La diversificazione produttiva dell’Emilia-Romagna come elemento vincente di un’economia regionale che, come osserva Marco Fortis, docente di Economia industriale e Commercio estero alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica di Milano, cresce più di ogni altra a livello europeo. Anche di quella tedesca.
«Dalla piastrella all’alimentare, dalla meccanica al packaging, l’industria emiliana mostra l’indice di diversificazione più alto al mondo – spiega Fortis – un elemento che la mette fortemente al riparo dall’instabilità dei mercati e ne spiega il successo». I dati della Fondazione Edison, diretta dallo stesso Fortis, parlano chiaro anche se riferiti al 2021 e indicano una tendenza importante e significativa che aiuta a capire anche la condizione odierna.
A livello nazionale, nel 2021, il valore aggiunto dell’industria italiana era sotto solo dell’1% ai livelli pre-crisi del 2019, mentre la Germania era ancora sotto del 3%, la Spagna del 6,7% e la Francia del 7,4%. E i numeri dicono che il forte recupero è stato trainato principalmente da quattro regioni; le uniche a essersi riportate subito sopra i livelli del 2019 sono state Liguria (fortemente influenzata dalle dinamiche del comparto energetico), Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia. Un’area che, sommando Lombardia e Nord Est, ha un’industria più grande, in termini di valore aggiunto, di quella del Baden Württemberg o della Baviera e con questi altri due territori rappresenta il motore della manifattura europea.
I numeri confermano che l’industria del Nord Est è cresciuta del 12,9% nel 2021 ed è stata l’unica a livello macroregionale a riportarsi dell’1,2% sopra i livelli del 2019, laddove il Nord Ovest si è fermato a -0,3%, nonostante i progressi di Lombardia e Liguria. Il Centro e il Mezzogiorno sono apparsi più in ritardo, rispettivamente, del 3,2% e del 5,2% rispetto ai livelli del 2019.
Il ruolo dell’Emilia-Romagna nel Nord Est
Il ruolo del Nord Est è confermato dal fatto che nel 1999 aveva un valore aggiunto a prezzi correnti simile a quello della Lombardia mentre nel 2021 il Nord Est ha superato per la prima volta i 100 miliardi di euro di valore aggiunto industriale con un vantaggio di circa18 miliardi sulla Lombardia, che resta comunque la prima regione industriale italiana presa singolarmente. Da parte sua, il rafforzamento strutturale dell’industria emiliano-romagnola (e di quella veneta) e l’aumentata competitività internazionale di questi due territori sono dimostrati dal fatto che i tassi di crescita registrati nel 2015-2019 non sono stati un episodio isolato ma si sono ripresentati dopo il Covid-19. Infatti, nel 2021 l’indice del valore aggiunto dell’industria dell’Emilia-Romagna (fatto uguale a 100 il 2015) è salito a 114,7 (2,3% sopra i livelli del 2019), mentre quello del Veneto è salito a 112,8 (1,1% in più rispetto al 2019). Grazie a questi dati, nel periodo 2015-2021 il valore aggiunto industriale dell’Emilia-Romagna è progredito a un tasso medio di crescita annua de 2,l3% mentre il Veneto è salito del 2% medio annuo. Così, negli ultimi sei anni l’Emilia-Romagna ha fatto meglio della Germania quanto ad aumento del valore aggiunto industriale del 9,7%. Ma se l’Italia è riuscita nel sorpasso sulla Germania per crescita del valore aggiunto dell’industria negli ultimi sei anni non lo dobbiamo solo a Emilia-Romagna e Veneto. Infatti, come emerge dai dati presentati da Marco Fortis, tra 2015 e 2021, sono 12 le regioni italiane che hanno fatto registrare un incremento del loro valore aggiunto industriale superiore a quello tedesco. Infatti, oltre a Emilia-Romagna, Veneto e a Lombardia, risultano davanti alla Germania per crescita industriale anche Liguria, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Lazio, Molise, Campania, Puglia e Basilicata.
La crescita lungo la via Emilia
Ma tornando all’Emilia-Romagna “la regione è tra quelle italiane con il più alto tasso di crescita, e quindi tra le prime anche in Europa, visto che quest’anno il nostro Paese è cresciuto di più rispetto all’area Euro”, commenta Alberto Zambianchi, presidente di Unioncamere Emilia-Romagna. Che aggiunge: “In valori assoluti nel 2022 la produttività è risultata la quarta a livello nazionale. Sono tanti i numeri che potrebbero essere citati per testimoniare il percorso avviato da tempo dall’Emilia-Romagna volto ad accrescere la produttività, per spostare il baricentro economico della regione verso attività a maggior valore aggiunto e, assieme, per introdurre fattori di innovazione, di nuove competenze, di sostenibilità e di internazionalizzazione all’interno di settori considerati più tradizionali e maturi. I prossimi anni saranno caratterizzati da grandi cambiamenti del contesto competitivo che premierà le imprese capaci di innovare, di stare sui mercati esteri, di valorizzare le competenze. Se sapremo puntare su questi aspetti sicuramente il futuro non ci coglierà impreparati”.
Uno dei punti di forza dell’economia regionale sta nelle esportazioni. Nel terzo trimestre del 2022 le esportazioni emiliano-romagnole hanno continuato a crescere a un ritmo notevole, risultando pari a poco più di 20,44 miliardi di euro, il 13,3% dell’export nazionale, con un incremento del 15,1% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno e del 26,4% rispetto al valore delle vendite estere dello stesso trimestre del 2019. Alla ripresa dei valori delle esportazioni rilevate a prezzi correnti ha contribuito notevolmente l’aumento dei prezzi alla produzione dei prodotti esportati derivante dal forte aumento delle materie prime e dei semilavorati. Le vendite all’estero nazionali hanno accelerato ulteriormente (+20,6%) e superato ampiamente il livello del terzo trimestre del 2019 (+33,1 per cento).
“L’Emilia-Romagna – spiega Guido Caselli, vice segretario generale di Unioncamere Emilia-Romagna - si è confermata la seconda regione italiana per quota dell’export nazionale, preceduta dalla Lombardia (25,7%) e seguita a un’incollatura dal Veneto (13%). I contributi più rilevanti alla crescita delle esportazioni regionali sono venuti dalla contenuta accelerazione (11,5%) delle vendite estere nel fondamentale settore dei macchinari e apparecchiature e dalla dinamica dell’export dei mezzi di trasporto che si è confermata la più elevata tra quelle dei settori considerati (+20,6%). L’export regionale ha beneficiato della forza dei mercati americani (+35,4%), e dalla solidità di quelli dell’Unione europea (+14%), mentre ha risentito della flessione verso l’estremo oriente (-1,7%), ben più dell’arretramento verso la Russia (-3,8%)”.
Il traino dell'industria delle vacanze
Naturalmente senza dimenticare il turismo. L’industria turistica regionale ha chiuso i primi nove mesi del 2022 con una stima di 54,5 milioni di presenze, in aumento di oltre il 22% rispetto allo stesso periodo del 2021, ma riportando valori ancora inferiori dello 0,8% rispetto al 2019. Gli arrivi turistici stimati sono quasi 11,5 milioni con un +35 per cento rispetto al 2021 e un -3,7 per cento rispetto al 2019. Interessante anche l’identikit del turista, secondo le rilevazioni di Trademark. Il 90% ha un diploma di scuola secondaria superiore o è laureato mentre il 42% dichiara una situazione economica buona o molto buona. Il 49% viaggia in coppia senza bambini e il 56% sceglie l’Emilia-Romagna perché c’è già stato o per esperienza personale, il 33% sceglie attraverso internet o i social, meno del 3% ricorre all’agenzia viaggi. Il 60% sceglie l’Emilia-Romagna per il comfort e per l’accessibilità, il 45% per il rapporto qualità/prezzo; tra gli aspetti più apprezzati la qualità del mangiare e del bere, l’ospitalità e la cortesia, la ristorazione, l’accoglienza nelle strutture di alloggio.
“Con le risorse europee, i fondi del Pnrr e risorse proprie della Regione intendiamo investire – sottolinea l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla - nel lavoro e sostenere le imprese che innovano e creano buona occupazione, perché crediamo nella grande forza e capacità di reazione nel nostro ecosistema economico, anche a fronte di previsioni che stimano una crescita contenuta per il 2023. L’Emilia-Romagna compete nel mondo con la qualità e l’eccellenza delle sue produzioni e in questa direzione deve continuare a puntare per restare ai vertici nella transizione digitale e sostenibile”.
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