Tempo fa un signore mi chiese se conoscevo l’origine del sistema bancario svizzero. Gli risposi che ne sapevo nulla. E così mi raccontò questa storia.

Secoli fa gli svizzeri che facevano i mercenari chiedevano ai signori presso cui erano a servizio se volevano stipare le proprie ricchezze in un posto sicuro, dove il loro stesso clan avrebbe provveduto alla protezione. I signori cominciarono così a portare le proprie ricchezze fra le montagne inaccessibili della Svizzera. La garanzia che i loro beni non sarebbero stati toccati era duplice: 1) la Svizzera non si sarebbe mai schierata con nessuno – e dunque non avrebbe mai avuto una politica estera; 2) la Svizzera non poteva essere invasa, perché dotata di un sistema difensivo molto potente chiuso fra le montagne. La storia narratami non so se sia vera, ma è verosimile. Da allora e per secoli, ma con una forte accelerazione nel secolo scorso, in Svizzera sono arrivati i denari dei danarosi.

Un conto è nascondere un lingotto d’oro o un quadro d’autore, altro conto è nascondere una grande quantità di denaro. Chi abbia portato i propri denari in Svizzera non può pensare di investire in sole attività svizzere. La Borsa e il debito pubblico svizzero sono, infatti, poca cosa rispetto al denaro che arriva nel paese. Denaro che è, infatti, investito soprattutto in attività estere. Dunque, non è al sicuro solo perché è in Svizzera, è investito altrove, dove il rischio/rendimento è quello normale. Se porto i soldi in Svizzera e questi mi comprano un’obbligazione privata statunitense, ecco che mi trovo esposto sul mercato e sull’economia statunitense, ma da un conto svizzero.

Allora, la vera sicurezza in Svizzera si ha se: 1) la ricchezza è in forma fisica – come i lingotti e le opere d’arte; 2) si ha qualcosa da nascondere, per esempio si è stati membri del partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi oppure si è esponenti di un cartello colombiano, eccetera. Altrimenti, si è esposti ai mercati finanziari mondiali proprio come avviene se si hanno i propri denari depositati da altre parti. Ciò nonostante, sopravvive il mito della Svizzera come porto sicuro.

Si prenda il cambio del franco svizzero verso l’euro negli ultimi anni. Non si è mai mosso – salvo una scossa leggera ai tempi delle Due Torri – fino al 2008. Da allora ha cominciato a muoversi in maniera violenta, con una accelerazione ancora più violenta negli ultimi due anni (1). Il cambio passa da 1,6 franchi per euro fino a 1,1 franchi per euro, una rivalutazione del 40% circa in quattro anni circa. Uno vende le attività in euro, con i quali compra dei franchi apprezzati, con i quali compra attività finanziarie in un euro deprezzato. (Ricordiamo che la Svizzera non ha un mercato finanziario sufficientemente grande, per cui da quel paese si comprano attività di altri paesi.) È perciò egualmente esposto sui mercati europei. Lo stesso ragionamento vale per uno statunitense.

La sicurezza che si aveva portando in Svizzera i lingotti e nascondendo un’identità imbarazzante, non si ha più. Eppure si va in Svizzera lo stesso. Si potrebbe osservare che così si nascondono i propri denari dal fisco rapace. Di patrimoniali, però, oggi non si ha evidenza. Ammettiamo che possa esserci una patrimoniale pari al 10% dei beni mobili. Si mette in piedi un tale movimento per un 10%? L’unica spiegazione è che c’è chi sconta gli scenari apocalittici – l’euro salta, l’Europa va in recessione, eccetera. Ma, se si va in Svizzera, dalla quale peraltro si rientra negli scenari apocalittici attraverso i mercati finanziari mondiali, non si è risolto il problema.

Si potrebbe, messi alle strette, obiettare che si comprano franchi solo per tenerli sul conto. Bene, ma se lo scenario apocalittico non si manifesta, e il franco torna a 1,6, chi lo ha fatto si è «auto-impoverito» di quasi il 50% (e anche con una patrimoniale, di cui peraltro non si ha evidenza, del 10% che risolvesse i problemi dell’economia e della finanza, con il cambio che torna a 1,6 avrebbe perso lo stesso la differenza fra il 50 e il 10%).

(1) http://www.centroeinaudi.it/il-progetto-1/notizie-economiacentroeinaudiit-97/1244-nervo-gramma.html

 

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