È bastato che i tassisti minacciassero lo sciopero per spaventare il Governo e fargli ingranare una rapidissima marcia indietro. Le norme inserite nel decreto Omnibus e che riguardavano i tassisti, in meno di 24 ore sono state modificate dal Consiglio dei Ministri. Il provvedimento, in sintesi, puntava ad aumentare fino al 20% le licenze per i Comuni capoluogo di Regione, le città metropolitane e i comuni sede di aeroporto internazionale. Inoltre, i Comuni avrebbero potuto rilasciare, in via sperimentale, licenze di taxi aggiuntive temporanee a favore di soggetti già titolari di licenze.
Lo zampino dei sindacati
La risposta della Cgil, attraverso Unica (Unione Italiana Conducenti Autopubbliche) è stata lapidaria: «Il vero obiettivo è solo quello di smantellare il servizio pubblico taxi, per fornire macchine e autisti al servizio del nuovo caporalato gestito dalle multinazionali».
La dea fortuna e la vecchia legge
Sarà. Intanto quello che da tempo sperimentano viaggiatori e turisti che arrivano nelle grandi città italiane è che per trovare un taxi troppo spesso devi appellarti alla fortuna.
C’è un dato che colpisce e sul quale tutti sono più o meno concordi: il numero delle licenze in Italia non cresce da un decennio. Inoltre, le norme che le regolano sono del 1992.
Questa legge ultratrentennale stabilisce le condizioni per il rilascio delle licenze da parte dei comuni sulla base di regolamenti regionali e offre la possibilità per i titolari di venderle a terzi. Da qui nascono la maggior parte i problemi: i Comuni faticano a dialogare con le Regioni e le licenze messe sul mercato raggiungono prezzi spesso molto alti (a Milano può costare anche 200 mila euro). Ovviamente se le licenze sul mercato aumentassero il prezzo di quelle già in esercizio scenderebbe.
La lobby dei tassinari
I tassisti in Italia, ricordiamolo, sono circa 40 mila. Un quinto di questi lavora a Roma e 5mila a Milano. Segue Napoli con poco più di 2.300 e Torino con 1500. Firenze (3 milioni di turisti all’anno), ne ha circa 700.
Ciò che infastidisce è l’oggettiva potenza della “lobby dei tassisti” che, pur investita di un ruolo pubblico, agisce come se il mondo attorno non esistesse, riuscendo a frenare qualunque tentativo della politica di favorire il libero mercato. Il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, a proposito dell’ultima resa, ha dichiarato laconicamente: «Abbiamo avuto diversi confronti con i tassisti e gli Ncc, in quello avuto con i tassisti ci hanno chiesto di togliere la norma sul cumulo delle licenze, un’opportunità a cui rinunciano. Abbiamo tolto questa norma».
Lotta dura
Il muro è compatto, da sempre (Ricordate le manifestazioni contro Uber? E il film "Il tassinaro" con Alberto Sordi del 1983 che prende a bordo Giulio Andreotti?). I tassisti, al di là delle differenze sindacali, su questi temi si muovono come un sol uomo. Al centro delle infinite polemiche ci sono le licenze, prima di tutto, ma anche l’uso del Pos: quindi del contante, quindi dell’evasione fiscale.
Uno dei Dataroom più recenti tra quelli realizzati per Corriere.it da Milena Gabanelli sostiene che (dati dell’Agenzia delle Entrate) I tassisti hanno dichiarato di aver guadagnato nel 2021, a Milano 20.107 euro, a Bologna 14.461, a Roma 15.809 e a Napoli 9.833. Poco, davvero troppo poco.
Il caso di Bologna
Le voci fuori dal coro, almeno su questo tema, sono rarissime. Ma ce n’è una che da qualche tempo sta facendo parlare di sé, ed è quella di Roberto Mantovani. È un tassista bolognese che su Twitter, dall’inizio di maggio, pubblica i suoi guadagni lordi giornalieri e inneggia alla libera concorrenza. Lo si trova con il nickname RobertoRedSox, perchè come molti in Emilia, ama il baseball ed è tifoso dei mitici Red Sox di Boston.
I suoi colleghi bolognesi lo detestano, il taxi è stato oggetto di atti di vandalismo, in diverse trasmissioni tv nazionali alcuni dirigenti sindacali hanno usato toni sprezzanti nei suoi confronti.
«Tanto per mettere le cose in chiaro - ha scritto Mantovani il 29 giugno scorso, prima di iniziare la sua “operazione trasparenza” - a chi giudica il mio modo di fare dal proprio comodo divano: io sto penalizzando la mia vita (mettendola a rischio) e il mio benessere economico per una battaglia etica, per una questione morale che mi rende orgoglioso».
Qui Red Sox
Il 1° agosto, sempre su Twitter, ha reso pubblici i dati aggregati dei suoi incassi del trimestre maggio-luglio. Su 92 giorni ne ha lavorati 49 con un incasso lordo di 25.091 euro per un incasso medio lordo giornaliero di 512 euro. Aggiungendo in nota: «Vi invito a non ipotizzare medie annuali, con costi, spese e cifre nette anche perché non tengono conto dei mesi poveri, ovvero gennaio, febbraio e agosto».
Inutile dire che il mondo degli utenti segue con sempre più calore le avventure di Roberto Mantovani (40 mila follower sul social di Elon Musk sono, anche nell’era degli influencer, un discreto bottino) e con sempre più scoramento le posizioni dei sindacati dei tassisti che ignorano (da servizio pubblico) le esigenze del cittadino-utente.
In due anni i tassisti sono riusciti a fermare i progetti di riforma prima del Governo Draghi e ora del Governo Meloni. L’unico che riuscì a fare qualcosa fu il Decreto Bersani (firmato il 4 luglio divenne legge il 4 agosto 2006), finalizzato (all’articolo 6) al potenziamento del servizio taxi.
Sono passati diciassette anni e, da allora, non ci siamo mossi di un passo.
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