Nessuno tocchi le pensioni. Quello del sistema previdenziale è un nervo scoperto. Che mette a nudo le debolezze strutturali di un Paese e innalza all’ennesima potenza paure e aspettative di ogni cittadino. Nessuno escluso. In Francia è muro contro muro. Montano di giorno in giorno le proteste nelle grandi città contro la riforma delle pensioni imposta da Emmanuel Macron. Una riforma peraltro già presente nel suo programma elettorale del 2017, congelata per le emergenze pandemia e gilet gialli. I sondaggi ci dicono che è osteggiata da oltre tre quarti della popolazione. Gli analisti politici sono convinti che la gestione di questa riforma - il mancato passaggio in Parlamento - indebolirà il mandato del presidente. Per il quotidiano britannico Guardian, Macron rischia di diventare “un’anatra zoppa”.
Un metodo non corretto
Distratti dai cugini d’Oltralpe, non è che a casa nostra le cose vadano meglio. Il Governo Meloni si era posto come centrale il superamento della legge Fornero. Dopo due incontri con i sindacati, che chiedono l’introduzione di parametri di flessibilità, ora prende tempo. E si va verso la proroga di un anno di Quota 103 introdotta dal governo Draghi (pensionamento con 41 anni di contributi e 62 anni di età).
Questo significa che si lavorerà ancora una volta su misure provvisorie e su una platea di beneficiari ridotta.
«E ancora una volta il metodo non è quello corretto», afferma Elsa Fornero, economista ed ex ministra del Governo Monti, che varò l’ultima grande riforma delle pensioni, sicuramente non la più amata. «Sul sistema pensionistico la politica naviga sempre a vista, concentrata sul consenso immediato, con provvedimenti favorevoli alla popolazione più numerosa e con maggiore partecipazione al voto, gli anziani». «La sostenibilità del sistema previdenziale – aggiunge Fornero – va invece affrontata alla radice con politiche industriali, politiche di welfare con la promozione e valorizzazione della natalità e politiche sul mercato del lavoro con crescita degli occupati e innalzamento dei salari».
Lo sguardo lungo che non c'è
In sintesi: con una visione lucida e a lungo termine del Paese che si vuole diventare. Con l’assunzione di responsabilità trasversali e adozione di provvedimenti – inevitabilmente anche dolorosi e impopolari – che vanno nella direzione di un sistema previdenziale sostenibile, a livello finanziario e sociale, che non intacchi il patto di fiducia tra generazioni senza il quale l’intero banco rischia di saltare.
Un banco oneroso che ogni anno non vede mai il pareggio tra le entrate contributive degli occupati e le uscite pensionistiche, andando ad alimentare il debito pubblico in dote alle future generazioni. L’ultimo Report Istat relativo al periodo 2020/2021 fotografa un numero stabile di pensionati e un aumento della spesa pensionistica. Al 31 dicembre 2021 i pensionati erano oltre 16 milioni per una spesa di 313 miliardi di euro (23 milioni di prestazioni). La spesa è aumentata di 1,7 punti percentuali rispetto al 2020 e rappresenta il 17,6% del Pil. E già sappiamo che aumenterà di almeno oltre 50 miliardi fino al 2025 per effetto dell’indicizzazione delle pensioni all’inflazione annunciata dal ministro Giorgetti a fine 2022.
La bomba demografica
Siamo un Paese che invecchia. Recentemente il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, riportando i risultati di alcune ricerche, ha affermato che nel 2050 avremo 1,7 milioni di persone con almeno 90 anni. E non è tutto: l’andamento dei nuovi nati ci pone ai livelli più bassi della classifica europea: 1,2 figli per donna. Nel 2070 scenderemo dai 59 milioni di abitanti attuali a quota 48 milioni. Per effetto dell’inverno demografico, del conseguente calo della popolazione e dell’invecchiamento diffuso, nel 2070 bruceremo un terzo del Pil: sprofonderà a quota 500 miliardi dagli attuali 1.800.
Le domande a questo punto sono fin troppo ovvie. Il sistema previdenziale sarà sostenibile in un’Italia più anziana? Chi verserà i contributi per pagare le pensioni? I giovani “superstiti” investiranno ancora sul patto tra generazioni o sceglieranno la via dell’estero? «Tutto questo in un Paese - spiega Elsa Fornero - che ormai da troppo tempo, non sapendo come attivare il lavoro, preferisce soluzioni facili e manda in pensione le persone. E usa il sistema previdenziale per risolvere qualsiasi problema».
La questione del salario minimo
Sulla sostenibilità del sistema previdenziale pesa ovviamente l’elevato numero di non occupati, il lavoro nero e, come abbiamo visto, anche stipendi troppo bassi. La retribuzione minima in Italia è rimasta uguale al 2000, mentre è cresciuta in tutti gli altri Paesi europei. Gli stipendi sono bloccati da decenni e ora sono erosi anche dall’inflazione che impoverisce chi ha uno stipendio fisso. In Commissione Lavoro alla Camera inizia proprio in questi giorni la discussione sul salario minimo: quattro proposte di legge con soglie che oscillano tra i 9 e i 10 euro. Elsa Fornero in passato non aveva nascosto la sua contrarietà all’introduzione di questa misura ma ora qualcosa sembra cambiato.
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