L'ascesa dei mercati è a un estremo di ottimismo? Prima osserviamo i numeri che in qualche modo lo misurano. La conclusione è che siamo a un massimo di ottimismo. Discutiamo poi se quest'ultimo è giustificato. La nostra conclusione è che non lo è.

1- L'ottimismo negli Stati Uniti

Come facciamo a misurare l'ottimismo o l'auto-compiacimento? Autocompiacimento è la nostra traduzione di complacency, un termine che indica nel gergo dei mercati finanziari il compiacimento unito ad una sottovalutazione dei rischi. Prendiamo due attività che misurano il rischio.

La prima è il VIX, che è l'indice che misura le aspettative di variazione dei prezzi delle azioni in un mese. Maggiore è l'indice, maggiore è la variazione attesa (in su e in giù). Se l'indice VIX è a un livello basso, allora l'attesa prevalente è quella di una modesta variazione dei prezzi delle azioni, e viceversa. L'indice VIX oggi è a 15, un livello molto basso, che si è avuto per l'ultima volta nel 2007, prima che la crisi - per quasi tutti inattesa - emergesse. Dunque, partendo da un livello di 15, l'attesa è – tralasciando i percorsi del calcolo - una variazione dei prezzi del 4% con una probabilità del 66%.

La seconda è l'andamento delle obbligazioni private più rischiose (High Yield). Se l'economia e le imprese non vanno bene, le obbligazioni con il merito di credito peggiore dovrebbero avere dei rendimenti alti, ossia un “premio per il rischio” elevato. Il che si traduce in prezzi bassi – essendo la cedola fissa. Se, al contrario, si pensa che le cose vadano bene, ecco che il rendimento è relativamente basso, ossia il prezzo ruota intorno al valore facciale.

Come mostra il grafico nella parte superiore, abbiamo oggi negli Stati Uniti un VIX basso e un prezzo delle obbligazioni con il merito di credito peggiore alto. Negli ultimi anni, quando si aveva questo rapporto (VIX basso, prezzi alti) i mercati sono flessi, e questo lo si vede dal grafico nella parte inferiore.

http://www.zerohedge.com/sites/default/files/images/user3303/imageroot/2012/03/20120319_HY%20vs%20VIX.png

2- L'ottimismo in Europa

Che cosa è mutato in Europa da quando sono state decise le manovre di correzione dei conti in Italia ed è stata varata la manovra che consente alle banche di credito ordinario di indebitarsi con la banca centrale a un costo contenuto e inferiore a quello di molti titoli del debito pubblico (il Long Term Refinancing Operations)?

Si prendono i rendimenti dei debiti pubblici a breve e a lungo termine dell'euro-area che escludono i paesi messi peggio come la Grecia e il Portogallo, perché questi si muovo in un mondo proprio. Si confrontano i valori correnti – la seconda colonna – con i valori del momento peggiore – la terza colonna - e con i valori medi del secondo semestre dello scorso anno – la quarta colonna. Si prende anche l'andamento dei contratti che proteggono contro il fallimento dell'emittente, i Credit Default Swaps (=CDS).

A marzo 2012

Massimo 2011

Media II sem 2011

A breve

1,02%

3,56%

2,24%

A lungo

3,35%

4,62%

4,05%

CDS

245

465

160

Fonte: http://www.centroeinaudi.it/articoli/ricerche-economiacentroeinaudiit-99/1464-long-term-refinancing-operations-iii.html

Come si vede, dal momento peggiore a oggi, la caduta dei rendimenti a breve termine è stata notevole, mentre quella a lungo termine lo è stata meno, così come quella dei CDS. L' andamento può essere interpretato in questo modo. Lo scenario peggiore è rientrato (rendimenti a lunga e CDS in caduta) e le emissioni dei Tesori sono state soprattutto a breve termine con la politica di rifinanziamento della Banca Centrale che ha spinto verso le scadenze più ravvicinate. Tutto bene dunque, si sta tranquilli? Non proprio. Bisogna vedere che cosa accade in Francia fra un circa mese, quando iniziano le elezioni presidenziali. Il candidato d'opposizione vuole, infatti, ridiscutere gli accordi fiscali che portano al pareggio di bilancio.

3- Nuove informazioni e l'ottimismo

Un modo per misurare la spinta dei mercati all'insù è quello di confrontare la distanza fra i numeri attesi e i numeri effettivi. Se i numeri effettivi sono migliori di quelli attesi, allora è probabile che la borsa salga. Se i numeri effettivi sono peggiori di quelli attesi, allora è probabile che la borsa scenda.

Si prendono le previsioni sugli ordinativi dell'industria, sull'occupazione, ecc, e si vede di quanto differiscono dai numeri effettivi, quando questi sono resi pubblici. Si costruisce così un indice delle sorprese (Surprise Index). L'indice è costruito su archi temporali brevi, perché si assume che i mercati perdano memoria in fretta. L'indice non include quegli eventi che sono per definizione fuori dalle aspettative dei mercati, come gli attentati (per esempio l'attacco alle Torri Gemelle), le guerre (per esempio la chiusura dello stretto di Ormuz), ecc. L'idea è che i mercati si basino sulle informazioni attese. Se le informazioni effettive sono eguali a quelle attese, esse allora esse sono già nei prezzi e questi ultimi non si muovono. La distanza fra le informazioni attese ed effettive non è quella puntuale. La distanza che ha effetto sull'indice è quella che si discosta oltre la media delle distanze (quella che è sopra la deviazione standard delle distanze fra informazioni attese ed effettive).

Detto ciò, osserviamo quello che dice l'indice delle sorprese sugli Stati Uniti. Esso in passato si è comportato abbastanza bene nell'individuare i cambiamenti di direzione dei mercati delle azioni (se in salita, se in discesa). Oggi – il grafico è disponibile giornalmente – l'indice ci dice che da qualche tempo le informazioni che escono non sono migliori di quelle attese, anzi che sono leggermente peggiori (la curva sta, infatti, puntando al ribasso con un passo modesto). Quest'andamento non contraddice il nostro sospetto che la spinta propulsiva si stia spegnendo.

http://www.bloomberg.com/quote/CESIUSD:IND

4- E' giustificato l'ottimismo?

I motori per la crescita degli ultimi mesi sono stati l'effetto dirompente della politica monetaria europea, e la crescita dell'economia e degli utili negli Stati Uniti. Questi motori sono - a nostro avviso – diventati meno potenti, come cerchiamo di motivare di seguito. Il nostro sospetto è che oggi siamo in un mercato finanziario che non ha più – a differenza degli ultimi tempi - dei motori robusti per crescere.

In Europa senza la manovra della Banca Centrale non avremmo avuto la ripresa dei corsi delle azioni europee e delle obbligazioni italiane. La Banca Centrale Europea ha deciso di accettare allo sconto dei titoli anche di qualità non eccelsa e per un periodo lungo (tre anni). In questo modo le banche possono indebitarsi al'1% e comprare i titoli di stato che rendono molto di più. In questo modo, cade il “premio per il rischio” che si chiede nel caso dello scenario peggiore sul fronte del debito pubblico, e perciò le azioni salgono.

L'effetto scioccante della manovra della Banca Centrale Europea si esaurisce una volta che il differenziale fra il costo del denaro e il rendimento dei titoli di stato a breve si sia ridotto. Allora il premio per il rischio, che era già sceso, non scende più. Non cadendo il premio per il rischio, la borsa può salire solo se riparte l'economia, che però è floscia.

Si afferma che gli Stati Uniti, a differenza dell'Europa, crescano abbastanza. A guardar le statistiche non si direbbe. La crescita negli ultimi tempi è, infatti, trainata dalla variazione positiva del magazzino. Si dice poi che gli Stati Uniti abbiano una base fiscale enorme e non sfruttata come si potrebbe per comprimere il deficit pubblico, non molto lontano dal 10%, e quindi la crescita del debito, ormai intorno al 100%. E' vero, ma l'indecisionismo del sistema politico è molto alto. Si è avuta raramente una divaricazione così forte nei programmi fra i Democratici (che vogliono alzare le imposte) e i Repubblicani (che vogliono tagliare le spese). Si dice che le imprese statunitensi abbiano avuto la capacità di produrre dei grandi profitti. Il che è vero, ma questi profitti sono anomali, dipendendo essenzialmente da un monte salari che, negli ultimi anni, non è mai cresciuto. Non si tiene, infine, nel dovuto conto l'importanza delle politiche monetarie non ortodosse (i famigerati Quantitative Easings). Quando queste sono attuate, la borsa sale, quando si stanno esaurendo, scende.

E ultimamente non sembra che la Banca Centrale voglia metterne in opera una nuova. Dunque una crescita abbastanza moscia, degli utili già ai massimi storici, e assenza di stimoli monetari.