Riprendiamo e rielaboriamo i lavori fatti per produrre dei modelli molto semplici che affrontano i problemi complessi.

Il debito pubblico – più precisamente il rapporto Debito PIL - può essere messo sotto controllo in quattro modi (con una variante).

- grazie all'inflazione. Il debito è sempre rimborsato alla pari, e quindi per l'ammontare pattuito prima che ci fosse l'inflazione. Le entrate dello stato con l'inflazione però aumentano in termini nominali e perciò l'onere da interesse si contrae, mentre il PIL aumenta in termini nominali. Lo stato perciò rimborsa, ma in una moneta svalutata. Una opzione che è stata usata dopo la Seconda Guerra in Italia.

- dichiarandosi insolventi (il famigerato default). In questo caso il debito non è rimborsato, ma prima che lo stato possa ripresentarsi sui mercati passano anni, perché la sua reputazione è crollata. In Italia non è mai accaduto.

- con una patrimoniale. Questa c'è già stata, e negli ultimi anni si è manifestata con le maggiori imposte sulle abitazioni e sulle attività finanziarie. Riproporla avrebbe degli effetti di reputazione negativa.

- con un bilancio dello stato in avanzo prima di pagare gli interessi. Se l'avanzo – detto primario – è pari all'onere da interessi non sono più emesse obbligazioni, perché il bilancio è in pareggio. Il numeratore – il debito – non cresce, mentre cresce il denominatore, il PIL. In questo modo il Debito/PIL scende. E' la scelta in corso, quella del “pareggio di bilancio”.

- La variante della quarta modalità è il consolidamento. Il Tesoro paga le cedole, ma non rimborsa il capitale, e quindi non è in condizione di debolezza quando va alle aste. Naturalmente il bilancio pubblico deve essere in pareggio, qualunque cosa accada, perché non possono essere emesse nuove obbligazioni. Questa fu la scelta fra le Guerre Mondiali, e smise di funzionare con il finanziamento della Seconda guerra.

La scelta oggi in Italia è la quarta, senza che vi sia alcun sentore che possa apparire la sua variante. La prima è impossibile da attuare, da quando si ha la banca centrale in comune. La seconda non è pensabile in un contesto di mercati aperti. La terza ha fatto il suo tempo (ed è stata parzialmente attuata).

Appendice tecnica sulla quarta modalità

I vincoli del Trattato di Maastricht. Immaginiamo che il primo anno (t0) il PIL sia pari a 100 euro. Immaginiamo (sempre a t0) un debito pubblico pari a 60 euro. Immaginiamo (sempre a t0) un deficit pubblico pari a 3 euro. I vincoli di Maastricht sono soddisfatti? Vediamo. Il debito pubblico cresce tanto quanto il deficit, pari a tre euro, perché quest’ultimo è finanziato solo con l’emissione di obbligazioni. Perciò all’inizio del secondo anno (a t1) avremo un debito pari a 63. Se il PIL resta eguale a 100 il rapporto debito PIL passa (sempre a t1) al 63%. E dunque non va bene. Manca un passaggio, la crescita del PIL. Se il PIL crescesse di 5 euro (sempre a t1), avremmo un debito di 63 su un PIL di 105. Perciò – 63/105=60% – il vincolo sarebbe soddisfatto. Perché mai 5 euro di crescita? Ai tempi in cui fu discusso il Trattato si aveva una crescita del PIL reale del 3% e dell’inflazione del 2%. Era – allora – il tasso di crescita normale del PIL. Ai tempi del Trattato le economie europee crescevano (reale più nominale) del 5%, e i debiti pubblici erano in media intorno al 60%. Data la crescita del 5% e dato il vincolo del debito sul PIL del 60%, il deficit compatibile è del 3%. Lo scopo del trattato di Maastricht era quello di vincolare la spesa pubblica “allegra”. E con questi due numeri si otteneva lo scopo. Come si vede non si ha alcuna teoria dietro i numeri. L’assunto era che, se si accetta che la spesa pubblica in deficit possa crescere molto sulla base della considerazione che “fa bene” all’economia, allora non la si ferma più. Dunque nessuna teoria è ammessa proprio per evitare il famoso “assalto alla diligenza” del “partito della spesa".

L'obiettivo di un rapporto debito PIL del 60% in venti anni. Il nostro rapporto debito PIL è oltre il doppio del vincolo di Maastricht, ossia circa il 130%. Perciò va più che dimezzato. Chi è polemico verso la costruzione dell'euro area fa – non si sa se perché il tema è popolare, oppure perché non è chiaro il meccanismo – questo ragionamento. Il nostro debito è di circa 2 mila miliardi e dunque per dimezzarlo si debbono abbattere mille miliardi, ossia 50 miliardi ogni anno. Da qui la catastrofe, perché non li possiamo trovare. Non è così, non si tratta, infatti, di abbattere il debito in termini assoluti. Abbiamo al numeratore il debito – circa due mila miliardi - e al denominatore il PIL – circa 1.500 miliardi. Come si fa a raggiungere l'obiettivo del 60%? Se il deficit pubblico è pari a zero, non viene generato nuovo debito. Perciò il debito resta sempre pari a due mila miliardi. Se il PIL cresce dell'uno per cento in termini reali e del due per cento come inflazione, allora cresce del 3%. Il 3% di 1.500 miliardi sono 45 miliardi. Perciò il rapporto debito PIL scende di 45 miliardi. Il secondo anno il PIL è di 1545 miliardi. Esso cresce ancora del 3% e nel secondo anno il PIL è pari a 1591 miliardi. Perciò il rapporto debito PIL scende di 47 miliardi, e così via. Pian piano si raggiunge l'obiettivo.

Sul luogo comune dell'austerità. Si usa la figura dell'austerità per descrivere la situazione economica dell'Euro-area. Che cosa è l'austerità? E' la politica fiscale restrittiva. Le uscite dello stato sono messe in rapporto alle entrate al netto del pagamento degli interessi. Laddove le entrate (le tasse) siano superiori alle uscite (la spesa) si ha surplus primario, altrimenti un deficit. Il surplus è restrittivo o “austero”, il deficit è “espansivo”. Bene, si prendano i quattro maggiori paesi dell'euro zona e si osservino i surplus (politiche austere segno positivo) e i deficit (politiche espansive segno negativo). La Germania e l'Italia hanno quasi sempre avuto dei surplus primari – ossia sono state austere, mentre la Francia e soprattutto la Spagna hanno avuto dei deficit primari molti consistenti – ossia sono state espansive. Prima tabella. Messo mai che il bilancio pubblico in deficit sia espansivo – ossia che produca alla fine un reddito maggiore delle spesa iniziale, allora l'espansione fiscale in Francia e in Spagna non ha avuto dei grandi effetti. Il reddito maggiore della spesa iniziale vuol dire che il debito in rapporto al PIL nel tempo decresce. Ossia il debito cresce, ma il PIL di più. Invece, in Francia e in Spagna il debito è aumentato. Seconda tabella.

% PIL

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

Germania

2,6

2,2

-0,8

-2

1,1

1,9

1,7

2

Francia

-0,1

-0,5

-4,9

-4,5

-2,6

-2,4

-2

-2,1

Italia

3

2

-1,1

-0,2

0,9

1,9

1,8

1,5

Spagna

3,1

-3,4

-9,6

-7,8

-7,5

-7,9

-4

-3

Fonte Fiscal Monitor del FMI aprile 2015 pagina 66

% PIL

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

Germania

63,5

           

73,1

Francia

64,2

           

95,1

Italia

99,7

           

132,1

Spagna

35,5

           

97,7

Fonte Fiscal Monitor del FMI aprile 2015 pagina 71

Importanza del surplus primario. Il debito pubblico nel tempo t è eguale al debito pubblico del tempo t-1 moltiplicato per il tasso d'interesse medio che il Tesoro paga. Si si ha saldo primario positivo (SP>0), il debito nel tempo t cresce meno, e vice versa. Un aumento del tasso di interesse, tutto il resto essendo eguale, aumenta il debito. Debito t = (1+i) * Debito t-1 – SP. Questa è la base dell'equazione “cruciale”, quella che tiene conto della crescita del PIL. Ecco che cosa avviene con l'inserimento del PIL. La crescita del debito - var Debito - dipende dal debito dell'anno precedente - Debito t-1 -, tenendo prima conto della differenza fra l'onere del debito – r – e il tasso di crescita – g – rispetto al tasso di crescita – ((r-g)/(1+r)) -, e tenendo poi conto del saldo primario SP. Var Debito = Debito t-1 *((r-g)/(1+r)) - SP.