Uno degli effetti “nascosti” – nel senso di non immediatamente percepibili – dell’inflazione è che ha il forte potere di “mangiarsi” i risparmi. E lo fa in silenzio, mentre, al contrario, i suoi effetti si manifestano rumorosamente quando, ad esempio, andiamo al supermercato e vediamo che con le stesse somme compriamo sempre meno beni alimentari. Gli italiani detengono sui conti correnti circa 1.800 miliardi di euro, oltre 250 miliardi in più rispetto marzo 2019, secondo i dati dell’Abi (l’Associazione Bancaria Italiana). E questo ha un costo per il Paese in termini di potere di spesa negli anni. Infatti, ipotizzando un’inflazione al 5%, non impiegare questa liquidità comporta una perdita di potere di acquisto di circa 90 miliardi all’anno.

Siccome in Italia abbiamo sfiorato il 10% di inflazione significa rischiare di perdere qualcosa come 180 miliardi. Per scongiurare ciò, è necessario investire in titoli indicizzati all’inflazione o che comunque garantiscono un rendimento pari o superiore al tasso di inflazione medio, garantendo così che i rendimenti reali non vadano in territorio negativo. Chiaramente le possibilità di investimento sono molteplici, dai fondi di investimento bilanciati con quote collocate nell’azionario e nell’obbligazionario (coerentemente alla propensione al rischio degli investitori) ai più tradizionali titoli di Stato. Gli italiani lo hanno capito e in questi mesi è in atto una forte migrazione dalla liquidità di conto corrente (che non rende nulla e, anzi, “costa” il tasso di inflazione) verso buoni del Tesoro (BTP), come confermano dal mondo degli istituti di credito e dei consulenti finanziari.

La questione dei tassi di interesse

Del resto, i tassi di interesse sono passati in un anno dal negativo (gli Stati pagavano per collocare i titoli) a un rendimento positivo (dato al 12 maggio) che, sulla durata dei 30 anni, è al 4,48% per l’Italia, 4,12% per il Regno Unito e 2,32% per la Germania. E i dati dicono che da settembre 2022 a maggio 2023 gli italiani hanno investito circa 50 miliardi in titoli di Stato mandando in rosso la raccolta dei fondi di investimento. 

«Dopo un 2022 che ha colpito anche emotivamente gli investitori – spiega Alessandro Caviglia, Chief Investment Officer Italy di UniCredit –, lo scenario atteso per il 2023 si presenta complesso sul fronte dell’economia reale ma capace di offrire interessanti ritorni sul fronte degli investimenti. Il campo obbligazionario, in particolare, torna a dare un sensibile ritorno potenziale e si attesta come un valido componente per la diversificazione del portafoglio. In generale osserviamo una ripresa nell’investimento della liquidità e anche le obbligazioni e i titoli di Stato, che erano stati in precedenza fortemente penalizzati, sono tornati ad essere attraenti con rendimenti nominali interessanti, Btp in testa. In particolare, i titoli del debito pubblico italiano a scadenza media, come i Btp, offrono protezione del patrimonio stante da un lato un tema di redditività e dall’altro una ottima liquidità del mercato che si sommano ad una certa stabilità dello spread».

Naturalmente, la singola concentrazione sull’obbligazionario governativo – prosegue Caviglia – «non basta a offrire ritorni reali considerati i livelli attuali di inflazione. Proprio per evitare il rischio inflazione e di concentrazione, nei nostri portafogli la componente governativa si affianca ad una quota di obbligazioni societarie di qualità e a una parte azionaria. Tale combinazione risulta particolarmente efficace data la natura complementare delle diverse componenti: governativo per protezione, obbligazioni societarie come motore di reddito e azionario come propulsore di apprezzamento del capitale nel medio periodo».

Il BTP Italia

Uno dei titoli più in voga tra gli italiani (ma non solo) per proteggersi dall’inflazione è il BTP Italia, collocato tra il 6 e il 9 marzo, un titolo di durata quinquennale che prevede una cedola semestrale composta da due elementi: una componente fissa, ossia il tasso minimo garantito pari al 2%, e una componente variabile collegata all’indice FOI, I ‘indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati al netto dei tabacchi. È riconosciuto inoltre un premio fedeltà pari all’8 per mille per coloro che acquistano il titolo all’emissione e lo detengono fino a scadenza il 14 marzo 2028.

Il MEF ha precisato che il collocamento del titolo ha visto una predominante presenza di investitori domestici, che ne hanno sottoscritto l’84,7%. Il restante 15,3% dell’emissione è stato sottoscritto da investitori europei, in particolare residenti in Svizzera (5,7%) e in Francia (4,7%). Venendo all’appetibilità di tale forma di investimento, considerando che il tasso minimo garantito è pari al 2% e che l’inflazione ha sì raggiunto il picco ma che comunque rimarrà su livelli elevati anche il prossimo anno e gradualmente si stabilizzerà al livello target, possiamo calcolare un rendimento effettivo lordo di circa il 6%.

Un gran bel guadagno per i sottoscrittori che si vedranno corrispondere cedole generose, anche in relazione al contesto dei mercati internazionali. E, in effetti, la cedola semestrale lorda di aprile 2023 è arrivata al 5,34%, tasso risultante dalla somma dell'indicizzazione del tasso cedolare reale annuo (0,21%) e dell'indicizzazione del titolo (5,13%). Di conseguenza, l'importo in pagamento relativo al taglio minimo del Btp Italia aprile 2024 (1000 euro) è pari a 53,4 euro, ammontare da cui va sottratta l'imposta del 12,5%.

I BTP Valore

Con il lancio ai primi di giugno dei BTP Valore — i nuovi BTP a cedola crescente — salgono a 4 le tipologie di buoni del Tesoro disponibili sul mercato. I BTP “tradizionali” a cedola fissa, che possono avere scadenza compresa fra i 3 e i 50 anni, i gettonatissimi BTP Italia, come si è appena detto con rendimento agganciato al tasso di inflazione italiana, i BTP Futura, la cui remunerazione è invece connessa alle prospettive di crescita del Pil italiano e, appunto i nuovi BTP Valore (cui si aggiungono i BTP Green, la cui raccolta è finalizzata al finanziamento di progetti di sviluppo sostenibile). Per il BTP Valore, la prima emissione è prevista fra il 5 e il 9 giugno, e il titolo avrà una durata di quattro anni; è previsto un premio fedeltà per chi lo detiene fino alla scadenza. Diversamente dagli altri buoni del tesoro poliennali, il titolo corrisponderà cedole periodiche a tassi prefissati crescenti, ma il valore di questi ultimi e il meccanismo delle cedole verranno diffusi solamente il 1° giugno prossimo e prevede un premio extra finale di fedeltà pari allo 0,5% del capitale investito.

Secondo quanto comunicato dal ministero, le modalità di sottoscrizione saranno semplificate rispetto alle aste tradizionali. I risparmiatori potranno acquistare i titoli, con un investimento minimo di mille euro e senza il pagamento di commissioni, tramite tre canali: rivolgendosi al proprio referente in banca; recandosi all’ufficio postale presso cui si possiede un conto titoli; attraverso l’home banking se abilitato al trading online. Ai BTP Valore verrà applicata la stessa tassazione prevista per i titoli di stato, con un’aliquota pari al 12,5% (anziché al 26%) e l’esenzione dalle imposte di successione su cedole e premio di fedeltà. A differenza di quanto avviene con le normali aste di Btp, non prevede un tetto massimo e ci sarà sempre la certezza di potersi aggiudicare i titoli richiesti.

Il meccanismo

Il “gioco” finanziario del Btp si articola su due parametri: il prezzo e il rendimento. I BTP vengono sempre emessi a 100 con un determinato rendimento. Così, se il rendimento aumenta, ad esempio perché aumentano i tassi di interesse, il prezzo scende. Per esempio, al 12 maggio,  il BTP al 2051, emesso nel 2020 con un tasso dell’1,70%, quotava 57 euro e si poteva comprare quindi quasi alla metà del suo valore di emissione. Chi lo avesse acquistato in emissione e lo dovesse vendere ci rimetterebbe, cedole incassate a parte, il 43%. Questo per dire che con i BTP ci si può anche rimettere fortemente dovendoli vendere prima della scadenza (rispetto alla quale pagano comunque sempre 100, vale a dire il prezzo pagato in emissione). D’altra parte, invece, il BTP in scadenza al 2037 e con una cedola del 4%, sempre al 12 maggio, lo si pagava intorno a 96 ma prima della crescita dei tassi era arrivato a costare la bellezza di 144 (a tassi più bassi un rendimento del 4% era ottimo e il suo prezzo era schizzato).

Fonte: Banca d’Italia

Il debito pubblico

Intanto, continua a salire il debito pubblico italiano, che nella rilevazione relativa al mese di marzo 2023 ha raggiunto il massimo storico. Secondo quanto comunicato dalla Banca d'Italia alla fine del periodo in esame il debito pubblico era salito a circa 2.790 miliardi di euro rispetto ai 2.772 miliardi di inizio mese; l'incremento mensile è stato di circa 18 miliardi di euro. Rispetto al dato dello stesso mese dello scorso anno (oltre 2.757 miliardi di euro) il debito pubblico è cresciuto di circa 33 miliardi. Significa una media di 47mila euro di debito per ciascun italiano.

Nel 2022 il debito pubblico detenuto dalla Banca d’Italia è di 721,1 miliardi, pari al 26,1% del totale mentre, alla stessa data, il debito pubblico detenuto dalle banche è di 688,8 miliardi, pari al 24,9% del totale. Nel 2022 il debito pubblico detenuto da non residenti è di 783,3 miliardi, pari al 26,7% del totale. Secondo l’Eurostat (i cui dati sull’Italia differiscono leggermente da quelli della Banca d’Italia), tra i paesi europei l’Italia è uno di quelli con la quota di debito detenuta da non residenti più bassa (dati 2021). Sia paesi con un debito basso e affidabile come la Germania (41,5%), che paesi con un debito alto o a rischio come Belgio (53,8%), Portogallo (45,2%) e Spagna (43,2%), hanno valori nettamente superiori all’Italia. Nel 2022 i titoli con scadenza iniziale fino ad 1 anno hanno un valore di 362 miliardi, pari al 13,1% del totale.

Fonte: Banca d’Italia