La diffusione nelle città italiane della sharing mobility ha come obiettivo futuro una maggiore efficienza nel consumo di risorse, nelle emissioni e nell’inclusione sociale

Car-sharing, Bike-sharing, Scooter-sharing, Car-pooling, Journey planner (servizi digitali di pianificazione degli spostamenti con il Trasporto Pubblico Locale), E-hail (servizi digitali per la prenotazione di taxi) sono tutti strumenti di Sharing mobility, un termine anglosassone di rapidissima diffusione che significa “condivisione dei servizi di mobilità”, un approccio alla mobilità delle persone fondato su pratiche condivise e rispettose dell’ambiente.

Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, si tratta di un settore in crescita molto elevata (ad un tasso medio del 12% dal 2015 al 2018 ), grazie all’aumentato numero dei veicoli (46.088 nel 2018 - Figura 1 - più del doppio degli oltre 19.600 del 2015) dei servizi (363 registrati nel 2018, 100 in più rispetto al 2015 - Figura 2) e delle città in cui è possibile accedere ai servizi digitali per la pianificazione degli spostamenti (271 Comuni italiani, pressoché tutti di dimensioni grandi o medio-grandi, hanno almeno un servizio accessibile). Il 57% dell’offerta si trova al Nord (Figura 3) e solo il 13 per cento al Sud. Gli utenti dei servizi innovativi di mobilità sono risultati pari a 5,2 milioni e sono aumentati del 24% nell’2018.,
Sempre nel 2018, complessivamente sono stati effettuati 35 milioni di tragitti (il 26% in più rispetto all’anno precedente o e il doppio rispetto al 2015). Il miglioramento in atto nel settore Sharing mobility non è solo quantitativo: sostanziali incrementi si registrano anche per quanto riguarda la qualità dei servizi offerti, soprattutto dal punto di vista della sostenibilità ambientale. I veicoli elettrici a disposizione degli utenti nell’ultimo anno sono infatti pari al 43% del totale (erano il 27% nel 2017 - Figura 4), inoltre le nuove soluzioni sono più maneggevoli ( il peso medio è diminuioa del 17% rispetto al 2015 - Figura 5).

SISTEMI DI MOBILITA’ A CONFRONTO -  Insomma, secondo una tendenza diffusa in tutti i paesi avanzati – e non solo – anche in Italia si assiste a quello che, nel linguaggio dei tecnici, vene spesso chiamato “sistema di mobilità non proprietaria”. Perché?
Il ricorso ad un tipo di mobilità proprietaria è sostenuto secondo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile da quattro variabili sostanzialmente utilitaristiche (Accessibilità, Disponibilità, Continuità, Versatilità). Oggi disponiamo infatti di automobili dalle performance sempre migliori, di infrastrutture stradali in espansione e di reti di rifornimento sempre più capillari; inoltre la progressiva dispersione delle attività sul territorio e l’espandersi delle aree urbane comportano un uso regolare delle automobili. Con un mezzo proprio è possibile svincolarsi dagli orari, dai cambi, dalle fermate obbligate, a prescindere dalla durata e dalla finalità dello spostamento (utilizzabile sia per tragitti brevi che lunghi e per esigenze di lavoro o di svago.


Tuttavia, per spostarsi esistono molteplici modalità di trasporto alternative anche non proprietarie, in cui i servizi (Figura 6) sono offerti lungo un itinerario e un orario prestabilito a guida vincolata (come il treno e l’autobus) oppure su richiesta (come il taxi). Quando la mobilità è condivisa, usualmente si distingue tra modalità Vehicle-sharing (in cui si condivide il veicolo, quale sia il tipo, di altri e si procede autonomamente alla guida) o Ride-sharing (quando si è di fatto passeggeri a pagamento di un veicolo guidato da altri).
Le piattaforme digitali consentono l’uso di questi servizi di carattere molto innovativo, di erogare, cioè, un servizio a una pluralità di soggetti in sequenza (come nel Car-sharing) ma anche in parallelo (come nel Car-pooling, cioè nell'auto condivisa), e consentendo una continua adattabilità. La rete attiva inoltre forme di collaborazione anche inedite, come la formazione di “comunità di utenti” con  elementi di riconoscibilità e reputazione (potendo valutare la qualità dei servizi o essere valutati come utenti), e consente l’aumento del tasso di riempimento dei veicoli e garantisce semplicità d’utilizzo (user friendly).
Alla luce di tutto ciò, i punti di forza dei servizi di Sharing mobility individuati dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile sono cinque:
la Reticolarità: le piattaforme digitali permettono di creare relazioni e scambi oltre i confini fisici, in modo più veloce ed efficace.
L’Interattività: attraverso le piattaforme digitali gli utenti dei servizi di sharing mobility non solo hanno la possibilità di fruire ma anche di creare/modificare il servizio offerto
La Collaborazione: la formazione di una rete attiva molteplici forme di collaborazione oltre a pratiche di coordinamento tra individui, sino a oggi inedite
Lo Sfruttamento:della capacità residua: i servizi di sharing mobility sono caratterizzati dalla capacità di sfruttare la capacità residua rispetto a un uso personale e esclusivo di un veicolo di proprietà.
La Ludicità: i servizi di sharing mobility sono concepiti per garantire un’esperienza d’uso improntata non solo alla semplicità d’utilizzo (user friendly) ma anche al gioco e al divertimento
Anche l’aspetto economico ha un peso non trascurabile. In caso di Vehicle-sharing, infatti integrando nell’offerta la capacità e l’attività di guida dell’utente si “risparmia” sul personale dedicato (conducenti o addetti) e i prezzi risultano più competitivi. In caso di Ride-sharing, poi le moltiplicate possibilità d’incontro tra domanda e offerta riducono i costi unitari di viaggio.

OPPORTUNITÀ FUTURE - Ad oggi, il numero di Comuni serviti da forme di mobilità condivisa è solo pari al 3% e meno di una persona su dieci sceglie una forma di Sharing mobility. Inoltre, secondo il Terzo Rapporto Nazionale sulla Sharing mobility 2018, oltre il 70% degli iscritti ai servizi condivisi per soddisfare le esigenze di spostamento sono uomini e il 66% si colloca mediamente nella fascia di età tra i 30 e i 39 anni (le soluzioni "elettriche" sono invece preferite da due utenti su tre tra i più giovani, dai 18 ai 29 anni); l’utilizzo risulta prevalente nel corso dei giorni feriali (fino all’80%) e nell’orario lavorativo (27%).
Da ciò si vede quanto siano ampi gli spazi di ulteriore espansione. Ad esempio una soluzione promettente appare l’integrazione tra servizi diversi, che è possibile grazie alle nuove tecnologie digitali: ciò può avvenire sia lungo l’itinerario (in logiche di inter-modalità o combinate, in cui i servizi di sharing mobility rappresentano um miglioramento nel cosiddetto "primo e ultimo miglio") che nell’arco di tempo (in logiche di multi-modalità). Ampliando il ventaglio dei servizi attivi si permetterà agli utenti di utilizzare volta per volta la soluzione più conveniente a seconda delle specifiche esigenze che si intende soddisfare al momento.
Anche le imprese possono partecipare alla promozione dei servizi di mobilità condivisa, ad esempio progettando piani che incentivino le soluzioni di Car-pooling, a oggi formula preferita dalle donne (il 43%) e dai giovani (il 50% degli iscritti ha meno di 30 anni), per tratte tra i 26 e i 50 chilometri (37% dei casi). Tuttavia, con opportuni incentivi (come ad esempio parcheggi gratuiti e buoni acquisto) è possibile incrementare la platea degli utilizzatori.

VANTAGGI AMBIENTALI, SOCIALI ED ECONOMICI - Lo studio dell’uso crescente della Sharing mobility nelle città italiane può rappresentare un’opportunità importante per l’organizzazione della mobilità urbana e quindi per la pianificazione strategica di politici e amministratori pubblici. La progressiva sostituzione delle preferenze per il possesso individuale ed esclusivo dei mezzi di trasporto con le varie forme della loro condivisione rende realizzabile l’obiettivo futuro di una mobilità efficiente nel consumo di risorse, nelle emissioni e nell’inclusione sociale.
Una sperimentazione condotta dall’OCSE - ITF (2016), Shared Mobility: Innovation for Liveable Cities, ITF (2017), Shared Mobility Simulations for Helsinki e ITF (2017), Shared Mobility Simulations for Auckland - ha mostrato che, sostituendo il trasporto motorizzato con tre diversi servizi di Sharing mobility, è possibile eliminare la congestione stradale, ridurre di un terzo le emissioni di CO2 e diminuire la necessità di parcheggio pubblico del 95%. Infatti, anche se nella simulazione i veicoli condivisi hanno percorso dieci volte più chilometri degli equivalenti privati, il numero totale delle percorrenze nelle ore di punta si è ridotto del 37%. Inoltre, con percorrenze aumentate, il ciclo di vita dei veicoli si riduce e ciò consente un ingresso più rapido delle opzioni elettriche nel parco auto. In più, l’OCSE ha rilevato che la Sharing mobility garantisce una maggiore equità, perché le disparità sociali nel raggiungere scuole e servizi sanitari sono fortemente ridotte o annullate (il costo di uno spostamento urbano si riduce del 50% grazie all’utilizzo di forme di mobilità condivisa). Infine, gli spazi precedentemente adibiti a parcheggi potrebbero venire riconvertiti in strutture (come i parchi) che aumentano la qualità della vita della comunità.
Perché tutto ciò sia possibile, è necessario azionare molte molte leve . Secondo il già citato Rapporto Nazionale sulle Sharing mobility tra le linee prioritarie di intervento si collocano anzitutto la rimozione degli ostacoli all’operatività, dovuti principalmete all'assenza o incompletezza di un quadro normativo di riferimento, e la regolazione dell’uso degli spazi pubblici e delle sedi stradali e quindi una netta garanzia di vantaggi competitivi ai servizi di Sharing mobility nonché la definizione di regole minime ma uniformi a livello nazionale.