Dopo anni di crescita e di ricostruzione post-bellica, le prospettive politico-economiche del Mozambico sono state drasticamente ridimensionate dal sovrapporsi di una serie di circostanze avverse
Fino a pochi anni fa il Mozambico rappresentava una vera e propria 'success story' di ricostruzione post-bellica dopo diciassette anni di guerra civile (1975-1992), ma nell'ultimo triennio le prospettive politico-economiche del Paese sono state drasticamente ridimensionate dal sovrapporsi di una serie di circostanze avverse.
Uno sguardo ad alcuni sviluppi recenti può fornire un quadro aggiornato della fase delicata che il Paese sta vivendo e delle criticità attuali.
In un contesto di crisi globale dei prezzi delle materie prime, i continui ritardi nella costruzione delle infrastrutture di supporto all'estrazione del gas nel bacino del Rovuma nel nord del Paese hanno fatto slittare la data prevista di inizio estrazione dal 2019-2020 al 2023-24, con ricadute negative sull'economia (Figura 1). A ciò si sono aggiunte difficoltà logistiche e costi annessi per il trasporto del carbone della provincia di Tete verso il porto di Nacala nell'Oceano Indiano, che hanno fatto impennare il costo del carbone mozambicano diminuendone la competitività sui mercati internazionali.
Oltre alle incertezze nel settore estrattivo, si registrano instabilità e tensione politica nelle zone centrali del Paese, dove convogli armati presumibilmente legati all'opposizione assaltano civili indiscriminatamente da sei mesi a questa parte, paralizzando le attività economiche della zona e facendo riemergere gli spettri di una pur improbabile seconda guerra civile fra Frelimo (partito al governo) e Renamo (partito d'opposizione) e scoraggiando gli investimenti stranieri e il turismo nel Paese.
Sul fronte della produzione economica nazionale, durante la stagione delle piogge appena trascorsa la siccità delle zone centro-meridionale, dovuta al Niño, e le forti alluvioni nelle province settentrionali hanno messo in ginocchio l'agricoltura nazionale (equivalente al 30% del PIL e all'80% della forza lavoro) acuendo la dipendenza dalle importazioni dal vicino Sudafrica. Importare è pero' diventato sempre più dispendioso. La moneta nazionale, il metical, ha perso il 40% sul dollaro nel 2015, e negli ultimi 12 mesi ha registrato perdite persino su un rand sudafricano in fortissimo ribasso (Figura 2). Se il Mozambico avesse una base produtiva robusta e ampia, assorbire la perdita di valore della valuta locale sarebbe relativamente facile. Ma in un'economia i cui consumi sono basati sulle importazioni, si è verificata una drastica perdita di potere d'acquisto per i mozambicani, ritrovatisi a dover far fronte a un'inflazione lievitante, in costante aumento secondo una recentissima analisi della Banca Mondiale (Figura 3), in assenza di una significativa crescita dei livelli salariali.
In questa fase già di per sè delicata, gli sviluppi delle ultime settimane rappresentano però la peggiore notizia per il Paese. Un articolo del Wall Street Journal ha portato alla luce prestiti garantiti dallo Stato per più di un miliardo di dollari mai messi a bilancio, per la creazione di imprese di sicurezza marittima e di manutenzione navale. Questi prestiti, contratti con Credit Suisse e la russa VTB, pur essendo garantiti dallo stato mozambicano, non sono mai passati al vaglio parlamentare e sono di fatto stati tenuti nascosti a FMI, Banca Mondiale e partner bilaterali che finanziano il bilancio statale (Figura 4). A ciò va aggiunto un altro 'buco' di 850 milioni di dollari, scoperto nel 2013, per finanziare lo stabilimento di un'impresa a capitale pubblico per la creazione di una flotta per la pesca del tonno e per attività di pattugliamento costiero. In totale sono dunque venuti a galla negli ultimi anni piu' di 2 miliardi di dollari di debito sovrano tenuti nascosti dal governo. La dubbia natura delle società beneficiarie dei prestiti, e l'incapacità di generare profitti significativi lasciano presagire che queste cifre siano sparite nell'oceano di flussi finanziari illeciti globali e accantonate nei conti bancari degli intermediari di questi accordi in qualche imprecisato paradiso fiscale. Secondo molti osservatori, non si può nemmeno escludere che vengano alla luce altri casi di prestiti nascosti nei prossimi mesi.
Il debito nascosto del Mozambico equivale a circa il 10% del PIL e porterà il debito complessivo del Paese a livelli prossimi all'insostenibilità, con una ratio debito pubblico/PIL che secondo alcune stime si colloca attualmente intorno all'80% e potrebbe superare il 100% entro fine anno (era inferiore al 40% nel 2011). L'onere di ripagare ricadrà sulle spalle dei mozambicani: è prevedibile un sostanziale allargamento della base fiscale così come onerosi tagli alla spesa pubblica, in un contesto nel quale la decisione di FMI, Banca Mondiale, Unione Europea e di una dozzina di donatori bilaterali di sospendere i sostanziosi programmi di aiuto al bilancio pubblico riduce drasticamente la liquidità nelle casse dello Stato. Al di là dell'impatto meramente economico, l'impressione è che aver tenuto nascosti prestiti di quest'entità alle istituzioni finanziarie internazionali e agli stessi cittadini mozambicani delegittimi forse in maniera definitiva il governo ed il partito Frelimo (al potere ininterrottamente dal 1975) sia in sede internazionale sia internamente.
Nell'immediato futuro è prevedibile un ulteriore deprezzamento del metical che renderebbe sempre più costoso importare beni per cittadini e imprese, fatto di cattivo auspicio in un'economia la cui produzione nazionale non riesce a soddisfare i consumi in nessun settore (Figura 5). In assenza di ulteriori rallentamenti nella costruzione delle infrastrutture di liquefazione del gas, nel 2023-2024 è però previsto l'inizio della tanto agognata fase di estrazione, che secondo le proiezioni di settore potrebbe rendere il Mozambico il terzo esportatore mondiale di gas. Invece di costituire la rampa di lancio verso un maggiore benessere e il coronamento di un periodo di fortissima crescita economica, a meno di clamorosi colpi di scena, i proventi del gas potrebbero servire semplicemente a dare qualche boccata d'ossigeno a un'economia che, a quel punto, potrebbe ritrovarsi alle corde.
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