Berlusconi ha deciso di reagire alla sua prevedibile quanto imminente decadenza dallo scranno di senatore rafforzando invece di rallentare il suo impegno in politica. Lo ha dichiarato durante la conferenza stampa di lunedì 25 novembre nella quale chiedeva ai sentori del Pd e del M5S di non votare il provvedimento di decadenza. La risposta (negativa) non si è fatta attendere, e con essa è svanita anche l'ultima speranza che le prossime elezioni europee non si trasformino nell’ennesimo referendum su Berlusconi. Questo è un problema, perché sul tavolo c’è molto di più che il suo destino.
1. Se in Italia le prossime elezioni europee, previste per il 25 maggio 2014, rischiano di trasformarsi in un altro referendum su Berlusconi, nel resto del continente saranno una sorta direferendum sull'Unione europea. Da un lato si schiereranno i partiti europeisti e dall'altro i partiti scettici o anti-europeisti. La posta in gioco sarà altissima. Se un tempo si poteva ragionevolmente scommettere sulla squadra con la maglia stellata, a questo punto il risultato è aperto, tutt'altro che predeterminato dalla convenienza economica. Anzi, oggi il peggior nemico dell'Europa sono proprio i calcoli di natura economica. Non perché convenga a qualcuno uscire dall'euro, ma perché la convenienza dell'euro si è fatta sentire meno su quegli elettori che comunque votano con lo stomaco, e non con la testa. E lo stomaco oggi dice che c'è qualcosa che non va in Europa.
Sono vari i motivi che hanno portato a questa situazione, com'è variegato il contesto che rischia di compromettere le prospettive degli europeisti in vista delle elezioni. Partiamo dai primi per arrivare al secondo. Il primo errore compiuto dall'Unione europea negli anni scorsi è stato quello di far fallire il processo di unificazione costituzionale nel 2005. Il secondo quello di estendere i suoi confini ben oltre la “vecchia Europa.” L'impasse costituzionale unito all'estensione territoriale ha portato la costellazione europea all'implosione cui stiamo assistendo. Senza il campo gravitazionale che solo un assetto costituzionale può legittimamente dare, si è tornati all'intergovermentalità piuttosto che progredire verso un governo federale dell'Europa. A questo riassetto, che ha di fatto rinazionalizzato la politica europea, Bruxelles ha reagito usando ogni norma a sua disposizione nei trattati per cercare di riconquistare le redini dell'Unione. Quindi oggi assistiamo allo spettacolo sconsolante di una Commissione e di un Parlamento europeo che guadagnano potere in campo economico (i trattati vertono per la gran parte su questioni che si riducono all'economia) e questo ai danni di chi ancora detiene, de jure e de facto, lo scettro della sovranità popolare: i governi e i parlamenti nazionali.
Gli errori compiuti in passato si aggravano nel contesto di crisi economica in cui ci troviamo a pochi mesi dalle elezioni. Visto che le uniche leve che Bruxelles poteva usare per riconquistare il terreno perduto erano economiche, e visto che il governo dell'economia ha messo in ginocchio l'intera area mediterranea, in questi paesi (e non solo) l'Unione è vista come responsabile di uno stato di cose che non va a vantaggio dei popoli, ma dei mercati (o, peggio, dei "banchieri").
In questo contesto, gli errori prodotti dalla mancata approvazione di una costituzione europea si faranno sentire su temi che un tempo non erano neppure lambiti dall'euroscetticismo. In molte aree è proprio l'economia il peggior nemico dell'Unione europea. Aggiungiamo subito che probabilmente l'errore non è stato tanto quello di non approvare la costituzione sottoposta per referendum ad alcune nazioni tra cui la Francia, dove il voto popolare ha definitivamente affossato il testo proposto. L'errore è stato proporre quel testo, ossia un ponderoso trattato intergovernativo spacciato per costituzione.
2. È difficile e velleitario prevedere oggi come andranno le prossime elezioni europee, ma una cosa è certa. Se per ritornare rilevante la politica nazionale deve farsi politica europea, oggi si assiste all'inverso. Si fa politica nazionale in sede europea, ossia si discutono i temi nazionali in Europa solo per affermarli come temi nazionali, e non in vista di una politica comune. Per rigenerarsi, la politica del ventunesimo secolo dovrebbe dibattere i temi europei in sede nazionale e quindi portare i temi nazionali in sede europea. Ma nulla pare andare in quella direzione.
In Italia i giornali sono ancora dominati da una gerarchia delle notizie che pare portare verso un ennesimo referendum su Berlusconi. Esattamente ciò di cui l'Europa non vuole più sentir parlare. Ma non è sufficiente mettere il vecchio leader ai lavori socialmente utili per risolvere il problema, anzi. Lo si aggrava. Invece di discutere di che cosa portare avanti in Europa per riavviarla verso gli Stati Uniti d'Europa (obiettivo che tutti a parole vogliono) c'è da star certi che discuteremo ancora una volta della vita e morte (politica) di un uomo di quasi ottant'anni.
A sinistra si registra (finalmente!) il ricambio generazionale, ma il dibattito politico dei media riconfeziona il mutamento in modo che appaia come un ritorno del consueto, con Renzi nei panni di un Berlusconi en travesti e chiunque altro voglia opporsi a Renzi nei panni del giovane Berlinguer alla riscossa. In questo contesto di riesumazione simbolica sarà difficile che la sinistra si faccia promotrice di un dibattito politico più europeo e quindi più orientato alla soluzione dei problemi del ventunesimo secolo.
3. Di conseguenza, il campo degli europeisti, siano essi di destra o di sinistra (e ammesso che Forza Italia voglia ancora rimanere nel campo europeista) rischia di apparire agli elettori come il campo di chi vuole dare ancora più potere di direzione economica a Bruxelles. Non come il campo di chi vuole finalmente mettere sul tavolo la questione della legittimità democratica del potere decisionale detenuto dalla Commissione e dal Parlamento europeo, e non solo in materia economica. Quindi questo problema ─ che è il vero problema ─ verrà plausibilmente lasciato al campo degli euroscettici. E questo non è un buon presagio per chi vede ancora l'Europa come un progetto ancora tutto da realizzare, e non come un mostro tecnocratico in mano a burocrati senza volto.
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