Il Brent ha sfondato quota 90 dollari, è la prima volta che accade nel 2023. E’ l’effetto della decisione di Arabia Saudita e Russia – i due azionisti di maggioranza di Opec+, lo storico cartello dei produttori allargato da alcuni anni a Mosca - di prolungare la riduzione dell’offerta di greggio sui mercati. In particolare, l'Arabia Saudita ha deciso di estendere il taglio alla produzione di un milione di barili al giorno stabilito a luglio di altri tre mesi, da ottobre fino alla fine di dicembre. Mossa che segue quella della Russia che ha tagliato 300mila barili al giorno anche se la produzione non ha risentito più di tanto delle sanzioni imposte dall’Occidente per l’aggressione all’Ucraina. Complici anche le vendite a prezzi scontati che i russi hanno garantito a India e Cina, creando non pochi malumori tra gli altri produttori di petrolio, a cominciare proprio dai sauditi. La mossa dell'Opec+ ha un obiettivo preciso: continuare a sostenere il prezzo del petrolio sui mercati mondiali.
In tre mesi +30 per cento
L’effetto è stato immediato. Il Brent europeo ha toccato quota 90, cosa che non accadeva dal novembre scorso anche se poi a fine giornata ha ripiegato rispetto ai massimi, chiudendo a 89,63. E il Wtj (indice di riferimento negli Stati Uniti) è cresciuto di un punto e mezzo, raggiungendo quota 86 euro. Questo perché al di là del contraccolpo immediato alla notizia, la domanda di petrolio resta alta. Anche in Europa. Su tutto ha pesato anche un rafforzamento del dollaro. In meno di tre mesi il prezzo è passato da 70 a 90 dollari, con un incremento quasi del 30 per cento. Che già si era fatto sentire nelle tasche dei consumatori con i rincari di benzina e diesel soprattutto ad agosto, sotto la spinta di speculazioni e che ora è destinato a pesare ancora di più, spegnendo le speranze di un calo dopo la fiammata estiva. Con questo nuovo rialzo, la verde potrebbe sfondare i 2 euro anche fuori dall'autostrada in modalità self, livello che non si vede da oltre un anno e mezzo.
La corsa del greggio avrà ripercussioni anche sull'inflazione: gran parte delle merci viaggiano su gomma e dunque i rincari dei carburanti si riverseranno sui costi finali. Gli esperti però sono cauti: i venti di recessione europei – innanzitutto in Germania - potrebbero raffreddare nelle prossime settimane le quotazioni del Brent dopo l’impennata effetto dell’annuncio dell’Opec+.
I timori del governo Meloni
E ai possibili prossimi movimenti del mercato del greggio guarda con apprensione il governo Meloni alle prese con una legge di bilancio già sensibilmente condizionata dai costi del Superbonus. C’è chi considera assai difficile che l’esecutivo possa trovare le risorse sia per un rinnovo del decreto bollette in scadenza sia per l’ipotizzato bonus carburanti per aiutare i redditi bassi.
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