Da qualche giorno sulle home page dei siti delle principali testate italiane fa capolino l’ultima tendenza che spopola su TikTok: il food challenge. Video nei quali degli uomini (sempre uomini, mai donne) vengono inquadrati mentre si avventano su un chilo di spaghetti ben conditi, decine di hamburger altri quattro dita, montagne di arrosticini e via dicendo, si cimentano in una gara a tempo. Gara indetta dal ristoratore di turno che usa il social e la sfida, per promuovere la propria attività. Se ti ingozzi entra un certo limite di tempo, vinci e in premio, non paghi il conto.
Premesso che la sfida Man vs Food non è nuova, ma si rifà nientemeno che a un format televisivo statunitense (10 stagioni, 175 puntate) sbarcato per la prima volta il Italia nel 2012 su un canale di Discovery, c’è un dato che credo valga la pena considerare. Il 5 febbraio, giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, il Wwf Italia ci ha ricordato che ognuno di noi getta 27 kg di cibo ogni anno. “Vale 6,5 miliardi di euro lo spreco del cibo nelle case e oltre 9 miliardi € lo spreco di filiera, dai campi alle case”, precisa il World Wide Fund for Nature. Sono cifre enormi. Il primo stanziamento del Governo per l’alluvione emiliano romagnola, per dare il senso delle proporzioni, è stato di 1,6 miliardi di euro.
A livello globale si stima che 1,3 miliardi di tonnellate di cibo finiscano ogni anno nella pattumiera. Un Tir a pieno carico non arriva a mezza tonnellata. Parliamo di 2 miliardi e 600 milioni di Tir carichi di derrate alimentari. La settimana scorsa a Torino si è tenuta la seconda edizione del Festival Internazionale dell’economia. Si sono dati appuntamento i più attenti osservatori mondiali della materia. Il tema era: ripensare la globalizzazione. Il professor Mario Deaglio, quasi in apertura del Festival, ha tenuto una relazione dal titolo “Dall’illusione dell’abbondanza, all’economia dell’abbastanza”. Anche chi non mastica di economia comprende perfettamente cosa ciò significhi. La crisi finanziaria iniziata nel 2008, non è mai finita ed ha interrotto il sogno della crescita senza fine. A ciò si aggiunge i climate change e buon ultima la guerra in Ucraina con tutti suoi risvolti legati alla geopolitica, agli scambi commerciali, agli aumenti delle materie prime. Lo sviluppo globale che ha galoppato per oltre vent’anni, ha eroso l’albero della felicità e consumato le risorse per pianeta.
La tentazione di fare spallucce e pensare che non ci riguardi, che sia troppopiù grande di noi, sarebbe, credo, un clamoroso errore. All’oratorio un saggio sacerdote mi disse: “La pace nel mondo si può fare, inizia tu a non litigare con il tuo compagno di banco.” Ci ho messo molti anni a comprendere il significato di questa frase e non fa una grinza. Si tratta semplicemente di assunzione di responsabilità.
La food challange, il man vs food, in un momento nel quale il sostantivo sostenibilità fatica a essere riempito di concretezza, ha poco senso. Se la smettessimo anche solo di sprecare ogni anno 27 kg di cibo a testa, avremmo fatto già un bel pezzo del nostro dovere civico e alleggerito di parecchio la nostra impronta ecologica. La transizione verso comportamenti sostenibili, non riguarda solo le multinazionali e i governi, le banche e le assicurazioni, ma ciascuno di noi. Nessun escluso. Se non siamo in grado di riempire di senso, valore e concretezza il sostantivo “sostenibilità”, siamo destinati a perdere questa sfida. Che è sfida assai più tosta del chilo di spaghetti alla carbonara offerti dalla trattoria del quartiere. Siamo già passati dall’abbondanza, all’abbastanza, è importante che ce ne rendiamo conto.
Mi chiedo infine se la guerra mediatica a colpi di clickbait debba essere combattuta anche dalle più importanti testate web del Paese. Condividendo in home paga, a caccia di traffico facile e forse remunerativo, il video dell’uomo che lotta contro una montagna di cosce di pollo fritto da ingurgitare in 15 minuti netti, assolvono al loro compito costitutivo, cioè aiutare lettrici e lettori a comprendere le cose del mondo?
Se è ciò che dice e scrive il prof. Mario Deaglio è vero, e lo è, cioè che dobbiamo cambiare il modo con il quale pensiamo l’idea di sviluppo e che è folle che Earth Overshoot Day, il giorno nel quale l’umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell’intero anno, sia il 2 agosto, forse è tempo si smetterla almeno con il food challenge.
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