Riemergerà a cavallo delle elezioni europee il timore di essere invasi. Invasi dagli eteroctoni, in veste civile, non certo dagli eserciti. Tanto meno dai cosacchi che, a invasione compiuta, bivaccano in piazza San Pietro, dal momento che i cosacchi sono ucraini e, come tali, oggi nostri alleati. E dunque invasi da chi? Dai popoli proveniente da altri paesi, alcuni di altra religione, altri di costumi diversi.
Il nodo dell’immigrazione non lo si può affrontare accusando, senza troppo argomentare, chi teme l’invasione di essere uno xenofobo. Il cambiamento, la dimensione e la natura dell’afflusso di immigrati e la sua capacità di sfidare i confini etnici, è il cuore della vicenda. Proviamo a esporre le diverse argomentazioni sine ira et studio.

 Le visioni contrapposte

- C’è chi pensa l’Europa come una costruzione sostenuta dalle leggi cui le persone aderiscono liberamente. Con questo meccanismo chiunque accetti le leggi europee può essere accolto come cittadino. Chi la pensa così ha in mente una società che ha regole uguali per tutti, dove, allo stesso tempo, tutti possono seguire la propria cultura. Nella polemica corrente questo punto di vista è associato alle élite cosmopolite che vivono delle grandi città.

- C’è, invece, chi pensa l’Europa come civiltà, come un qualcosa che si manifesta non solo nelle leggi, ma anche nella storia, nella cultura, con queste ultime che formano l’identità. Essere europei significa appartenere a un luogo e non appartenere ad altri luoghi. Questo è un problema per chi, immigrato, può sentirsi europeo per effetto della condivisione delle leggi, ma non per radicamento culturale. Chi la pensa così ha in mente una società che non potrà mai integrarsi del tutto, perché oltre alle regole condivise vi sono altre determinanti per una vita in comune che sia priva di frizioni. Nella polemica questo punto di vista è associato al Populismo presente in grado diverso in tutti i paesi dove, in particolare, si combina frequentemente con le credenze di chi non abita nei centri delle grandi città e non svolge un lavoro da élite.

- Abbiamo, per complicare, il mutamento demografico, da intendere come la contrazione della popolazione in Europa ed esplosione in Africa e, in minor misura, in Medio Oriente. Gli autoctoni fanno figli in un numero insufficiente per riprodurre la propria popolazione. Gli eteroctoni fanno figli in un numero maggiore di quello necessario per riprodurre la propria popolazione. Il combinato effetto delle due demografie e dell’integrazione degli eteroctoni accresce il numero di “meticci”, un fenomeno che si è più volte manifestato nella storia. Per i cosmopoliti il meticciato può non essere un problema per gli altri sembra esserlo. Da qui il timore della “sostituzione etnica
(Per chi fosse interessato all’approfondimento del retroterra culturale, quello “laico” lo si trova in Luciano Pellicani, Le radici pagane dell’Europa, quello “religioso” in Sante Lesti, Il mito delle radici cristiane dell’Europa).

Il politicamente scorretto

Thomas Sowell nel libro Migrations and Cultures cerca di capire che cosa ha reso prosperi gli immigrati. Molte comunità di immigrati hanno, infatti, fatto del bene a se stesse e hanno contribuito allo sviluppo economico dei paesi in cui si sono stabilite. Gli elementi del successo di queste comunità emigrate, dagli europei nelle Americhe, agli indiani in Africa, ai cinesi in Asia, sono stati il capitale umano, ossia l’istruzione e le competenze, e il capitale culturale, ossia l'assunzione di rischi, l'autosufficienza, le abitudini lavorative e la preoccupazione per il futuro dei figli. Con il proprio capitale umano e culturale i migranti portarono le culture dei loro paesi d'origine.

Queste comunità di successo, che hanno agito soprattutto negli ultimi due secoli, si sono sviluppate senza generare costi per chi li accoglieva. Allora, non si avevano gli “Stati sociali”, e quindi gli immigrati non potevano che cercare delle soluzioni in proprio per la sanità, l’istruzione, e le pensioni (il punto sarà ripreso).
L’argomentazione qui esposta è considerata “politicamente scorretta”, perché mostra che l’immigrazione funziona tanto meglio quanto più chi è accolto è dotato di capitale umano e culturale. Ciò che non è vero per i tutti i flussi di migranti. E funziona tanto meglio quanto minori sono i costi di chi accoglie l’immigrazione.

Fonte: International Organization for Migration (IOM), 2024

Il politicamente corretto

I migranti nel mondo sono oggi quasi trecento milioni. Calcolando che ogni migrante abbia a carico una famiglia di quattro persone, si ha che oltre un miliardo di persone vive di immigrazione diretta nei paesi dove si insedia e indiretta con le rimesse verso i paesi di origine (questi sono gli immigrati trans frontalieri).

Se contiamo le immigrazioni dalle campagne alle città, il fenomeno maggiore perché la modernizzazione economica abbia successo, dobbiamo aggiungere altri ottocento milioni. A questi immigrati, come prima, aggiungiamo i quattro familiari standard e arriviamo a più di tre miliardi di persone. Le immigrazioni dei due tipi hanno mosso negli ultimi decenni circa quattro miliardi di persone, la metà della popolazione mondiale.

C’è chi sostiene che i lavoratori migranti avvantaggiano i paesi sia ricchi sia poveri. Nel primo caso, contribuiscono allo sviluppo economico dei paesi ricchi offrendo lavoratori a basso costo, nel secondo, nel caso dei paesi di origine, attraverso le rimesse, che ammontano ogni anno a molte centinaia di miliardi di euro. Non solo, gli immigrati che si formano nei paesi ricchi possono un giorno tornare, ormai  molto più qualificati, avendo avuto a che fare con le tecnologie moderne, in quelli poveri.

Le rimesse giocano un ruolo importante nella modernizzazione. Sono, infatti, una fonte significativa del finanziamento della vita privata delle famiglie rimaste nel paese di origine. Allo stesso tempo, le rimesse sono un reddito che è indipendente dal volere dell’autocrate locale. Non solo, ma le rimesse degli immigrati, come fonte non modesta di finanziamento, consentono ai governi e al sistema finanziario dei paesi ricchi di essere meno coinvolti nel finanziamento di quelli poveri.

La logica economica dell'ondata migratoria

Si può misurare la differenza fra gli svedesi ricchi e quelli poveri, così come quella fra i congolesi ricchi e quelli poveri: si ha così la differenza fra le classi di reddito all'interno di un Paese. Si può anche immaginare la differenza fra lo svedese medio ed il congolese medio: si ha così la differenza per luogo di nascita. Quale delle differenze conta per davvero?

La notevole differenza fra il reddito medio della Svezia e quello del Congo esiste fin dalla nascita. Possiamo chiamare questa differenza "rendita di cittadinanza". Una differenza che dipende dalla fortuna. E', infatti, molto difficile pensare che - quando aspettavamo sulla nuvola l'arrivo della cicogna – conoscessimo la risposta giusta: vogliamo nascere in Svezia!

Facendo i conti – il reddito pro capite a parità di potere d'acquisto espresso in dollari – si scopre che lo svedese medio ha un reddito che è pari al triplo di quello del congolese medio. Il risultato cambia se si mettono a confronto gli svedesi poveri con i congolesi poveri. Il reddito dello svedese povero si avvicina a quattro volte quello del congolese povero.

Fatta la premessa, arriviamo al dunque, partendo da un esempio: gli statunitensi ricchi sono più ricchi degli svedesi ricchi, ma gli statunitensi poveri sono più poveri degli svedesi poveri. Un congolese che emigra in Svezia e resta povero può avere un reddito che è quattro volte quello del paese che abbandona. Il congolese che va negli Stati Uniti rischia di avere un reddito eguale a quello dei poveri statunitensi, che è sempre meglio di quello di quello dei congolesi poveri, ma è inferiore a quello degli svedesi poveri.

Segue che, se è avverso al rischio, emigra in Svezia. Segue che, se è propenso al rischio, emigra negli Stati Uniti. Detto con più precisione, se uno ha un basso grado di istruzione, e se l'istruzione è all'origine dell'ascesa sociale, ecco che sceglierà la Svezia, perché può aumentare il suo reddito senza rischiare troppo. Se, invece, ha un alto grado di istruzione, e se l'istruzione è all'origine dell'ascesa sociale, ecco che sceglierà gli Stati Uniti, perché può aumentare il suo reddito rischiando molto.

L'emigrazione a bassa istruzione andrà così verso i paesi con stati sociali diffusi, mentre quella ad alta istruzione verso i paesi con alta mobilità sociale. Che è proprio quel che sta avvenendo. Si potrebbe contro-argomentare ricordando che in Svezia la mobilità sociale – il reddito dei figli nati poveri rispetto a quello dei genitori – è maggiore che negli Stati Uniti. E dunque che chiunque – dotato o meno di una istruzione elevata - abbia interesse a migrare in Svezia.

Gli sbarchi di migranti in Italia

Un semplice modello economico

Contrasta con la visione negativa dell’invasione di altri popoli la visione positiva che è, forse non per caso, di natura economica. Quest’ultima sostiene che, grazie all’invasione di una popolazione giovane, si possa ottenere un miglior andamento dell’economia in generale e del sistema pensionistico in particolare, perché gli emigrati sono giovani e quindi versano i contributi pensionistici ma li ricevono decenni dopo.

Come si ottiene un miglior andamento economico grazie all’immigrazione?
1 - Partendo dall’ipotesi che gli emigrati, almeno all’inizio, siano in grande maggioranza in età da lavoro,
e assumendo inoltre che 2 - Non vi sia alcuna variazione nella produttività media per lavoratore autoctono o eteroctono. Ossia, che, in media, il livello di istruzione e di apprendimento si equivalgano, e assumendo ancora che: 3 - Coloro che sono in età lavorativa paghino le imposte mentre non ricevono le pensioni.
A quest’ultima ipotesi se ne aggiunge una ulteriore: 4 - Assente un ricongiungimento famigliare che sia di massa, le famiglie degli immigrati, proprio perché poco numerose, non ricevono significativi e costosi servizi ospedalieri e scolastici da parte pubblica.

Si ricava dalle assunzioni che l’economia cresce più o meno a seconda di quanti immigrati sono accolti (si intende che siano regolari). Cruciale perché questa previsione economica abbia un qualche valore è che le assunzioni di cui sopra siano in gran parte valide. Non tutte, a ben guardare, lo sono.

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