Che cosa è esattamente il Mes? Si tratta di una istituzione europea di carattere finanziario. Si tratta di una istituzione partecipata dagli Stati europei partecipanti alla Bce, non un organismo sovranazionale, con quote capitali esattamente pari a quelle nella banca. Pertanto, il capitale sottoscritto è pari a 704 e l’Italia, con 125,3 miliardi (il 17,7% del totale) è il terzo Paese sottoscrittore più importante, dopo Germania e Francia.
L’organo decisionale maggiore è il Consiglio dei Governatori, che comprende tutti i ministri delle Finanze dei paesi partecipanti. Che in queste ore peraltro sono riuniti a Santiago de Compostela per il vertice Ecofin, con al centro il nuovo patto di stabilità. Per l’Italia siede il ministro Giancarlo Giorgetti. Come si vede, il Mes non è una cieca burocrazia, ma è sottoposto a un controllo politico diretto.
A cosa serve il capitale del Mes? Non serve a prevenire le crisi finanziarie di natura fiscale (per questo c’è il patto di stabilità – e crescita, in fase di imminente revisione). Non serve neppure a risolvere le crisi sistemiche che coinvolgono tutta la finanza dell’Unione, come durante la Pandemia. In quel caso, ossia quando tutti hanno bisogno di aiuto, non c’è che il rubinetto degli euro nelle mani della Banca Centrale. Invece il Mes eroga convenienti linee di credito, e lo fa a chi le richiede (non è obbligatorio l’uso, anche se in origine alcuni strumenti della Bce erano condizionati ad avere chiesto una linea di credito al Mes).
Il Mes serve ad evitare che una crisi di un singolo Stato, imprevista, o prevista ma resa inevitabile da varie contingenze, possa essere causa di contagio al resto del sistema, potendo intervenire sulla parte sollecitata. Serve anche in caso di crisi settoriali, o crisi bancarie locali, per l’appunto per evitare che per contagio diventino sistemiche. Questa limitazione è importante perché colloca il Mes nell’ambito dei rimedi non punitivi di un dissesto finanziario parziale nell’Unione. Il Mes non interviene quando la mela è marcia, ma quando è bacata, per evitare che marcisca. In questo senso è utile e necessario.
Chi vi è già ricorso
In quali casi è stato già utilizzato il Mes? Cinque volte, da Grecia, Portogallo, Irlanda, Cipro e Spagna, tutti Paesi che per un verso o per l’altro ne ebbero bisogno. Le linee di credito (volontarie) sortirono l’effetto di mantenere a quei Paesi l’accesso al mercato dei capitali a condizioni accettabili o a farglielo riguadagnare in un certo arco di tempo. Quindi, accedere al Mes migliora e non peggiora il merito creditizio di chi lo riceve, senza “stigma” di sorta. Peraltro, le risorse imprestate dal Mes, essendo raccolte con obbligazioni da esso emesse, a tripla A perché garantite dal suo capitale, sono assai poco costose e sono girate ai richiedenti gravate di una fee di collocamento di 50 bps ma senza spread, quindi i paesi in difficoltà che ricevono i soldi li pagano come se fossero tripla A (e si abbassa per conseguenza anche il costo del capitale del restante debito).
Ci sono delle condizioni da rispettare? Dipende dalla richiesta. La linea di credito preventiva Pccl non richiede una condizionalità, mentre la linea di credito potenziata, Enhanced Conditions Credit Line (Eccl), nell’ipotesi di non avere le caratteristiche di accedere alla prima, richiede in effetti la sottoscrizione di un Memorandum of Understending con l’impegno del paese debitore di rientrare nei requisiti normali. Alla Spagna per esempio che chiese 41,3 miliardi nel 2012 per sistemare la sua crisi bancaria non venne richiesto alcun aggiustamento, mentre agli altri paesi sì ed è stato un bene che fosse così.
I Paesi possono farne a meno
Se ne potrebbe fare a meno? I Paesi potrebbero farne a meno senz’altro, se accettassero una maggiore probabilità di perdere l’accesso al mercato dei capitali, una maggiore probabilità di essere coinvolti in crisi finanziarie di altri paesi, e non solo di restare coinvolti da crisi finanziarie nazionali. Chi non dovrebbe farne a meno, in sostanza, sono l’Europa e il suo interesse comune. In particolare non dovrebbe farne a meno l’Euro, moneta che ha un banchiere unico, ma non un bilancio fiscale unico.
Quale è il principale punto del Mes che viene toccato dalla riforma? Si tratta del “common backstop”. Si tratta di una garanzia in più per fermare eventuali crisi bancarie a catena. Qualora il fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie, finanziato dal sistema bancario e non dagli Stati, esaurisse le risorse nei suoi interventi, il Mes potrebbe agire da prestatore di ultima istanza in modo da consentire al fondo di completare le operazioni, senza diffondere panico sui mercati. Ovviamente, essendo i fondi erogati dal Mes a un organismo sovranazionale, nessun paese sarebbe soggetto a vincoli e condizionalità.
La ratifica del Mes dunque parrebbe un atto assolutamente ragionevole. L'Italia non l'ha ancora fatto. E’ possibile che sia stata tardata per legarla alla modifica del Patto di stabilità e crescita, ma poiché l’Italia è un paese che apprezzerebbe un Patto più flessibile, dovrebbe essa stessa mostrare flessibilità, perché gli irrigidimenti alla fine producono irrigidimenti, i quali evidentemente non ci convengono.
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