Per consumare meno energia, le autorità della Repubblica islamica chiudono per ferie. Per il terzo giorno consecutivo, lunedì 16 dicembre in Iran scuole e uffici sono rimasti chiusi per mancanza di carburante. I media iraniani e del resto del Medio Oriente hanno riferito che diverse centrali elettriche in Iran sono state chiuse a causa della carenza di carburante, aggravata da un'ondata di freddo che sta mettendo a dura prova le forniture energetiche. L'Iran è un gigante dell'energia, ma la rete elettrica soffre per la mancanza di investimenti nelle infrastrutture. Soprattutto a causa delle sanzioni occidentali, ma anche per l’enorme dispendio di risorse nei confronti di Hamas, degli Hezbollah libanesi e della Siria. Nel caso di Damasco, i finanziamenti convogliati sono stimati tra i 30 e i 50 miliardi di dollari nel periodo compreso tra le proteste del 2011 e la caduta del regime di Assad.
La carenza di carburante e i conseguenti razionamenti delle ultime settimane preoccupano l’opinione pubblica iraniana ancor più della stretta draconiana sul velo, momentaneamente rinviata a causa delle proteste e della consapevolezza, da parte del presidente iraniano Pezeshkian, che una simile misura legislativa sarebbe stata controproducente per la religione e per la sopravvivenza della Repubblica islamica .
Consumo e produzione di elttricità in Iran (GW)
L'incognita Siria
Con la caduta di Assad, l’Iran perde un alleato fondamentale e le conseguenze si fanno sentire anche dal punto di vista finanziario perché lo scorso fine settimana la valuta locale, ha toccato il minimo storico: per comprare un dollaro servono ora 760.000 rial. Per un confronto, in occasione dell’insediamento del neopresidente Masoud Pezeshkian lo scorso 30 luglio, il cambio era di un dollaro contro 584.000 rial. Nei quattro anni di Trump alla Casa Bianca la valuta iraniana aveva perso l’80 percento del suo valore. E nel 2015, in occasione della firma dell’accordo nucleare con i 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania) erano sufficienti 32.000 rial per acquistare un dollaro.
La diplomazia di Teheran sta comunque cercando di fare buon viso a cattivo gioco, muovendo i primi passi per stringere rapporti con la nuova dirigenza a Damasco dopo la presa di potere da parte dei miliziani di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), ovvero l’Organizzazione per la liberazione del Levante. In un’intervista rilasciata lo scorso 10 dicembre, il vice-presidente ed ex ministro degli Esteri iraniano Mohammad-Javad Zarif ha dichiarato che Teheran «è pronta a stabilire buone relazioni con il prossimo governo siriano, ribadendo come l’Iran abbia sempre difeso la Siria dall’Isis, una minaccia persistente».
Le prime fasi della rivolta sono state in realtà piuttosto traumatiche, con l’ambasciata della Repubblica islamica a Damasco saccheggiata da un gruppo di ribelli siriani, dopo che i diplomatici e il personale amministrativo e militare avevano lasciato la Siria in fretta e furia, sorpresi dal precipitare degli eventi.
Con la caduta di Assad viene meno la via per portare rifornimenti agli Hezbollah libanesi. E viene meno l’asse della resistenza, perché le milizie irachene si sono rifiutate di intervenire in Siria per andare in aiuto agli Assad, mentre gli Huthi yemeniti hanno una loro agenda e sono geograficamente lontani da Teheran. La caduta di Assad rimescola le carte in Medio Oriente e obbliga la leadership di Teheran a ridefinire la propria politica di sicurezza. Per questo, la leadership iraniana potrebbe anche decidere di accelerare l’acquisizione dell’arma nucleare, in funzione difensiva.
La presa di potere a Damasco da parte del jihadista Mohammad al-Jawlani, definito dal Tehran Times «un terrorista diventato un’arma dell’Occidente contro l’Iran», rappresenta la vittoria delle milizie sunnite di matrice salafita che considerano eretici i musulmani sciiti, e quindi la maggior parte degli iraniani. Questo aspetto, religioso, non è cosa dappoco nella gestione dei rapporti tra Damasco e Teheran.
I timori degli Sciiti
Ora, una breve digressione teologica. Oltre a Dio, gli sciiti venerano infatti i dodici Imam, ritenuti i soli legittimi successori del profeta Maometto. Per gli sciiti gli Imam sono considerati infallibili, laddove invece il Profeta era soltanto un uomo che poteva commettere errori. Oltre ai dodici Imam, gli sciiti venerano anche i loro famigliari. È il caso di Masoumeh, sorella dell’Imam Reza (a lui, l’ottavo Imam, è dedicato il mausoleo di Mashad (Iran nordorientale) sepolta nella città santa di Qom, a sud di Teheran.
Un altro personaggio femminile sacro ai musulmani sciiti è Sayyidah Zaynab, sorellastra di Hossein (nipote di Maometto e terzo Imam per gli sciiti). In occasione del massacro di Kerbela del 680 d.C., pietra miliare della storia dello sciismo, fu Zaynab a salvare il nipote Ali ibn Hossein e quindi a permettere allo sciismo di sopravvivere. Il mausoleo di Zaynab si trova nei pressi di Damasco e, per proteggerlo, le forze speciali al-Qods dei pasdaran avrebbero già preso accordi con i jihadisti di Hts, affinché non venga attaccato e distrutto. A fare pressione affinché il mausoleo non sia preso di mira è stato anche il leader religioso siriano, di fede musulmana sciita, Ayman Al-Ahmad, che ha chiesto ai leader iracheni di sollecitare la Turchia e il Qatar affinché i santuari sciiti siano protetti.
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