Con i rendimenti delle obbligazioni emesse dai Tesori intorno al 2% - in assenza di “premio per il rischio” - il rapporto fra la capitalizzazione di borsa e gli utili dovrebbe essere pari a 50 volte. Infatti, se sconto un flusso permanente di 100 euro di utili al 2% ho un capitale di 5000 euro. Alternativamente, un capitale di 5000 mila euro scontato al 2% mi da un flusso di reddito di 100 euro. Il rapporto effettivo fra capitalizzazione di borsa è utili è invece di 20 volte, il che significa che il fattore di sconto è il 5%. La differenza fra il 5% di sconto effettivo e il 2% di sconto che si avrebbe “in astratto” è il “premio per il rischio”.
Quando le obbligazioni rendevano il 5% il rapporto fra capitalizzazione e utili era però sempre intorno alle 20 volte – e dunque il “premio per il rischio” era pari a zero. La conclusione è che, se anche le obbligazioni tendessero verso un rendimento del 5%, le azioni potrebbero non flettere, perché il “premio per il rischio” verrebbe annullato. E dunque, con la fine delle politiche monetarie ultra espansive, si avrebbe una caduta dei prezzi delle obbligazioni, e un'invarianza dei prezzi delle azioni. O meglio, le azioni potrebbero salire lo stesso per effetto della crescita degli utili.
Il grafico mostra il punto per gli Stati Uniti: il rendimento delle azioni – pari agli utili (non ai dividendi) sulla capitalizzazione – è la linea azzurra. Il rendimento delle obbligazioni è la linea rossa. Il “premio per il rischio” è la differenza fra le due linee ed è quella verde.
Tutto bene quindi? Si dovrebbero preoccupare dell'uscita dalle politiche monetarie ultra espansive solo gli investitori in obbligazioni? Si, se la distribuzione del reddito fosse normale e non anomala. Si è, infatti, avuta una gran caduta della quota dei salari sul reddito nazionale. Coma mostra il grafico, oltre il 5% del (maggior) reddito nazionale è passato dai salari ai profitti. Questo non è un fenomeno solo statunitense, perché lo si è avuto dappertutto.
Facendo dei conti, se non si fosse avuta questa redistribuzione, i profitti lordi sarebbero inferiori di un terzo. Quelli netti, dopo gli ammortamenti e le imposte, ancora di più, circa la metà. Altrimenti detto, il rapporto fra capitalizzazione e utili, tutto il resto essendo eguale, sarebbe il doppio, ossia ben 40 volte. Dunque le azioni, a differenza delle obbligazioni, possono non risentire della fine delle politiche monetarie ultra espansive soltanto se la distribuzione del reddito rimane in linea con quella degli ultimi anni. Un fenomeno già segnalato, ma che ora potrebbe essere oggetto di un intenso dibattito.
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