Fino a non molto tempo fa i complotti erano all'ordine del giorno. Ultimamente il Bildelberg, le trame di Giorgio Napolitano, eccetera, sono denunciati, ma meno frequentemente. Nel corso del prossimo festival di Limes, il cui filo conduttore è “Chi comanda nel mondo?” (1), il tema dei complotti sarà oggetto di un dibattito (2).
Osserviamo per prima cosa il fenomeno dei complotti dal punto di vista economico: “Fenomeni come le crisi economiche hanno dimostrato che, essendo costituito da molteplici volontà umane, il mercato è soggetto alle stesse incertezze del resto delle nostre attività. Siamo noi a fare il mercato e non viceversa, altrimenti dovremmo arrenderci e ammettere l’esistenza di una sorta di demiurgo delle istituzioni. Se, infatti, le forme di organizzazione dei gruppi umani sorgono come ordini spontanei ed evolvono nel tempo, è quantomeno azzardato affermare che il mercato sia la mano invisibile di tutte le mani invisibili, in grado di autogovernarsi e dirigere il resto delle creazioni dell’uomo. Tanto meno è razionale pensare che il mercato possa avere questo ruolo di istituto metafisico all’interno delle moderne democrazie liberali, le quali hanno la forma di stati sociali di diritto, in cui le amministrazioni hanno numerosi compiti che si sono formati spontaneamente, da altrettante volontà quante quelle che plasmano il sistema della produzione e del libero scambio. Si crea – non ammettendo la pluralità degli attori indipendenti - una vera e propria divinità: si ammettono complotti e mani nascoste, rette da volontà malvagie e interessate” (3).
Eppure, nonostante l'inconsistenza logica della “mano invisibile delle mani invisibili che guida le cose del mondo” alcune vicende sono ancora analizzate come il frutto di un complotto. Per esempio, la caduta di Silvio Berlusconi e l'arrivo di Mario Monti nel 2011 è vista da alcuni come il frutto di una trama dei “poteri forti”. Un esempio di narrativa del complotto è quella di chi, confondendo la Deutsche Bank con la Bundesbank, ha immaginato nel 2011 un complotto contro l'Italia partito dalla Germania. Che cosa era accaduto? Le banche tedesche erano piene di titoli tossici americani, perché i tedeschi saranno anche dei grandi produttori di automobili, ma non sono così furbi in altri ambiti. Non potendoli vendere, perché non avevano mercato, e per ridurre su richiesta della Banca Centrale il rischio di portafoglio, avevano venduto i titoli italiani e comprato quelli tedeschi. I titoli tossici hanno, infatti, un rating infimo, i nostri basso, e quelli tedeschi altissimo. Sbarazzandosi dei titoli italiani e sostituendoli con quelli tedeschi hanno alzato il rating medio.
Una lettura della vicenda alternativa a quella del “complotto dei poteri forti” nel 2011 la trovate qui (4). La trama proposta è più complessa - ci sono gli effetti in-intenzionali delle azioni intenzionali e la teoria dei giochi - di quella di un complotto – se ridotto alle riunioni segrete volte ad affamare gli innocenti. Si hanno però anche delle analisi serie – quindi quelle dove non sono protagoniste delle riunioni segrete con gli avidi che provano ad affamare il mondo - dove il complotto - si noti come ipotesi di lavoro - non è scartato come strumento per leggere la crisi del 2011 (5). Una lettura basata sugli equilibri politici internazionali - meglio sulla loro dinamica - potrebbe, infatti, aiutare a comprendere meglio le contorte vicende del 2011.
In breve, ecco la nostra ricostruzione. Silvio Berlusconi non fu capace di evitare la crisi nel 2011, crisi che si sarebbe (forse) potuta evitare con dei provvedimenti di rilancio dell'economia, mentre Mario Monti, anche con l'appoggio parlamentare di Silivio Berlusconi, ci riuscì poco dopo. La crisi fu evitata, ma a parti invertite rispetto alla prima richiesta della Banca Centrale Europea. Infatti, con Mario Monti, prima ci fu il “Salva Italia” e poi il “Cresci Italia”. Ossia, il contrario di quanto era stato chiesto nel maggio 2011 a Silvio Berlusconi prima della crisi. Perché le parti si invertirono? Un fatto personale contro il Cavaliere, oppure un effetto del processo politico? Non essendo la politica, quando è sotto pressione, capace di riordinare le cose nella direzione della crescita, essa finisce per concentrarsi sul bilancio pubblico. Poiché il taglio delle spese pubbliche è difficile da attuare, alla fine si approda al rialzo delle imposte, perché queste ultime sono pochi capitolati abbastanza facili da mettere in opera. Perciò chi chiese il rilancio prima dell'austerità - quindi a maggio 2011 - fu protagonista di una richiesta che si poteva immaginare come non attuabile almeno nell'immediato (è stata una richiesta ingenua?). Nel periodo successivo - quindi dalla fine del 2011 - chi chiese il rilancio finì per accontentarsi della cosiddetta austerità come precondizione del rilancio.
Qui emerge una questione di natura generale (6). Si hanno due letture tipiche. Vi sono quelli che credono nel potere dei grandi burocrati (per esempio Greenspan, Bernanke, Draghi) e dei manager (per esempio Marchionne), di cui leggono avidamente le gesta. Gesta pubbliche ma anche gesta private. Come fossero dei divi. Essi pensano che la storia sia mossa dagli eroi. Meglio, che la storia si estrinsechi nella volontà dei grandi uomini. Se così non fosse non ci sarebbero i libri di memorie dei grandi burocrati e dei grandi manager. I quali scrivono libri per spiegare come i risultati da loro ottenuti non siano frutto del caso, bensì della loro capacità. Vi sono, invece, quelli che preferiscono (noiosamente) dedicarsi alle teorie ed ai numeri. Non esistono ai loro occhi dei veri protagonisti, nessuno infatti ha inventato la moneta, il diritto, lo stato (il punto di vista detto “austriaco”). Perché il punto di vista austriaco è poco popolare? “In una pagina di Raymond Boudon Perché gli intellettuali non amano il liberalismo, la connessione tra antiliberalismo, e complottismo è richiamata con due riferimenti: uno a von Hayek, il quale osservò che per un anti-liberale è più facile accettare un ordinamento costruito rispetto a un ordinamento economico spontaneo e l’altro a Herbert Spencer, per il quale all’anti-liberale appare più sensato un ordinamento militare che uno economico. Nella mente complottista “l’ordinamento spontaneo” non ha udienza: il caso, l’errore, la natura umana, la politica (con i suoi compromessi) non ci sono” (7). Breviter, non si accetta che sia il disordine a guidare le cose del mondo.
1 - http://www.centroeinaudi.it/images/locandine/IV_festival_Limes.pdf
2 - http://www.centroeinaudi.it/cerca.html?gsquery=complotti
5 – Germano Dottori, La valenza geo politica del complotto, Limes, marzo 2017, in corso di pubblicazione
7 - http://noisefromamerika.org/articolo/complottismo-cultura
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