Adesso lo chiede Christine Lagarde. La numero uno della Banca centrale europea durante l’audizione in commissione a Bruxelles al Parlamento europeo è stata chiara: «La Bce vorrebbe che le banche trasmettessero appieno la politica monetaria. Non solo per quanto riguarda il credito che erogano alle famiglie e alle aziende ma anche sui depositi che ricevono da famiglie e aziende. Tutti i depositi». Poi l’atto d’accusa: «Le banche dovrebbero applicare questi tassi su entrambi i fronti dell’attività, ma secondo i dati questo non avviene in maniera sufficiente sui depositi». In altre parole, la Bce striglia le banche che dormono sull’invito a rialzare gli interessi da pagare per conti correnti e conti di deposito. I tassi su mutui, leasing e prestiti personali sono già volati ampiamente sopra il 4% mentre dai soldi lasciati in banca i risparmiatori ottengono percentuali inferiori all’1%. Scelta che aumenta il margine di intermediazione (la differenza tra il costo della raccolta e il rendimento dei finanziamenti concessi) tanto che gli istituti di credito stanno beneficiando di questo quadro come hanno dimostrato i brillanti conti delle ultime trimestrali.
La spinta del digitale
Qualcosa comunque si sta muovendo. A cominciare dai conti deposito. Protagoniste le banche online. C’è chi offre fino al 5% lordo su somme vincolate almeno 36 mesi. Si va da Smart bank a Guber Banca, a Banca sistema. Anche se, spesso queste offerte vengono riservate ai nuovi clienti e, ca va sans dire, a chi tiene i soldi vincolati a lungo. Ma c’è chi come Illimity bank, la banca digitale fondata da Corrado Passera, ex numero uno di Intesa Sanpaolo, arriva a offrire il 2,5 per cento lordo anche sui conti correnti. Attenti, però, l’offerta vale solo fino al 31 dicembre 2014. Dopo 18 mesi insomma il tasso scenderà allo 0,5%. Una strategia che sembra rimandare al gioco dell’oca: ritorna alla casella di partenza. Qualcosa in più, in percentuale, lo offrono Conto arancio di Ing Direct (3% lordo l’anno senza vincolare i risparmi a una scadenza), Cherry bank (2,8%) e Scalable capital (2,6%). Ma l’elenco è giocoforza incompleto - occorre smanettare a lungo - ed è fondamentale verificare con attenzione tutte le condizioni perché c’è anche chi prevede il pagamento di penali in caso di disinvestimento anticipato del capitale.
La difesa delle banche tradizionali
E le banche classiche, quelle con agenzie e filiali? Nicchiano. E soprattutto a loro si rivolge la strigliata della presidente Lagarde. E anche se è ipotizzabile che lentamente il sistema aggiornerà le remunerazioni, la prima risposta è che il conto corrente non è uno strumento di investimento, ma serve per gestire la liquidità: bonifici, assegni, pagamento di utenze. Quindi se si vuole ottenere di più dai soldi parcheggiati in banca è bene guardare ad altri strumenti. Tuttavia, a piccoli passi, anche le banche “tradizionali” stanno cambiando strategia. Magari riducendo come prima mossa i costi dei conti correnti che avevano alzato non poco durante la stagione dei tassi negativi per recuperare parte delle perdite causate da una remunerazione a zero della liquidità.
Ma nel giorno della strigliata di Lagarde, le banche hanno avuto di che gioire. Il ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha rassicurato che il governo «non ha in cantiere nessuna tassazione sugli extraprofitti». C'era chi invocava il modello spagnolo: il governo Sanchez ha tassato gli extraprofitti ma alla fine ai correntisti non è venuto in tasca nulla. I soldi incassati in più se li è tenuti lo Stato. Ecco perché, soprattuto nel sistema delle banche digitali, si guarda con maggiore interesse alla Gran Bretagna dove l'autorità di protezione dei consumatori è pronta a sanzionare i casi di eccessiva discrepanza tra tassi attivi e passivi, in un'ottica di moral suasion. E Giorgetti si è trovato d'accordo con Lagarde. Anche lui ha detto che «Il sistema bancario italiano è solido e deve dimostrare più flessibilità sui rendimenti dei conti correnti». Servirà?
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