Sviluppiamo un ragionamento a partire dalla definizione di domanda e offerta. Domanda: la quantità richiesta dal mercato e dai consumatori di un certo bene o servizio, dato un determinato prezzo. Offerta: la quantità di un certo bene o servizio che viene messa in vendita in un dato momento a un dato prezzo. Come si può notare, le definizioni delle due fondamentali variabili economiche non contengono elementi che le distinguano dal punto di vista etico.
Sembrano indifferenti, neutre, essendo i consumatori e i produttori individui o organismi collettivi (il mercato) che da un lato esprimono una necessità e dall’altro provano a soddisfarla, entrambe apparentemente legittime e con pari dignità. Queste considerazioni sono estremamente generiche e anche discutibili, in quanto possono già alla base contenere diversi modi di considerare la natura stessa delle due variabili. La stessa definizione che abbiano utilizzato non è detto che sia la più appropriata. Ciò detto, lo spunto della nostra osservazione si concentra sulla domanda ed offerta di servizi finanziari nel tentativo di far emergere alcuni aspetti dei comportamenti individuali e collettivi quando domandiamo ed offriamo prodotti che soddisfino le esigenze in tema di intermediazione finanziaria e risparmio.
Perché questa curiosità? La nostra sensazione è che gli eventi che hanno toccato la dinamica dei mercati finanziari degli ultimi anni sembrano essere letti costantemente secondo la necessità di andare a modificare la componente dell’offerta di servizi finanziari, attribuendole una responsabilità di carattere etico che nella secca definizione accademica non sembra essere segnalata, esattamente come avviene per la domanda. Analizziamo alcune ragioni.
Offerta Colpevole
Questa prima parte del ragionamento riguarda in maniera preponderante l’offerta di gestione e amministrazione del risparmio più che l’attività di intermediazione, essendo quest’ultima determinata dai differenziali dei tassi più che dai valori assoluti degli stessi. Ciò significa che all’interno delle relazioni tra depositari, banche ed imprese il sistema di definizione dei prezzi è molto più lineare e autoregolamentato di quanto lo sia in altre tipologie di prodotti e servizi finanziari. In sostanza, il margine di interesse delle banche, vale dire il saldo tra interessi attivi incassati per i denaro prestato e gli interessi passivi pagati sui conti correnti e depositi, è un luogo dove l’incontro tra domanda e offerta sembra essere più efficiente e privo della rischiosità che si manifesta in altre aree; gli eventuali problemi sorgono perché altri luoghi di rischio obbligano le banche a ridurre l’ammontare degli attivi per rispettare richieste di requisiti patrimoniali che non sono sempre comprensibili. Quindi, l’intermediazione classica, quella delle banche territoriali, sembra uscire rafforzata dalla crisi attuale: infatti, non è oggetto delle attenzioni dei regolatori. Analogamente, il settore delle assicurazioni non sembra essere in difficoltà a causa di un anomalo e distorto ciclo dei rami danni (a parte casi di svuotamento intenzionale delle riserve tecniche…) ma, ancora una volta, per l’effetto sul conto economico e sullo stato patrimoniale del livello assoluto dei tassi.
Quindi, è il mondo delle commissioni (il c.d. margine da servizi del conto economico delle banche) e l’impatto sul rendimento delle riserve tecniche (c.d. reddito netto da investimenti del conto economico delle assicurazioni) ad essere fonte di preoccupazione ed a provocare l’indebolimento della struttura patrimoniale. Ed è in questa area che l’incontro tra domanda ed offerta diventa più complessa, dove le caratteristiche e i prezzi dei prodotti si moltiplicano in funzione delle diverse esigenze e condizioni di mercato. Su questa area si sono scaricate le pressioni commerciali maggiori derivanti dal forte calo dei tassi di interessi sperimentato nel primo lustro del terzo millennio e dove il mondo dell’offerta è chiamato maggiormente in causa. Le responsabilità dell’offerta risiedono, come ben noto, nell’aver confezionato prodotti altamente sofisticati ed incomprensibili i cui guadagni sono stati i proventi commissionali, a beneficio delle stock option, a fronte di perdite digeribili come sassi per i sottoscrittori, grandi e piccini.
La prima conclusione di questa analisi è che l’offerta è colpevole di aver generato prodotti che si sono rilevati dannosi per il mercato, in generale, e ciò rende legittimo da parte dei regolatori la richiesta di nuovi e più rigidi (ma forse non altrettanto rigorosi) vincoli patrimoniali. L’evidenza conferma senza ombra di dubbio l’opacità e rischiosità dell’intera gamma di offerta che le banche di investimento hanno generato nell’ultimo decennio. Ma senza compratori difficilmente quell’opacità avrebbe avuto spazio e consenso nella misura che oggi ancora dobbiamo, se non più misurare, sicuramente digerire. Questo aspetto è oggetto di un ragionamento successivo.
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