1. Chiunque si trovi a viaggiare in questi giorni nelle stazioni di tutta Italia può notare la rumorosa protesta di cuccettisti e ferrovieri per la soppressione dei treni notte di Trenitalia, che ha come primo effetto visibile la messa in mobilità e la cassa integrazione straordinaria per ottocento persone, personale qualificato che difficilmente troverà ricollocazione, oltre che la fine, anche se diplomazia vuole che si parli di “riorganizzazione”, di un servizio che, nel bene o nel male, aveva interessato milioni di passeggeri e di cui quasi ogni italiano aveva usufruito una volta nella vita.

La scelta viene motivata dall'azienda con la progressiva erosione dei profitti nelle tratte in questione, a causa della concorrenza sempre maggiore dei voli low-cost e con la mancanza di incentivi pubblici nel mantenere il servizio, in costante perdita. Per lo stesso motivo verranno soppressi totalmente anche i convogli con “auto al seguito”, che avevano tassi di riempimento altissimi nei periodi estivi.

2. Ci troviamo, quindi, di fronte ad una decisione apparentemente motivata da una scelta del mercato, con una perdita di passeggeri del 20% all'anno (fonte Trenitalia) nei confronti dell'aereo sulle tratte superiori ai 900 km. 
Ma la “Mano Invisibile” ha davvero decretato la morte dei treni notte?
Per prima cosa è bene chiarire che i treni notte italiani non viaggiano vuoti, ma con una media di riempimento di circa 220 passeggeri, circa il 50% della capienza, maggiore di molte linee convenzionali e ad alta velocità.
Per capire se la formula del treno notturno può avere un futuro, invece, basta spostarsi oltre le Alpi, dove i treni notte sono una realtà vitale, in continua evoluzione che trasporta grandi volumi di traffico con altissima qualità e prezzi competitivi.
Per farsi un'idea è sufficiente una panoramica delle tratte gestite da CityNightLine, sussidiaria delle Ferrovie Tedesche, che consta di ben 16 relazioni, attraverso la Germania e da, e per, Francia, Olanda, Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, Austria, Italia e Svizzera (integrate da altri collegamenti che consentono di raggiungere anche Croazia, Slovenia, Ungheria, Bielorussia e Russia), il tutto a dispetto di una copertura da parte delle linee aeree low-cost maggiore di quella presente nel mercato italiano.
A ulteriore riprova c'è la nuova società in compartecipazione TVT (Trenitalia Veolia Transdev) che esordisce quest'anno proprio con Thello, un treno notturno con vagone ristorante (eliminato ormai da anni nelle tratte nazionali) sulla tratta Venezia-Milano-Parigi (su cui operano molte più linee low-cost rispetto all'asse Nord-Sud d'Italia) e che avrebbe buoni margini di profitto secondo le previsioni dell'Azienda.

Come mai un treno del genere può essere profittevole quando viaggia tra Venezia e Parigi e non tra Torino e Palermo?
Perchè Trenitalia sembra, dunque, tanto ansiosa di liberarsi di questo servizio a livello nazionale?

3. Da una parte è lecito presumere che, nel medio periodo, Trenitalia non ritenga economicamente sostenibile mantenere questo servizio utilizzando materiali rotabili di vecchia concezione che non garantiscono standard qualitativi degni di un paese occidentale e portano a prevedere una dinamica di traffico in calo nei prossimi anni.
Dall’altra parte,  dall'altra i malpensanti (che, come noto, fanno peccato ma spesso indovinano), potrebbero immaginare che l'Azienda abbia tutto l'interesse a spostare il traffico sulle nuove linee ad alta velocità, dove gli investimenti sono già stati effettuati in modo massiccio grazie all'apporto del denaro del contribuente e i margini di guadagno sono maggiori.
Ci troviamo, dunque, di fronte a una Società che si permette di cancellare senza alcun problema, un servizio per il quale c'è una notevole richiesta per tentare di indirizzare i passeggeri verso un altro tipo di prodotto più costoso e con margini di profitto maggiori, nonostante i vantaggi in molti casi siano inesistenti (si pensi al fatto di dover cambiare convoglio quasi obbligatoriamente a Bologna e Roma o al fatto che le linee ad alta velocità si fermino in Campania).
Questa capacità di agire arrogantemente nel tentativo di indirizzare la domanda è resa possibile dalla posizione di monopolista de facto di Trenitalia, che lascia al viaggiatore l'unica possibilità di adeguarsi a scelte totalmente autoreferenziali, in barba a tutti i bei discorsi sul servizio pubblico che portano ad un trattamento legale privilegiato e al trasferimento di diversi miliardi di euro di contributi pubblici ogni anno.

4. Quale può essere una soluzione giusta, che permetta sia il mantenimento, o l'accrescimento, dei livelli di occupazione, sia la presenza un servizio strutturato sui bisogni dei passeggeri a prezzi accettabili?
La parola magica è tanto vecchia quanto abusata e si chiama concorrenza.
In un ambiente culturale italiano che guarda questo termine con sospetto, se non con aperta ostilità, giudicandolo un surrogato della legge della giungla, non compatibile con lo stato di diritto di un moderno paese socialdemocratico, occorre ricordare, ora più che mai, come il mercato aperto e libero sia, per prima cosa, una garanzia di servizi migliori, costruiti sulle richieste del consumatore, di innovazione e di sicurezza, al contrario dell'offerta da terzo mondo a cui siamo abituati al di fuori dell'alta velocità, e di un prezzo che si formi in maniera giusta, sulla base della domanda e dell'offerta, e non per scelta arbitraria di un unico soggetto.
Il tutto con risvolti occupazionali notevoli, considerando che nel campo ferroviario stiamo parlando di lavoratori ad alta specializzazione, con un iter formativo, pagato interamente dalle aziende, che va dai sei mesi ai due anni, di molto superiore alla qualità media della forza-lavoro italiana.
La competizione diventa, così, un processo soprattutto creativo, attraverso cui nuove risorse vengono letteralmente “create dal nulla”, nuove idee diventano fonte di profitto e nuova ricchezza viene prodotta a tutto vantaggio tanto delle aziende che si dimostrano migliori nell'intercettare i bisogni del pubblico, quanto del consumatore che si trova a poter valutare in modo libero tra diverse opzioni create per venirgli incontro, quanto, ancora, dello stesso sistema-Paese.

5. Ma a chi fa paura uno scenario di questo tipo?
Ai peggiori ostacoli che si possono trovare nell'apertura dei mercati: le minoranze organizzate, esemplificate da sindacati di categoria e la stessa Azienda ferroviaria, che tutto vogliono tranne che trovarsi a rinunciare a diritti acquisiti, trattamenti differenziati rispetto al lavoratore privato che gli permettono un'organizzazione del lavoro più simile a quella di un gigantesco ammortizzatore sociale, da oltre settantamila dipendenti, che ad un'attività produttiva.
Gli stessi cuccettisti, che protestano per la messa in mobilità, si appellano alle autorità politiche affinché impongano, e finanzino, un ritorno al servizio precedente, ma mai chiederebbero una maggiore libertà a imprese diverse da Trenitalia che, potenzialmente, potrebbero essere interessate alle loro competenze.
Si tratta solo dell'ennesimo sintomo di un Paese vecchio e disfunzionale, che, infatti, sta pagando uno dei prezzi maggiori all'apertura ai mercati internazionali, indipendente dalla volontà politica protezionista. Questo processo, anche in campo ferroviario, potrebbe portare a una semplice “colonizzazione” da parte di aziende estere, non soggette agli astrusi limiti legali imposti a quelle nazionali e che presto avranno libero accesso alle nostre reti in ottemperanza alla direttiva europea di liberalizzazione del mercato ferroviario.

6. In questo scenario sconfortante, in cui non si intravedono spiragli per una modernizzazione del settore ferroviario, è bello poter chiudere con una nota lieta che viene dalla Regione Piemonte.
Una piccola azienda privata basata ad Alessandria, Arenaways, recentemente risorta dopo un fallimento che ha poco a che fare con le capacità imprenditoriali dei suoi amministratori, pare abbia deciso di ripartire con un servizio di treni notte per le grandi destinazioni del Mezzogiorno, a prezzi competitivi e con materiale rotabile di nuova concezione. In questi giorni, inoltre, parte sull'alta velocità il servizio Italo di NTV, che dimostra di essere competitivo, sia come servizio sia a livello di prezzi, anche sulle tratte di prima fascia.
La palla, adesso, passa alle istituzioni e a Trenitalia, che possono scegliere di reagire con il solito atteggiamento arrogante di chiusura e pretesa di tutele legali o, finalmente, con la voglia di mettersi in competizione in un modo sano e benefico per le aziende e, soprattutto, per il consumatore, messo in grado di essere il vero giudice della qualità dell'offerta.
Speriamo si tratti solo della prima di molte aziende pronte a investire, assumere e innovare un mercato ferroviario che sembra fermo a logiche di un secolo fa.