Il governo Meloni ha ritenuto opportuno "chiudere" il Ministero dell’innovazione tecnologica, rafforzato dall’esecutivo Draghi, nonostante il 27% dei fondi stanziati dal PNRR siano destinati al "digitale". È lo stesso presidente Meloni a fare chiarezza, nel giorno in cui ha presentato il programma alla Camera. C'è un nuovo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio a raccogliere le deleghe che furono di Pisano e Colao: è Alessio Butti, responsabile media e telecomunicazioni di Fratelli d'Italia. La posta in gioco è molto alta. E la partita – che si gioca su fora sovranazionali ed internazionali – non è una facile.
La politica digitale dell’UE
È opportuno guardare al problema da una prospettiva sovranazionale, appunto. Perché l’Unione Europea ha spostato negli ultimi anni la "questione digitale" al centro della propria agenda. Un futuro digitale antropocentrico e sostenibile. È questa l’ambizione dichiarata della Commissione europea che, nel marzo 2021, ha presentato una visione dell’Unione per il 2030 volta a garantire una "sovranità digitale".
Sì, sovranità digitale. È perseguita dalla Commissione attraverso i paradigmi classici dell’UE: quadri normativi ancorati ai valori e ai diritti fondamentali europei e un mercato unico aperto e competitivo dovranno far fronte a sfide quali debolezze strategiche e dipendenze tecnologiche da paesi extra-UE, sia in termini di infrastrutture digitali (inter alia, cloud computing) che di materie prime (terre rare, ecc.). Inoltre, la guerra in Ucraina ha evidenziato ulteriori sfide, in termini di disinformazione e di attacchi informatici – già accresciute peraltro con l’esperienza pandemica, ed è misura di come la ‘dimensione digitale’ sia sempre più uno spazio conteso dai grandi attori dello scacchiere mondiale, a seconda delle diverse istanze geopolitiche.
Le azioni
Al fine di raggiungere gli obiettivi posti nel programma di politica digitale, rafforzato nel 2021 con la proposta di una "bussola", la Commissione ha prodotto negli ultimi anni – in modo quasi ipertrofico – un numero molto elevato di proposte legislative. In particolare, si evidenziano sei macro-aree d’azione comunitaria. Una ricognizione, ancorché generale, sulle leggi proposte (o da poco adottate) aiuterà ad avere una migliore comprensione della politica digitale voluta da Bruxelles. Il diritto dell'UE ha sempre avuto un impatto sui cittadini.
Tuttavia, è probabilmente con il GDPR (regolamento generale sulla protezione dei dati personali, in vigore dal 2018) che una legge europea, non a caso con ricadute anche e soprattutto sulla dimensione digitale, inizia a entrare nel lessico comune. Vediamo nel dettaglio.
1. Semiconduttori
La legge europea sui semiconduttori (2022) mira a rafforzare la competitività dell’Unione nelle applicazioni dei semiconduttori, risorse strategiche per le principali catene di approvvigionamento in settori del mercato emergenti quali il cloud, l'Internet delle cose, la connettività, e i supercomputer (HPC), mobilitando oltre 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati.
2. Intelligenza artificiale
La Commissione, con la legge sull’intelligenza artificiale (2021), propone nuove norme per garantire che i sistemi di IA utilizzati nell'UE siano sicuri, trasparenti, etici, imparziali e sotto il controllo umano. Inoltre, a fine settembre 2022, è stata proposta una direttiva sulla responsabilità civile da intelligenza artificiale (insieme con una revisione della direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi).
3. Strategia europea in materia di dati
L'accesso al crescente volume di dati – fulcro della trasformazione digitale – e la capacità di utilizzarli sono essenziali per l'innovazione e la crescita. La Commissione mira a creare un mercato unico dei dati, che favorisca il riutilizzo, la condivisione e l’accesso di dati. La legge sulla governance dei dati (2020) facilita la condivisione dei dati tra settore privato e pubbliche amministrazioni; la legge sui dati (proposta nel 2022) definisce invece che può creare valore (ri)usando dati. A completamento della strategia, sono proposti dieci ‘spazi comuni europei di dati’.
4. Mercati e servizi digitali
Il "pacchetto" di leggi sui servizi digitali è un’altra risposta comunitaria alla necessità di regolamentare lo spazio digitale. Da una parte, la legge sui mercati digitali (2022) stabilisce una serie di criteri per definire le piattaforme online di grandi dimensioni che esercitano una funzione di controllo dell'accesso (cd. gatekeepers) e stabilisce per queste obblighi e divieti per favorire la competitività. Dall’altra, la legge sui servizi digitali (2022) contiene una serie di norme scalari per i servizi di intermediazione online.
5. Identità digitale europea
Nel 2021 è stato proposto un regolamento (modificando in parte il regolamento eIDAS) che fornisca un quadro giuridico certo per le identità elettroniche, assicurando che le persone fisiche e i servizi (pubblici e privati) possano contare su soluzioni affidabili e sicure di identità digitale.
6. Cybersecurity
Come enfatizzato nel discorso della Presidente Von der Leyen sullo stato dell’Unione del 2021, «se tutto è connesso, tutto può essere hackerato». L’UE, per rispondere alle minacce informatiche verso settori critici sempre più dipendenti da tecnologie digitali, si sta spendendo su più fronti per promuovere la cyber-resilienza, combattere la criminalità informatica e rafforzare diplomazia informatica e cyber-difesa. In particolare, il legislatore comunitario ha deciso di rafforzare un quadro giuridico comunque recente (composto dalla direttiva NIS del 2016 sulla sicurezza delle reti e i sistemi informativi e dal Cybersecurity Act del 2019 sul sistema europeo di certificazione cybersecurity per i prodotti, servizi e processi ICT) con una revisione della direttiva NIS, o NIS2 (2020) e un regolamento, proposto nel settembre 2022, volto ad introdurre requisiti essenziali di cybersecurity per tutti i prodotti con elementi digitali (Cyber Resilience Act).
Alcuni rischi
Al netto dei benefici per i cittadini e le imprese, questo vero e proprio "tsunami regolamentativo" nasconde altresì un duplice rischio. Da una parte, i big players della digital economy riuscirebbero ad assorbire i costi di compliance con più facilità rispetto alle PMI, nonostante l’obiettivo di assicurare condizioni di maggiore parità perseguito dalla Commissione, come evidenziato nella discussione “Is Europe fit for the Digital Age?” organizzata da Sciences Po il 7 aprile 2022. Dall’altro, una tale over-regolamentazione del mercato potrebbe dare luogo ad incoerenze o peggio ancora conflitti normativi, minando quindi il principio di certezza del diritto.
PNRR e digitalizzazione
Nel PNRR, 48,1 miliardi (il 27% di cui si accennava sopra) degli stanziamenti del piano Next Generation EU sono destinati alla digitalizzazione. La strategia italiana si sviluppa principalmente lungo due macro-direttrici: "digitalizzazione della PA" e "reti ultraveloci".
In particolare, sono posti cinque obiettivi:
- Diffondere l’identità digitale, assicurando che venga utilizzata dal 70% della popolazione
- Colmare il gap di competenze digitali, con almeno il 70% della popolazione che sia digitalmente abile
- Portare circa il 75% delle PA italiane a utilizzare servizi in cloud
- Raggiungere almeno l’80% dei servizi pubblici essenziali erogati online
- Raggiungere, in collaborazione con il Mise, il 100% delle famiglie e delle imprese italiane con reti a banda ultra-larga.
Il tema abbraccia diverse missioni del piano e coinvolge per la sua attuazione un numero vastissimo di uffici.
Gli sforzi richiesti, per raggiungere gli obiettivi posti con profitto, richiederanno coordinamento, preparazione e programmazione. Ne saranno tutti capaci?
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