Dalla lettura analitica del Doing Business in Italy 2013, il rapporto pubblicato dalla Banca Mndiale ogni anno, emerge un quadro molto variegato di come si possa fare impresa oggi nel nostro paese. 

 

1. Da oltre dieci anni la Banca Mondiale pubblica un rapporto intitolato Doing Business in cui si analizzano le normative che favoriscono - o limitano - l’attività imprenditoriale in 185 paesi nel mondo. Gli indicatori utilizzati sono l’avvio di impresa, la concessione dei permessi edilizi, l’ottenimento dell’allacciamento elettrico, il trasferimento della proprietà immobiliare, la facilità di ottenere credito, la protezione degli investitori, il pagamento delle imposte, il commercio transfrontaliero, la risoluzione delle dispute commerciali, la risoluzione di situazioni di insolvenza. Ognuno di questi indicatori è composto da sottoindicatori, e tutti insieme concorrono a determinare l’indice della facilità di svolgere l’attività imprenditoriale in un paese. L’Italia occupa posizioni piuttosto basse, specialmente con riferimento agli altri europei e dell’OCSE: il 73° nel 2013 ed il 75° nel 2012.

Il miglioramento registrato nell’ultimo anno è ascrivibile ai provvedimenti “Salva Italia”, “Cresci Italia”, “Semplifica Italia” e “Piano di azione coesione”. Tali provvedimenti erano finalizzati ad aumentare la concorrenza (liberalizzazione degli orari delle attività commerciali, maggiori poteri all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), ridurre la burocrazia (sportelli unici per le imprese, società a responsabilità limitata semplificate, istituzione del “Tribunale delle Imprese”) e sbloccare i finanziamenti per il Mezzogiorno.

2. Quest’anno è stato pubblicato Doing Business in Italy 2013 che analizza le normative che regolamentano l'impresa in 13 città italiane: Bari, Bologna, Cagliari, Campobasso, Catanzaro, L’Aquila, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Potenza, Roma e Torino. Viene inoltre misurato sul commercio transfrontaliero marittimo: Cagliari, Catania, Genova, Gioia Tauro, Napoli, Taranto e Trieste. Le città sono state selezionate dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Gli indicatori utilizzati sono l’avvio di impresa, l’ottenimento di permessi edilizi, il trasferimento della proprietà immobiliare, la risoluzione delle dispute commerciali e il commercio transfrontaliero e si riferiscono all’attività di una piccola e media impresa in forma di società a responsabilità limitata.

La situazione tra le città prese in considerazione si presenta notevolmente diversificata: non c’è un comune che abbia una valutazione sistematicamente migliore di quella degli altri: Bologna, che si situa al primo posto per facilità nell’ottenimento dei permessi edilizi e della facilità di trasferire la proprietà immobiliare, è quarta per facilità di avvio d’impresa e undicesima per facilità di risoluzione di dispute commerciali. Catanzaro è al primo posto per la facilità di avviare un impresa, Torino per la rapidità della risoluzione delle dispute commerciali. Gli estensori del rapporto, inoltre, notano come per quanto riguarda l’ottenimento dei permessi edilizi esiste una correlazione negativa e significativa con il Pil regionale (tempi elevati, Pil basso), mentre per gli altri indicatori non esiste una relazione significativa. Non esiste nemmeno una relazione tra dimensioni demografiche e performance degli indicatori: in alcuni casi le città più piccole hanno comportamenti migliori (forse anche per un numero minori di pratiche da sbrigare), ma le grandi presentano economie di scala e più risorse per la modernizzazione dei processi amministrativi. Per quanto riguarda i porti, per quelli maggiori la classifica vede Genova al primo posto seguita da Trieste e Napoli; mentre tra gli altri – che si occupano prevalentemente di trasbordo da nave a nave – Catania è al primo posto, seguita da Taranto, Gioia Tauro e Cagliari.    

3. Il Rapporto mostra fondamentalmente due prospettive. La prima è nazionale, con riforme volte a migliorare la posizione competitiva dell’Italia dal punto di vista dell’efficienza e dell’efficacia delle procedure amministrative (senza ritenere, comunque, che solo questa sia la via per una rinnovata competitività del paese) che sono frutto di legislazione nazionale. La seconda è locale, e riguarda l’implementazione delle leggi e l’organizzazione degli uffici: qui una prospettiva riformatrice incarnata da un sindaco o da un presidente di regione può portare a significativi risultati per uno specifico territorio ed aumentare la sua attrattività, sia rispetto agli investimenti nazionali che rispetto a quelli esteri.