Appena insediato, il dittatore non ha ancora eliminato i propri nemici; dopo qualche anno li avrà eliminati. La rimozione del dittatore è più difficile dopo qualche anno perché i nemici saranno stati eliminati oppure saranno fuggiti, mentre nel frattempo sono cresciute le sue clientele. In più, di solito, sono state avviate ben presto le politiche volte a militarizzare l’economia e il paese. Un esempio che si usa citare è quello della Germania negli anni Trenta; lo stesso vale per la Russia – divenuta Unione Sovietica – sempre negli anni Trenta. A distanza di qualche tempo il dittatore non è più facile da rimuovere, mentre lo è agli inizi. Viene rimosso o perché perde la guerra – è il caso di Hitler – oppure perché, decenni dopo la sua morte, il sistema crolla – è il caso di Stalin. Questa introduzione, ispirata da questa nota (1), aiuta, grazie al suo «estremismo», ad affrontare il problema delle strategie di uscita dalla crisi, di cui si parla sempre più frequentemente (2).

Le politiche di uscita dalla crisi – rialzo dei tassi di interesse praticati dalla banca centrale e riduzione della spesa pubblica in deficit – vanno attuate quando si è usciti davvero dalla crisi oppure in anticipo, scommettendo che la ripresa ci sarà?
 
Se le si vara in anticipo e non si ha ripresa, si contribuisce ad alimentare la ricaduta dell’economia.

Se le si vara in ritardo, i mercati finanziari possono non credere che al periodo delle «vacche grasse» seguirà quello delle «vacche magre» – una combinazione grazie a cui il debito pubblico è tenuto sotto controllo nel corso di un intero ciclo economico.  Se le si vara in ritardo, il rendimento richiesto per sottoscrivere il debito pubblico in scadenza e in emissione potrebbe, infatti, salire moltissimo, producendo un deficit «da interessi» al posto di quello «da sussidi di disoccupazione». Finora i rendimenti sul debito pubblico sono rimasti compressi sia perché in molti cercano «il titolo sicuro», sia perché in pochi credono che il debito pubblico non sarà controllato appena la crisi finisce. Questo è vero negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone.

Forse è perché non si sa ancora se la crisi sia davvero finita, se la ripresa sarà forte o stentata, né come saranno le politiche di rientro dai deficit pubblici, che abbiamo visioni diametralmente opposte che convivono (3). Il mercato azionario pensa che si raggiungeranno in fretta gli utili che le imprese già generavano prima della crisi, e dunque li anticipano. I prezzi correnti in rapporto agli utili correnti sono incredibilmente alti, mentre i prezzi correnti in rapporto agli utili attesi sono eguali a quelli che si hanno normalmente negli ultimi stadi di una forte crescita economica. Si noti che il mercato delle obbligazioni private è meno propenso a credere alla ripresa in corso (4). I rendimenti dei titoli di stato oggigiorno scontano una recessione, ma non i debiti pubblici in netta accelerazione.
 
Se la politica economica diventa restrittiva nei tempi sbagliati – ossia prima di essere sicuri che tutto va per il verso giusto – che accade? I mercati delle obbligazioni dovrebbero tenere. Quelli azionari che sono corsi in anticipo (secondo noi «troppo») dovrebbero cadere. Il dittatore è rimosso quando è ancora ai primi passi.

Se la politica economica diventa restrittiva nei tempi sbagliati – ossia dopo che si è visto che tutto va per il verso giusto – che accade? I mercati delle obbligazioni dovrebbero cadere, perché ormai il debito pubblico accumulato comincia a produrre oneri da interessi difficili da controllare. Quelli azionari che sono corsi in anticipo (secondo noi «troppo») dovrebbero egualmente cadere, per la pressione dei rendimenti – che sono al rialzo. Il dittatore ha consolidato le sue clientele.
 
Come si vede, oggi ci si trova in un contesto senza happy ending, a meno che le strategie di uscita dalla crisi non siano attuate con i tempi «giusti», che sarebbe come dire che le banche centrali e i parlamenti sono in grado di muoversi con una conoscenza delle cose dell’economia e della politica superiore alle capacità umane. In questo momento la fiducia che i mercati nutrono di fatto nelle capacità del sistema politico di governare le cose è al culmine, per quanto possa sembrare strano.


(1) http://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2009/10/evidence-vs-effectiveness.html

(2) http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601087&sid=apa8dyKLA7LU

(3) http://www.ft.com/cms/s/3/235d2c2c-b4b0-11de-8b17-00144feab49a.html

(4) http://www.zerohedge.com/article/valuation-primer-rosie