Le finanziarie regionali possono giocare un ruolo "pur nel rispetto delle stringenti regole" anche per quanto riguarda il tema dei fondi del Pnrr. Ne è convinto il presidente di Finpiemonte e Finlombarda, oltrechè numero uno dell'Anfir, l'Associazione che riunisce le finanziarie regionali italiane, Michele Vietti.

«Il Pnrr, con una dotazione di circa 235 miliardi, di cui oltre 190 provenienti dal Dispositivo di ripresa e resilienza del Next Generation Eu,  - osserva - supporterà investimenti e programmi di riforma per la doppia transizione verde e digitale dell'Italia, rinnovando non solo il sistema produttivo nazionale ma anche le pubbliche amministrazioni - incluse quelle locali - e le grandi e piccole infrastrutture. Le finanziarie regionali si mettono, dunque, a piena disposizione, naturalmente a supporto dei rispettivi enti di riferimento: il rispetto delle stringenti regole dettate dall'Unione Europea per un rapido impegno dei fondi ed un loro successivo puntuale utilizzo , potrà, infatti, richiedere uno sforzo comune e distribuito tra amministrazioni centrali e periferiche, nell'interesse comune di un pieno conseguimento degli ambiziosi obiettivi del Piano».

Un alleato per i Comuni

Un tema, questo, su cui interviene anche il professor Paolo Biancone, docente di Economia aziendale, all'università di Torino. «I fondi del Pnrr - afferma - vanno verso i Comuni. Il ruolo regionale è limitato. Di sicuro però c'è bisogno di supporto ai Comuni e questo potrebbe essere un ruolo di soggetti che sono già operativi e sono capaci di gestire progetti. Cosa che potrebbe valere anche per le finanziarie regionali. Quello che è certo - aggiunge - è che i Comuni da soli sono in difficoltà. Il Pnrr ha tante risorse come non si sono mai viste, in tempi molto stretti con procedure purtroppo medievali. E, quindi, tutti quelli che possono essere della partita, comprese le università, potranno aiutare la corretta allocazione delle risorse».

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Parlando, nello specifico, del ruolo delle finanziarie regionali, il presidente Vietti ritiene che «in qualità di soggetti intermedi tra il settore pubblico e privato, le finanziarie regionali sono in grado di conciliare la finalità - e talvolta anche più semplicemente sensibilità e linguaggi - del decisore pubblico da un lato e degli investitori di mercato dall'altro; ciò consente loro di farsi facilitatori nel mettere a leva le risorse pubbliche , incluse quelle comunitarie, potenziandone e moltiplicandone l'impatto sul territorio, grazie all'apporto di capitali privati e, in taluni casi, anche con fondi propri».

La richiesta al governo Meloni

Come presidente dell'Anfir Michele Vietti ricorda quanto chiesto al nuovo Esecutivo guidato da Giorgia Meloni. «Abbiamo proposto una norma che configuri le finanziarie regionali , in analogia con Cassa Depositi e Prestiti, come 'istituto di promozione'. Ciò - spiega - creerebbe una coerenza operativa tra i diversi soggetti che, a livello nazionale e a livello regionale, svolgono la funzione di sostegno finanziario alle imprese italiane e porrebbe i presupposti per la revisione ed il riordino dei sistemi di incentivazione e supporto al sistema produttivo»

La premier Giorgia Meloni si propone di cambiare regole per il Pnrr nel 2023

Per il professor Biancone «il tema delle finanziarie regionali ha come elemento di criticità quello della verifica di congruità nei rapporti di fornitura e questo è legato al meccanismo degli appalti. E', dunque, importante fare in modo che le finanziarie regionali siano comunque eficienti perchè l'efficienza è uno strumento per garantire l'ottimizzazione delle risorse. E' importante aver sempre un monitoraggio dell'efficienza e dell'efficacia delle strutture».

«Regione che vai, Finanziaria che trovi»

Il ruolo di questi organismi nati in Italia intorno agli anni Sessanta continua dunque ad essere rilevante anche se il quadro generale della presenza nelle diverse regioni non è uniforme, anzi. «Il quadro non è omogeneo - spiega il professor Paolo Biancone - perchè non sono omogenee le regioni come anche le attività che vengono sviluppate dalle diverse finanziarie. Alcune sono quasi delle vere e proprie banche, altre società di servizi. Insomma, c'è un po' di tutto».

Anche il presidente Michele Vietti parla di un quadro «variegato sia sotto il profilo del rapporto con la Regione di riferimento, sia dal punto di vista dell'impianto organizzativo: alcune sono intermediari finanziari, altre no; la maggior parte sono in house ma ve ne sono anche di controllate dalla Regione, senza la connotazione dell'in house e del controllo analogo, che per gestire i fondi regionali devono partecipare a procedure di evidenza pubblica». E ancora; «Ci sono le finanziarie più spinte nel settore degli investimenti del capitale di rischio di imprese del territorio e quelle che, invece, svolgono preminentemente attività di erogazione di finanziamenti agevolati. Anche rimanendo nel settore delle misure agevolative, la natura variegata sta anche nella tipologia di strumenti utilizzati e ciò in quanto in ciascun territorio si cerca di adattare il sostegno finanziario alle specifiche esigenze del tessuto imprenditoriale locale. E quindi cambiano le dimensioni delle aziende, così come i settori di punta e conseguentemente anche la tipologia degli strumenti finanziari».

«In linea generale però - conclude Vietti - le finanziarie regionali in qualsiasi regione e Provincia Autonoma svolgono la stessa missione e la conoscenza approfondita del territorio consente loro di poter attivare sinergie importanti ed essere sagge consigliere del proprio socio di riferimento».