È cieco fanatismo ideologico. È l’assalto dell’Europa alla casa. È una patrimoniale camuffata. È una autentica follia verde. È a rischio la stabilità sociale. Sono feroci le critiche sulla Direttiva di Bruxelles sulle case green, che punta a decarbonizzare il patrimonio edilizio europeo in pochi decenni. Non piace all’Italia dove da settimane il dibattito si è fatto incandescente, con un’opposizione compatta che fa registrare poche voci discordanti. Non piace a Francia, Spagna, Olanda e Finlandia, preoccupati per gli obiettivi troppo ambiziosi di una bozza che, così come è scritta, non terrebbe conto delle reali caratteristiche del patrimonio immobiliare dei singoli Paesi. E non piace ora neppure alla Bce, secondo la quale la riforma va riscritta.

In una lettera inviata alla commissione, Christine Lagarde ha messo in guardia sul pericolo di squilibri tra Paesi e sui rischi di «valutazione degli asset e allocazione dei capitali». Un altolà pesante questo della Bce, destinato a pesare non poco sull’iter di approvazione della direttiva già sommersa da una valanga di emendamenti: oltre 1.500. Tanto che l’esame in Commissione energia del Parlamento europeo, fissato per lo scorso 24 gennaio, è slittato al 9 febbraio con l’esame in Plenaria il 13 marzo.

Che cosa non piace di questa bozza?

Prima di entrare sui contenuti e sulle preoccupazioni, è utile fare chiarezza su almeno due punti. Primo: non è un testo uscito a sorpresa dal cilindro di Bruxelles. È un provvedimento sul quale si discute da tempo. È un aggiornamento della Direttiva sul rendimento energetico degli edifici (EPBD) che già nel 2021 aveva scatenato aspre polemiche per rigidità di contenuti e tempistiche. Rappresenta un passo fondamentale per raggiungere gli obiettivi del “Fit for 55”, il pacchetto di misure dell'Unione Europea per combattere il cambiamento climatico.

Secondo: sul principio che muove la direttiva - la sfida della decarbonizzazione - sono tutti d’accordo, anche l’opposizione più critica. L’edilizia è uno dei settori più energivori, insieme ad agroalimentare e trasporti. Il 75% degli edifici europei è inefficiente dal punto di vista energetico. È responsabile del 40% del consumo energetico totale dell'Ue e del 36% delle emissioni di gas serra.  

Un rapporto pubblicato a metà gennaio dal think tank Building Performance Institute afferma che “se tutti gli edifici residenziali esistenti in Europa venissero ristrutturati, si potrebbe risparmiare il 44% dell'energia finale utilizzata per il riscaldamento degli ambienti”. E dai modelli del PBIE emerge un esempio illuminante in tempi di emergenza energetica e cambiamento climatico: l'isolamento di tetti e pareti degli edifici residenziali dell'Unione europea consentirebbe di risparmiare fino a 777 Terawattora (TWh) di energia, pari al consumo di elettricità di Germania e Spagna messe insieme.

Per ridurre l'inquinamento generato dalle abitazioni, la bozza in discussione a Bruxelles prevede - in sintesi estrema - che edifici residenziali e unità immobiliari raggiungano entro il 2030 almeno la classe di prestazione energetica E, ed entro il 2033 almeno la classe energetica D con diverse eccezioni, come gli immobili riconosciuti di interesse storico. Obiettivo: arrivare a zero emissioni nel 2050.

Un conto salatissimo

Difficile ipotizzare il costo europeo di questa operazione. Le cifre più verosimili parlano di quasi 1.400 miliardi di lavori di riammodernamento. Chi paga? E quale sarà l’impatto sull’Italia? Il 74% degli immobili italiani è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa completa su risparmio energetico e sicurezza sismica. Oltre il 60% è in classe F e G (i livelli più bassi) e, secondo la bozza europea, dovrà essere ristrutturato entro i prossimi 7-10 anni. Pena finire fuori legge con sanzioni definite dai singoli Paesi e vedere andare in fumo il valore della propria casa. Si tratta di 9 milioni di edifici residenziali particolarmente inquinanti sui 12,2 milioni esistenti.

Le reazioni

Tra le voci critiche, abbiamo registrato quella di Alessandro Maggioni, presidente nazionale Confcooperative Habitat, federazione che riunisce oltre 1.000 cooperative aderenti, che generano un fatturato aggregato di 625 milioni di euro. «Gli obiettivi che pone la Direttiva sono condivisibili, la traiettoria indicata è corretta. Pure l’obiettivo del 2050 è credibile ma per il resto quello di Bruxelles è un approccio tecnocratico che non tiene conto delle profonde differenze strutturali dei Paesi. È un pastrocchio europeo che non fa i conti con la realtà», esordisce Maggioni.

«I grandi obiettivi vanno bene se rappresentano un elemento di stimolo. Ma come traduciamo la direttiva nei singoli Paesi per dare continuità e struttura agli interventi? Io ho davanti lo scenario del Superbonus. È stata un’esperienza da cancellare. Abbiamo assistito a situazioni folli. Ha determinato distorsioni enormi nel mercato dell’edilizia. Costi gonfiati con incrementi immotivati anche del 30-40 per cento… Quasi 68 miliardi di euro investiti per adeguare poco meno di 400 mila edifici. È la conferma della pessima struttura di provvedimenti pensati male a attuati peggio».

Gli obiettivi a medio termine per l’Italia, poi, sarebbero di complessa attuazione. «Pensiamo alla natura storica del patrimonio edilizio italiano, anche solo quello a cavallo tra Ottocento e Novecento, all’area dei Navigli a Milano... Possiamo immaginare un’azione massiva di cappotti in queste aree? Ecco, l’edilizia storica non può reggere un processo così unilaterale, determinato solo dalla mira di un riconoscimento di salto di classe energetica».

I costruttori edili

A vedere meno criticità nella bozza in discussione a Bruxelles - e nell’esperienza del Superbonus - è Federica Brancaccio, presidente nazionale Ance, Associazione costruttori edili. «Con un piano adeguato di incentivi e di interventi anche l’Italia, uno dei Paesi con il numero di edifici più inquinanti, può farcela» ci ha detto. «Abbiamo un’esperienza positiva alle spalle, quella dell'ultimo biennio, con il Superbonus. Sicuramente non lo si può ripetere ma va adottata una nuova politica pluriennale che permetta di riqualificare gli edifici. Nel periodo 2021-2022, mediamente, abbiamo ristrutturato 180 mila edifici all'anno. E siamo in linea con gli obiettivi che pone la direttiva europea». Ma la filiera è in linea con l’impatto di un efficientamento energetico di così vaste proporzioni? Secondo Alessandro Maggioni assolutamente no. «Dopo anni di disinvestimento produttivo, la filiera dell’edilizia non è pronta. Già con i vari bonus abbiamo assistito a gravi problemi di approvvigionamento. Ora l’applicazione massiva della direttiva europea è destinata a provocare esplosione incontrollata dei prezzi e penuria di prodotti».

 
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Allora che fare? Mentre a Bruxelles si media in questi giorni e si valuta anche un aumento dei fondi a disposizione di amministratori di condominio e cittadini per coprire le spese di ristrutturazione energetica, da Confcooperative Habitat arrivano tre proposte. «La priorità assoluta è stendere un piano strategico pluriennale per approvvigionare questa grande scommessa da qui al 2050. Chiediamo che vengano messi in campo finanziamenti per incentivare nei prossimi cinque anni la ricostruzione della filiera europea con insediamenti produttivi che vanno dagli infissi alle tecnologie impiantistiche. In questo modo si produrrebbero posti di lavoro qualificati, crescita sana del prodotto, offerta adeguata su una massa di richieste che si prefigura importantissima e si ridurrebbe la dipendenza da altre economie».

La seconda proposta riguarda la forma degli incentivi per l’attuazione della Direttiva. Questi non dovrebbero mai superare l’85% dei costi perché «regalare denaro pubblico come è avvenuto con il 110% è immorale, distorsivo e poco civile» afferma Maggioni. E dovrebbero essere graduati in base alla condizione degli edifici e agli Isee dei proprietari. Infine, è utile sganciare gli obiettivi di rigenerazione dalla semplicistica classe energetica, inserendoli dentro azioni di sostituzione impiantistica/tecnologica che migliorino realmente le condizioni generali dell’abitare, in Italia e in Europa.