La riforma fiscale di Donald Trump ruota intorno al taglio delle imposte, senza che si faccia menzione di un taglio delle spese (1). Essa è quindi criticata perché – con meno entrate e le stesse spese - si alzerebbe il deficit e quindi il debito pubblico. Essa inoltre è criticata perché regressiva, ossia perché favorisce, riducendone il carico fiscale, le fasce di reddito maggiori (2).
L'idea del taglio delle imposte senza un taglio equivalente delle spese (con il taglio delle imposte che è significativo per le fasce di reddito maggiori) ha origine nella politica economica detta dell'offerta, che si contrappone alla politica economica detta della domanda. La politica economica dell'offerta sorge - come alternativa alle politiche della domanda dette keynesiane - nel periodo in cui in campo politico si imposero Margareth Thatcher e Ronald Reagan, quindi alla fine degli anni Settanta, inizi anni Ottanta.
Liberalizzando il mercato dei prodotti e del lavoro e riducendo le imposte d'impresa, si premia chi rischia e innova. Lo sviluppo economico è tanto maggiore quanto minori sono i vincoli sia nel mercato dei prodotti sia in quello del lavoro. Se non vi sono vincoli, allora le innovazioni si diffondono più facilmente, perché si hanno meno ostacoli nella diffusione dei prodotti, che, a loro volta, possono materializzarsi solo se la forza lavoro si sposta senza troppe frizioni dai vecchi ai nuovi settori Dopo qualche tempo, l'economia trascinata dall'offerta, crea più lavoro, e così anche i redditi bassi crescono. Si ottiene, infine, grazie alla maggior crescita che si ha liberalizzando il lato dell'offerta, un gettito fiscale eguale a quello precedente – quello maggiormente progressivo - pur con aliquote inferiori.
Sarebbe un errore giudicare la politica dell'offerta solo non le lenti dell'economia. In breve, questa è la critica economica maggiore: la domanda aggregata è resa stabile dall'intervento pubblico che, alzando e mantenendo elevato il livello delle spese per consumi e per investimenti, riduce l'incertezza sulla consistenza della domanda futura – incertezza che si ha quando si prendono le decisioni di investimento. La minor incertezza agisce come incentivo positivo per gli imprenditori (per investire) e per le famiglie (per consumare) (3). L'economia dell'offerta ha anche una dimensione politica non di poco momento (4). In breve, questo è il suo lato politico: il motore dello sviluppo è posto “in basso”, nell'intraprendenza del singolo imprenditore-investitore, e non “in alto”, nel governo onnisciente capace di guidare l'economia.
(Nell'economia dell'offerta così come elaborata dai “neocon” - gli intellettuali che segnarono la ripresa non di stampo conservatore dei Repubblicani - si trovano ascendenze della scuola austriaca relativamente alla impossibilità del calcolo economico centralizzato, e ascendenze sempre austriache ma schumpeteriane relativamente al processo della “distruzione creatrice”, e all'importanza della religione per legittimare il Capitalismo).
In conclusione: A) Donald Trump propone una riforma che potrebbe alzare il deficit e il debito. La riforma potrebbe passare al Congresso se e solo se tutti i Repubblicani la votassero, perché i Democratici non dovrebbero votare una riforma regressiva, ma fra i primi ci sono i cosiddetti “falchi”, quelli che non amano l'espansione del debito pubblico; B) la riforma non aiuta quelli che sono considerati i “grandi elettori” di Donald Trump, ossia la middle class delle aree economiche in affanno. Li aiuterebbe se e solo se il taglio delle imposte producesse – grazie agli “spiriti animali” che da sopiti si risvegliano - una maggior crescita in grado portare ad una maggiore occupazione e a salari più elevati.
Può essere utile rileggere le prime impressioni, quelle elaborate appena dopo l'elezione di Donald Trump (5).
1 – Sul finanziamento della riforma
https://www.ft.com/content/cc1e629c-2ac6-11e7-9ec8-168383da43b7
http://www.economist.com/blogs/graphicdetail/2017/04/taxing-timesTrump: Trump wants to cut the corporate tax rate from 35% to 15%, a change the Congressional Budget Office reckons would cost more than $2trn over the next ten years (roughly 5% of all federal revenues). On the campaign trail, Trump also proposed allowing companies to deduct the full cost of capital investments in their first year, which would cost another $600bn over the next decade. The president has said he will pay for these cuts by eliminating “most corporate tax expenditures”. But government figures suggest that repealing every corporate deduction, exemption and exclusion on the books—other than the few tax breaks he has said he would not touch—would generate roughly $126bn per year, enough to pay for less than half of Mr Trump’s proposed reforms. According to Steven Mnuchin, the treasury secretary, the administration.
2 – Sulla regressività della riforma
https://www.ft.com/content/0b427bf6-2c26-11e7-9ec8-168383da43b7
http://www.economist.com/blogs/buttonwood/2017/04/won-t-get-fooled-again: But what is also fascinating is that Mr Trump won election on the back of his populist appeal to the ordinary worker. This plan, however, will cut taxes enormously for the rich (repealing the estate, or inheritance tax) for example; moves that will presumably enrich Mr Trump's family enormously. We don't know, of course, how much he will gain because he refuses to release his tax records; meanwhile he has involved his family in government affairs, while his sons run his business. The image will be familiar to anyone who has covered Third World countries but is a new low for America.
Le imposte indirette non sono oggetto delle riforma e negli Stati Uniti sono modestissime rispetto all'Europa. La regressività cui ci si riferisce nel testo è quella delle imposte dirette. https://www.foreignaffairs.com/articles/united-states/2012-09-01/america-undertaxed?cid=int-lea&pgtype=hpg: On the surface, U.S. tax policies seem quite progressive. The individual income tax, for example, is scaled to match relative earnings, so that those who take in less income pay less in taxes and those who earn more income pay more in taxes. And as mentioned above, the United States has not implemented a VAT, which is considered regressive because lower-income households tend to spend everything they earn, meaning that the VAT takes a greater share of their earnings than it does for high-income households, which spend only part of their incomes and save the rest. But appearances can be deceiving unless fiscal policy and government spending are considered together. In Europe, regressive taxes are matched with highly redistributive states. In the United States, mildly progressive taxes are matched with a not very redistributive state.
4 – Flavio Felice, Prospettiva “neocon”: Capitalismo, democrazia, valori nel mondo unipolare, Rubettino, 2005, da pagina 121
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