reuters.com/article/rbssFinancialServicesAndRealEstateNews/idUSL37484920090803