La direttiva sulla casa green riaffaccia un’immagine che, soprattutto dopo il Covid, immaginavano archiviata per sempre: quella della Ue matrigna. Una figura dispotica, poco attenta alle esigenze altrui. Come tante volte, soprattutto le forze più populiste, hanno voluto disegnare l’Unione Europea, dimenticando quanto di buono abbia compiuto in trent’anni per la crescita dei 27 Paesi che riunisce. A cominciare, per esempio, dal dotarli di una moneta comune: nata tra non pochi scetticismi, ha in più di un’occasione messo le singole economie al riparo dalle turbolenze dei mercati e dalle crisi non solo finanziarie che si sono succedute tra il 1999, l’anno dell’introduzione dell’euro e oggi. Tanto che i dodici stati iniziali sono diventati venti, con la Croazia ultima aderente. E a maggior ragione, ancora di più, in occasione della pandemia di Covid durante la quale dopo qualche esitazione iniziale i 27 Paesi dell’Unione hanno marciato uniti, fronteggiando insieme una delle più gravi emergenze.
Le lancette tornano indietro?
La direttiva sulla casa green, invece, sembra riportare indietro le lancette. D’altronde, i 1.500 emendamenti che già ha scaturito vorranno pur dire qualcosa. E ancor di più pesa il giudizio della Bce, riassunto in una parola lapidaria: riscrivetela. E l’Italia è uno degli epicentri delle proteste contro questa direttiva che peraltro nei suoi principi trova tutti d’accordo. C’è il ballo la salvezza del pianeta.
Che il climate change stia incidendo sempre di più ce ne accorgiamo ormai ogni giorno: basta guardare i letti dei fiumi in secca per renderci conto quanto il clima sia cambiato per mano dell’uomo e che occorra porvi rimedio. In tempi rapidi.
Gli errori nell'automotive
Altrimenti si rischia di ripetere l’errore commesso nel campo dell’automotive con lo stop ai motori endotermici nel 2035 a favore di quelli elettrici. Una decisione che di nuovo sta sollevando più di un’obiezione – l’ultima quella di Luca De Meo, numero uno di Renault e presidente dell’Acea, l’associazione che riunisce i costruttori d’auto d’Europa – perché rischia di smantellare un intero comparto con migliaia di posti di lavoro in fumo. Quando anziché su una transizione ecologica votata esclusivamente all’elettrico – che finirà per favorire la Cina, già pronta a invadere il mercato del Vecchio continente con modelli che costano il 30 per cento in meno rispetto a quelli dei costruttori europei – bastava puntare su una transizione ecologica neutra. Che quindi comprendesse anche le auto alimentate da nuovi carburanti (in prospettiva anche l'idrogeno) o da motori che ormai sono lontani parenti di quelli che per anni hanno inquinato le strade d’Europa.
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