Tra sette mesi i cittadini dellUnione Europea saranno chiamati a rinnovarne il Parlamento, per lottava volta. Il Partito socialista europeo (25 per cento alle ultime consultazioni, nel 2009) appare minoritario, diviso, afono. Intanto a New York è stato eletto Bill De Blasio, un sindaco dalla vocazione spiccatamente progressista che è riuscito a riassorbire il populismo di Occupy Wall Street coniugandolo alle aspettative dei liberal moderati vincendo ovunque tranne che nellUpper East Side e in alcuni quartieri di Staten Island e della Brooklyn benestante. Che cosa centrano le due cose, viene da chiedersi. Eppure, come accade nella legge del caos, il battito dali di una farfalla in un continente potrebbe avere conseguenze su quello che avviene a seimila chilometri di distanza, dallaltra parte dellAtlantico.

1. Un primo elemento. La crisi delle sinistre europee – che va ben al di là dei travagli contingenti del Partito democratico nostrano e delle sue dilaceranti lotte intestine – si accompagna a buoni risultati di forze liberali e progressiste in altre aree dell’Occidente e del mondo. Oltre all’America di Obama c'è il Brasile di Dilma Rousseff, il Cile dove Michelle Bachelet è data favorita alle prossime presidenziali, l’India governata dalla United Progressive Alliance (coalizione del Congresso nazionale indiano), vari altri paesi del centro e sud America, dal Messico al Perù. E anche se il Giappone ha visto un trionfo del centrodestra di Shinzo Abe, è innegabile che la rottura – nel segno della rivendicata sovranità monetaria e di un certo nazionalismo populista – con la precedente tradizione politica mostri come il Giappone abbia reagito alla crisi economica con una proposta fortemente innovativa, per quanto discutibile.

2. Perché l’eccezione europea? Nel vecchio continente il quadro restituisce una quasi completa immobilità, dentro alla quale si articola la crisi delle sinistre socialdemocratiche ottocentesche. Di queste, è forse la Francia il caso più lampante e disastrato. François Hollande ha definitivamente consolidato la posizione di presidente meno popolare della storia della Quinta Repubblica. Le sue politiche fiscali sono apparse violente all’elettorato benestante e inefficaci all’elettorato in genere. Risultato: il Parti socialiste, erede dell’antica Sezione francese dell’internazionale operaia, monumento della gauche europea, viaggia ben al di sotto di un quinto delle preferenze dei votanti potenziali. Potenziali, perché anche Oltralpe la crisi di legittimazione del ceto politico ha raggiunto livelli tali da far schizzare la probabile astensione molto in alto. In aggiunta, come ha notato Roberto Gualtieri, le sinistre europee negli ultimi decenni tendono a perdere la presa sulle aree più dinamiche e industrializzate dei rispettivi paesi. La Francia eccelle anche in questo non invidiabile risultato: il Ps è ormai un’aggregazione semi-periferica, che ha la sua base elettorale non certo nell’Ile-de-France o nella valle del Rodano, ma nelle aree rurali dell’Alvernia, del Limosino, del Poitou.

In Gran Bretagna la sinistra è esclusa dal governo di coalizione Tory-Libdem, anche se il Partito laburista gode di relativa migliore salute sotto la leadership di Ed Miliband, che ha segnato un nuovo corso dopo il centrismo blairiano. Nostalgie novecentesche: Miliband ha dichiarato di ispirarsi ad Attlee, il primo ministro che creò il National Health Service e diede al paese la struttura assistenziale che conosciamo. Ma anche in Inghilterra crescono le forze antisistema, se è vero che l’Ukip (partito per l’indipendenza del Regno Unito) viaggia intorno al dieci per cento. La buona notizia è che non ci sarà apparentamento tra la formazione di Nigel Farage, che è sì antieuropeista e demagogica, ma comunque libertaria e antirazzista, e gli omologhi continentali del Front National francese: “il problema [con loro] è l'antisemitismo. Su questo siamo lontani”, ha detto Farage.

In Spagna è al governo un centrodestra dalla leadership poco visibile, mentre il PSOE arranca e la sinistra radicale quasi lo raggiunge. La crisi della socialdemocrazia svedese, cominciata negli anni Ottanta, ha raggiunto l’acme nel 2010, quando hanno vinto per la prima volta i moderati: si vedrà se il 2014 segnerà un’inversione di rotta oppure no. In Italia le cose stanno come sappiamo. In questo quadro piuttosto desolante, gli unici partiti ad avere registrato una sostanziale tenuta elettorale sono la SPD tedesca e i socialdemocratici austriaci, ma anch’essi restano inchiodati a un quarto dei consensi.

Eppure è forse dall’universo tedesco che si deve partire per comprendere la crisi della sinistra europea. Le forze radicali e populiste di estrema destra ed estrema sinistra crescono ovunque, ma non in Germania: il cuore economico e politico dell’Europa di oggi è nella nazione guidata da Angela Merkel, e il cuore di quella Germania è un partito da diciassette milioni di voti, la CDU-CSU, la vera locomotiva del consenso. Diciassette milioni di tedeschi guidano il treno di un continente.

Quando il governatore della BCE Mario Draghi è intervenuto sui tassi ha ricevuto immediate obiezioni proprio dal fronte tedesco. Non si tratta di indagare in questa sede su quale sia la migliore politica economica, ma solo di notare come lo spazio di manovra e di proposta alternativa a tale linea sia di fatto bloccato. È possibile che sia questa una delle ragioni per cui le sinistre europee faticano a trovare una voce – e si candidano a una probabile batosta nel 2014? E sì che di cittadini in difficoltà e in cerca di rappresentanza ce ne sarebbero eccome. “Non è vero che destra e sinistra sono categorie del passato. Esisterà sempre la sinistra finché esisteranno dei ceti svantaggiati da difendere”, come dice Luciano Canfora.

3. L’Europa del 2013 condivide alcuni tratti con quella che Florian Illies descrive nel bellissimo 1913. L’anno prima della tempesta (Marsilio): anni di incertezza, di stalli, di fatali indecisioni. Ma ci sono importanti differenze: la febbrile attesa di allora, i talenti artistici e musicali, le nuove correnti di pensiero, e l’atmosfera plumbea di oggi. E l’Europa consensuale e armoniosa, aperta a cui pensava Salvador de Madariaga, l’Europa solidale che voleva Helmut Schmidt (il cancelliere che avallò un maxi-prestito all’Italia garantito dai lingotti d’oro e poi puntualmente restituito), sono lontane. A New York De Blasio ha “risolto” a sinistra il problema del consenso, riassorbendo il populismo di Occupy Wall Street. In Europa poco o nulla accade, tutto è fermo, la sinistra è muta, e lo scontento macera in un’area pericolosa, periferica, estrema della politica. Quando non addirittura esterna ad essa.